Posted: 11 Feb 2005 - 14:51 Post subject: Post subject: Attraverso
Se resisto, se non mi faccio sopraffare da questa immensità onnipresente, forse, incontrerò un'altra oasi.
Il deserto è una sterminata serie di conche di dune, un lungo, profondo rimpianto sconfinato di ombre.
Alle mie spalle sanguinano, rosseggianti negli ultimi guizzi scarlatti del tramonto, un pugno di pesanti tende oscure.
I fremen hanno una voce bassa, profonda e lineare, senza gobbe nel cuore.
Li ho visti dormire affondati in un regno avvolgente di pieghe insondabili del loro accampamento, temporaneo quanto impenetrabile Hiereg. Così, fino all'alba della Seconda Luna, quando ancora tutto può accadere.
Non hanno pietà con quegli inquietanti occhi assetati: il cielo ruba loro, ogni giorno, la speranza delle vette.
Le valli, tra una duna e l'altra, spoglie di piante, sorridono all'orizzonte, laddove mani umane non giungono, neppure portandole al di là della vita.
Non ricordo di avere sognato prima del suo sorriso.
Non ricordo se le avevo sorriso dopo il suo sogno.
Vivevo il ricordo di un paesaggio senza guerre, una carezza priva di laghi, una pianura spiegata come un fazzoletto abbagliante di grano maturo, nelle lande lussureggianti dell'antico Harmonthep.
Non c'era che il sole in quel lungo viaggio migratorio. Le stelle, lontanissime come un sogno impossibile, mutuavano i raggi all'improvviso confine del nulla.
Un'estenuante Hajr, un cammino senz'acqua, con la lingua affogata nella saliva tra le labbra ruvide degli innumerevoli graffi minuti del deserto: la pelle diventa un solco polveroso d'increspata vita.
Dai campi addolorati di antiche ferite ondeggianti come rossi papaveri, alle savane pietrose sfinite di stentati cespugli di rovo creosoto, tanto cammino per ritrovarsi in una radura dove il sale d'un vecchio lago prosciugato gioca con le nostre lacrime che, a sera, sciolgono gli occhi.
E quando giunse, non c'era che un Batigh aperto fra me e il domani.
Un piccolo melone abbandonato alla pietà dell'arsura.
Sperare nelle soluzioni improvvise, senza piccoli muaddib saltellanti nelle zolle impalpabili d'immemore cipria, sembrava l'unico desiderio possibile.
Prima del suo arrivo, l'aria nascondeva i respiri d'un mare nascosto, geloso d'un mistero antico quanto la vita, come la vuota e risuonante memoria del passato.
Ricordo le notti in cui le mani affondavano nel fuoco.
Bagliori di fiamme bruciavano come se la linea che ci separa dalle impreviste passioni potesse essere distesa, appoggiata orizzontalmente al futuro.
Ed osservata nel suo insieme dall'alto ed interiore occhio del nostro eterno presente, ci si rende conto che è un qualcosa che abbiamo già visto.
Percorrevo le ore nell'incantata infanzia degl'imperituri astri, innumerevoli eoni di fredde e variopinte stelle: quando si apre la vita, si scorge anche il deserto e le sue onde mutevoli.
Nessuno era tanto pazzo da preparare le tende del dolore.
Prima del suo lento respiro, nelle oasi non c'erano che miraggi.
Sacrificavo, nei recessi segreti del mio cuore, montoni testardi agli dèi. Gli altari, appena innalzati, si disfacevano in eteree nubi di polvere alla prima goccia di sangue. Vittime feroci contro la mia forza, si abbandonavano alla rinunzia nell'ineluttabile.
Un pugnale vivo, fremente della forza di Shai-hulud, appoggiato sui fianchi, l'ultimo dono del vecchio assassino di ombre. Lui conosceva il sole sotto le pietre e le sabbie dello sconfinato Erg. Sapeva che nulla muta quanto il tiepido velo che si proietta sul sentiero dell'anima.
Un lungo sentiero a spirale, tanto irto di sassi e rovi, quanto ricco, alla méta, di dolci regali.
S'inginocchiava sulla sagoma che tremava e, con la punta della lama, ne ripercorreva i contorni.
Entrai nel deserto abbacinante con un'arma spietata per uccidere l'ombra.
Non avevo null'altro, un confine, un dettaglio, una freccia che m'indicasse "qui".
Sulle dune argentate nell'attesa della prima luce lunare, uccelli con piume affamate d'aria, migravano onirici dalla terra che avevo scelto per me.
Una rotonda landa di sabbia sconfinata, galleggiante come un piccolo gioiello d'ambra arancione, nelle profonde e vibranti immensità del mio sogno cosmico.
La Seconda Luna è sorta.
Attraverso. _________________
Le parole sono assai più facili da assorbire delle trafitture delfiche del portento muto. Con le parole, potete gridare in coro: "Perchè qualcuno non ci ha avvertiti?". Ma io vi ho avvertiti. Vi ho avvertiti con l'esempio, non con le parole.
-- Leto II (L'Imperatore-dio di Dune - cap.16 - pag.115 - Ed.Nord)