Posted: 30 Mag 2005 - 17:11 Post subject: Post subject: A summer carol
La mia nipotina Maria ha quasi sei anni. A settembre comincerà la scuola così la canzono dicendole che questa sarà la sua ultima estate libera dai compiti per le vacanze. Anche quest'anno l'estate la passeremo in campagna a casa dei nonni che accolgono con gioia paziente gli schiamazzi allegri di figli e nipoti. Per me e Maria questo periodo di vacanza è il momento più bello dell'anno, durante il quale corriamo spensierate per i prati, rotolandoci tra l'erba fresca, gettandoci a pancia all'aria a mordicchiare i fiori quando siamo stanche; se siamo in vena di avventure ci inerpichiamo sugli alberi più alti saccheggiandone i frutti succosi. Rincasiamo la sera inzaccherate e sorridenti tra le canzonature dei parenti, ma tu guarda queste due, e gli scotimenti di capo di mia sorella.
Quel pomeriggio, però, Maria era corsa via subito dopo pranzo ed io, che sono tanto più vecchia di lei, mi ero assopita nel giardino dei nonni, cullata tra la brezza di rose e mughetti. Maria era sparita al di là della collina e non tornava più, ormai imbruniva, era ora di cena ed eravamo tutti seriamente preoccupati. Stavamo accingendoci a cercarla quando la sua minuscola figura comparve trafelata, le guance rubiconde e il fiatone per la corsa. Venne assalita da impietosi rimproveri e volò persino uno scappaccione. Io impietosita cercai di intercedere ma mia sorella mi mise subito al posto mio che la madre era lei e Maria si meritava una bella strigliata. Poi si cenò ed eravamo tutti distratti mentre ci riprendevamo dallo spavento, ma io guardavo Maria di sottecchi, il viso infuocato dal sole della giornata trascorsa a bighelloni e dalle lacrime represse che premevano ai lati degli occhi.
Maria è piccola ma è tanto saggia e intelligente e a me faceva una gran pena e mi chiedevo cosa le fosse accaduto per tardare così tanto, perché non avrebbe mai tardato per capriccio o per dispetto.
Così dopo cena la presi per mano.
-Dove sei stata oggi.
-Nel prato, dietro la collina, zia. É pieno di papaveri!
-Che giochi hai fatto?
-Ho corso tanto tanto, perché ero una fata oggi,sai, poi mi sono fermata, per terra come fanno i gatti quando vogliono catturare le lucertole per mangiarsele.
-Eri stanca,eh?
-Sì, un pochino...e poi volevo guardare bene una cosa.
-Le coccinelle?
-No, l'uomo.
-Cosa?
-L'uomo. L'uomo-albero.
-Maria, hai incontrato un uomo oggi nel prato dietro la collina?
-Sì, e per poco non l'ho pestato correndo, poverino. Però gli ho chiesto scusa!
-Lo pestavi...ma che era, sdraiato?
-Sì.
-Un uomo sdraiato in un prato...ma cosa faceva... cosa ti ha fatto?!
-Niente. Non faceva niente. Stava sdraiato. Io non l'avevo mica visto, perché l'erba è alta e per poco non gli camminavo sopra. É coperto dall'erba e anche lui è verde come l'erba e ha gli occhi verdi. E sta fermo immobile, così zia e fissa il cielo...
-Maria non ti sdraiare per terra che ho capito...Santiddio, ma quest'uomo...
-...ed è proprio bravo perché io l'ho fissato per un sacco di tempo e non si muoveva nemmeno quando i ragni e le formiche gli camminavano sulla faccia! Che schifo! Ma alla fine gli ho detto che era proprio coraggioso a non urlare mai.
Le gambe mi costrinsero a sedermi. Che innocenza mia piccola Maria!
-Oh, vedi, non devi aver paura per quello che hai visto...
-Ma io non ho paura, zia.
-Mamma e papà capiranno e ti perdoneranno il tuo ritardo...però ora dobbiamo chiamare...ma tu non ti spaventare...perché quell'uomo...quell'uomo...
Maria inclinò leggermente il capo sulla spalla destra.
-No, no, zia, mamma e papà non possono sapere niente, io lo dico a te perché di te mi fido e tu non mi tradiresti mai.
Sorrise e mi si avvicinò all'orecchio bisbigliando;
-Quel signore là mi ha raccontato il suo più grande segreto!
-Cosa? Quell'uomo...quel...ti ha parlato?!
-Shhh! Zia!
Poi di nuovo bisbigliando:
-Sì, dopo tanto che lo fissavo mi sono avvicinata e gli ho chiesto: perché te ne stai buono così e ti nascondi? Allora lui ha tirato un gran sospirone e piano piano mi ha detto che lui si è messo in testa di stare fermo e buono come un albero, senza più agitarsi e spostarsi in continuazione qua e là e adesso sta davvero bene anche se all'inizio era difficile. Gli ho chiesto come faceva a stare così, se aveva mai prurito o voglia di correre e lui fa un gran sospiro e sembra non voglia rispondere ma poi comincia a parlare piano e mi dice che i primi giorni gli sembrava di impazzire per la smania, la fame, il freddo e la sete. Dopo un po' però non si sentiva più i piedi, poi le gambe, poi il busto e le braccia, alla fine non sentiva più niente, e gli insetti e il vento erano solo carezze. Beveva la pioggia, la rugiada, succhiava l'erba, ogni tanto mangiava anche qualche insetto, che schifo, poi dopo non ha avuto più bisogno perché, mi ha spiegato, le piante non masticano ma si nutrono succhiando con le radici il terreno. E sai zia che riesce a non sbattere mai le ciglia e parla piano e davvero sta immobile! Mi ha detto: mi raccomando, questo è il mio segreto. Io sono felicissima perché se uno ti racconta il suo più grande segreto vuol dire che si fida e che ti vuole bene, ed ecco zia, solo a te lo rivelo.
-....Maria, non dire bugie!...No, aspetta non piangere...sì che mi fido, oddio piccola, no, che non hai sprecato un bellissimo segreto e...certo che la zia ti vuole bene, no, non è cattiva la zia...sì, sì la zia ti crede, ti crede e domani la porti con te a vedere l'uomo albero, ci stai, eh? Lo andiamo a trovare e non diciamo niente a nessuno, ecco, brava, da un bacio e sorridi alla zia...sì..Mio Dio!
Siamo partite presto, subito dopo colazione. Abbiamo superato la collina e siamo giunte al prato dell'uomo-albero. L'erba era chiazzata da rosse macchie di papaveri appena mossi dal vento e dal pulsare silenzioso delle farfalle, bianche, gialle, arancioni.
Mia nipote si avviò in mezzo all'erba. Rimanevamo in silenzio: l'attesa dominava ogni nostro gesto.
Ad un tratto Maria si stese carponi e cominciò ad avanzare strisciando. Senza fare domande la imitai, finché non si arrestò e mi afferrò per un braccio. Non vidi nulla. Ma Maria puntava dritto di fronte a noi, come un cane da caccia o un gatto che abbia individuato la preda.
Osservai meglio. E fu allora che lo vidi.
Pareva un tronco o una grossa radice ed era quasi completamente coperto d'erba e muschio, ma ne scorsi i capelli, intrecciati agli steli dei fiori e il volto immobile, gli occhi spalancati. Trattenni a stento un grido. Mi appiatii premendo il ventre contro la terra umida e fresca e iniziai ad osservare quell'essere che pareva fiorito dalla terra in mezzo all'erba del prato. Non si muoveva di un millimetro, neppure se una farfalla gli svolazzava sul volto o le formiche gli si infilavano nel naso. Non sbatteva neppure le palpebre così mi convinsi che era morto e feci per alzarmi, afferrata da un senso di vuoto.
Allora Maria strisciò accanto all'essere e bisbigliò:
-Scusami se ho rivelato il tuo più grande segreto, ma lei è mia zia, di lei ti puoi fidare. Ti assicuro che non porterò più nessun'altro. E ti verrò a trovare prima di ripartire per la città!
-Ooh... addio... piccola...
I miei nervi si contrassero vibrando e con un balzo mi trovai sopra di lui:
-Ma tu parli!..Sei vivo!
Non si mosse, non emise alcun suono. Continuava a fissare il cielo con i suoi grandi occhi dall'iride verde. Osservandola da quella posizione mi accorsi che anche la sua pelle aveva riflessi verdastri e quelle esigue parti del corpo ancora non ricoperte d'erba erano secche, quasi rattrappite e somigliavano a rami e radici.
Avevo paura di quel mistero e ancora di più del suo silenzio. Pensai di essermi semplicemente immaginata quel sussurro che sembrava una voce umana.
Forse se gli pongo una domanda, risponderà.
-Come ti chiami?..
Silenzio. Maria mi guardava, le labbra leggermente dischiuse.
-Ma da quanto te ne stai qui sdraiato?!
Ancora silenzio. Allora capii che il bisogno di sezionare tronchi e contarne gli anelli era una necessità tutta umana per misurare il tempo e ragionare su quanto quello o quell'altro albero fossero vecchi e potessero sopravvivere molto più a lungo rispetto ad un comune mortale.
'Questa sequoia...questa quercia...hanno centinaia di anni...a quante generazioni sono sopravvissute?" Questo è il nostro punto di vista. Ma alla sequoia o alla quercia importa forse qualcosa se è rimasta lì fissa immobile per due o trecento anni o forse più?
Così quell'uomo-albero non avrebbe mai calcolato i giorni o le ore. Lui era lì e basta. E con un albero non si parla. O meglio: ci si può parlare, ma pretendere una risposta è da folli, soprattutto se poniamo domande stupide!
-Perché?..
Provavo una profonda tristezza per questo essere che non era uomo ne pianta.
L'essere respirò profondamente e sospirò, come se ogni parola gli costasse ormai una immane fatica.
-Il cipresso lungo il viale, a te, che fastidio dà?
Stavolta fui io a rimanere in silenzio. Già che fastidio mi dava una pianta che cresceva qui o là a seconda di dove era caduto il seme? E che disturbo era per me se quell'essere si era coricato lì in mezzo a quel prato?
Presi Maria per mano e ci avviammo in silenzio verso casa.
Tra il fruscio dell'erba contro i nostri vestiti sorgevano le mie riflessioni, confuse dalla lucida follia dell'uomo-pianta.
Pensavo al cipresso lungo il viale, il vento tra le fronde e un brulicare di insetti su per il tronco e lungo i rami. E d'improvviso mi comparve la terra, infestata da un frenetico brulicare di altri parassiti e mi girai perché Maria non vedesse le silenziose lacrime che mi scendevano lungo le guance.
Mi sono svegliata piuttosto tardi e ho pensato che fosse stato tutto un sogno. Vagavo per casa e in giardino, sospesa come un fantasma nell'incertezza che si trattasse di fantasia o realtà. Accorse mia nipote Maria a svegliarmi dal limbo.
-Zia, zia! Vieni subito è successo qualcosa al prato dell'uomo-albero...qualcosa di orribile!
La seguii faticando a starle dietro da quanto correva...ma che era successo?
Giunte al prato dietro la collina vidi e capii: quella mattina ruspe e scavatrici avevano iniziato la loro opera di distruzione e spianamento perché quel prato se ne stava proprio dove sarebbe dovuto sorgere un 'complesso abitativo composto da quattro villette a schiera", com'era precisato nel grande cartellone posto al margine dello sterro.
Maria era estremamente preoccupata per il suo amico verde, temeva fosse rimasto schiacciato dai cingoli. Era chiaro che ora non poteva più rimanersene là sdraiato, a meno che non desiderasse davvero morire, e con le buone o le cattive andava portato via di lì.
Gli operai erano andati in pausa e ne aprofittammo per cercare l'uomo-albero, ma non non fummo in grado di ritrovare il punto dove si era coricato.
Pensai che forse gli uomini del cantiere l'avevano visto e l'avevano portato in ospedale oppure quell'essere, spaventato dalle macchine, si fosse finalmente alzato e avesse cominciato a correre il più lontano possibile abbandonando i suoi sogni di entrare a far parte del regno vegatale.
Scuotevo la testa quando Maria mi afferrò per un braccio e tutta emozionata mi domandò:
-Quello, zia, te lo ricordi?
Indicava col dito un piccolo ed esile arbusto, un alberello che sovrastava di poco l'erba del prato ma che era comunque ben visibile, a pochi metri dal punto in cui si erano fermate le ruspe.
-In effetti non ricordo di averlo notato, ieri.
-Neppure io l'ho mai visto e mi sembra che cresca dov'era sdraiato l'uomo-albero!
-Vorresti dire che, forse...
-Oh, zia, portiamolo via di qui, lo uccideranno! Dai lo pianteremo in giardino!
-Ma come puoi pensare che...
Neanche avevo finito la frase che già Maria tentava di svellere la pianta, strattonando il piccolo fusto, mentre tutte le foglioline della chioma vibravano e tremavano.
-No, no, non così! Aspetta che ti aiuto!...Ecco...
Arrivammo trafelate in ritardo per il pranzo. Stavolta avremo preso in due una bella lavata di capo! Possibile che non si possa essere mai puntuali! Pazienza la piccina ma quella grande almeno potrebbe applicarlo un po' di giudizio!
Quando giungemmo sotto il pergolato mia sorella iniziò a roteare il cucchiaio sopra la testa come volesse prendere l'abbrivio per scagliarcelo contro.
-Guardate cosa abbiamo portato!
Esclamammo in coro, mostrando l'alberello come fosse un trofeo.
Spiegai che l'avevamo salvato e che Maria ci si era affezionata tanto che voleva andare a trovarlo tutti i giorni, è per questo che l'altra volta aveva fatto tardi.
Mentre parlavo mia sorella rimase col cucchiaio a mezz'aria e la bocca spalancata e la nonna, dietro di lei, si mise a ridere.
-Ah, ma sì, lo pianteremo in giardino! Brave stelline! Avete salvato un albero oggi, bisogna festeggiare!
Fu così che nel grande giardino dei nonni venne accolto il nuovo venuto che nel giro di poco crebbe rigoglioso.
Ogni estate, sui suoi rami, fioriscono mille fiori arancioni e rossi dal delizioso profumo ed ora è così grande che i bambini ci si arrampicano sopra e fanno la gara a chi arriva per primo in cima, i gatti ci schiaccino un pisolino, raggomitolati e molli, gli uccellini cinguettano e ci fanno il nido.
Non abbiamo la più pallida idea di che specie di albero sia, io e Maria non abbiamo mai voluto cercarlo su nessun libro, perché abbiamo già una nostra opinione in proposito.
Tutti lo chiamiamo semplicemente 'l'albero di Maria".
Quest'albero ci sopravviverà. Già è sopravvissuto ai nonni, che l'hanno accolto nel loro giardino.
Prima i miei figli, poi quelli di Maria hanno giocato tra i suoi rami.
Ma un giorno anche per lui sarà la fine, e allora?
Non vivrò certo abbastanza per saperlo ma ho notato, ed anche Maria, che ha occhi migliori dei miei, l'ha visto, che d'estate, quando soffia il vento, dai fiori dell'albero prendono il volo semi piccolissimi, fini fini, come polverina e se ne vanno lontano.
A qualcuno causeranno certamente una molesta allergia.
Ad altri faranno venire il desiderio di radicarsi alla terra.