Posted: 03 Ago 2006 - 08:40 Post subject: Post subject: Prescienza, deja-vu e fato
"Paul ebbe un brivido di paura. All'improvviso si sentì solo e nudo in quella confusa luminosità gialla, al centro dei Fremen. La prescienza l'aveva nutrito d'innumerevoli esperienze, facendogli intravedere le grandi correnti del futuro, le decisioni e le spinte che la guidavano. Ma questo non era un futuro: era il vero, l'adesso. La morte era presente in un numero infinito di possibilità.
In quell'istante il minimo gesto avrebbe cambiato il futuro. Bastava un colpo di tosse tra gli spettatori, un attimo di distrazione, un'impercettibile variazione di luce, un'ombra ingannatrice.
Ho paura, si disse Paul"
"Paul inghiottì. Stava recitando una parte, in questo istante, che aveva già recitato innumerevoli volte nella sua mente, e tuttavia... era diverso. Si vide su una vetta vertiginosa, ricco d'esperienza e conoscenza, ma intorno a lui, ovunque, l'abisso."
Entrambi i passaggi sono tratti dal capitolo dello scontro fra Jamis e Paul... e non so se per caso o per fato, sono giusto arrivato a questo punto nella mia rilettura dopo una chiacchierata sugli stessi argomenti in macchina con l'imperatore...
...tralasciando l'inquietudine del caso...
Penso che questo sia molto simile a quello che ogni persona normale prova prima e durante un deja vu... chi più rivolto verso l'abisso, chi più rivolto verso la conoscenza...
Personalmente accade spesso che quando ho un deja-vu finisca col rendermene conto e sussultare, colto da una profonda inquietudine... come se guardassi verso l'abisso di cui parla Frank...
E mi intriga la sua teoria... secondo cui Paul possa scegliere la via che ritiene più giusta... ma quanto Paul è libero effettivamente di scegliere la propria via? E quanto invece è già predestinato dal fato e dalla profezia?
Non parlo solo di Dune... Paul è spunto della situazione... vorrei sentire le vostre più fervide opinioni sull'argomento...
Joined: 24 Apr 2005 Posts: 2675 Location: Ix, Scuola dei Mentat
Posted: 08 Ago 2006 - 23:34 Post subject:
Hai sollevato una bellissima questione, Ale, forse la più profonda di tutte che Zio Frank ha analizzato nell'Esalogia di Dune. Purtroppo a quest'ora non me la sento di esporvi i lambiccamenti (si dice così? ) del mio cervello sull'argomento perchè non connetto più, ma domani sicuramente ci penserò su!
Rymoah _________________ Non si può capire un processo arrestandolo. La comprensione deve fluire insieme col processo, deve unirsi ad esso e fluire con esso.
Joined: 13 Ott 2005 Posts: 1592 Location: Senna C.
Posted: 26 Ago 2006 - 19:39 Post subject:
Beh... che cos'è il destino? Un karma infrangibile imposto da Dio od una chimera della mente umana, che cerca disperatamente sicurezza?
Domanda affascinante, che però non può trovare risposta. Per dirla con le parole di Herbert: "siamo di fronte ad un problema che non si può risolvere con la logica".
Tuttavia, voglio comunque provare anch'io a risolverlo... 8) _________________ L'educazione non è un sostituto dell'intelligenza.
Joined: 24 Apr 2005 Posts: 2675 Location: Ix, Scuola dei Mentat
Posted: 01 Set 2006 - 14:28 Post subject:
Acc, scusate, il giorno che dovevo prendermi per rifletterci sopra sono diventate 3 settimane!
Dunque, vediamo se riesco ad esporvi i miei pensieri sconnessi a riguardo. Innanzitutto dobbiamo notare una cosa: il tema della prescienza, del caso (o del destino, che nell'accezione comune penso siano due concetti che si escludono reciprocamente) e della conoscenza del futuro è uno degli argomenti cardine (se non l'Argomento per eccellenza) della nostra saga.
Ciononostante, bisogna anche osservare che i libri di Dune sono stati pubblicati nell'arco di vent'anni, e nel frattempo il pensiero dello Zio Frank a riguardo non è rimasto lo stesso (cosa che lui tra l'altro non sopportava, il ristagnamento), ma si è evoluto con il tempo. Resto però dell'idea che la sua argomentazione principale non sia cambiata di molto: cioè che NON esiste un solo futuro predeterminato, che accade inevitabilmente. Frank aveva confidato a McNelly che noi non dovremmo essere preoccupati circa IL futuro, ma circa più futuri possibili, che noi stessi possiamo fare avverare.
Penso che questo escluda dalla sua linea di pensiero il destino definito alla maniera comune, tipo alla mitologia greca (i continui riferimenti alla mitologia classica che traspaiono nell'Esalogia penso siano serviti a dare spessore culturale e letterario all'opera). Nel primo libro Paul sembra riuscire a governare il futuro, ad imporgli la forma che vuole, o meglio a decidere quale tra gli infiniti futuri possibili è il migliore.
Nel secondo libro invece sembra esserci un'incongruenza: malgrado Paul abbia fatto di tutto per evitarla, la Jihad si è comunque verificata. Tralasciando il fatto che il Kwisatz Haderach si rivela un essere ben lungi dall'essere "supremo", bensì "umano, troppo umano" (per dirla con Nietzsche), io non sono mai riuscito a spiegarmi una cosa: perchè, tra i millemila futuri alternativi, si è verificato proprio quello che Paul non voleva? Herbert diceva che la prescienza era come una sorta di indeterminazione di Heisenberg: vale a dire, più si cerca di mettere ordine in un sistema (aumentarne il determinismo, fare avverare un certo futuro nel nostro caso) più questo stesso sistema diventa indeterminato, non conoscibile. Quindi Paul, pensando di realizzare un futuro che voleva, in realtà non ha fatto altro che mischiare ancora di più le carte in tavola. Quello che mi chiedo ancora: perchè proprio la Jihad? Perchè se Paul aveva aumentato l'indeterminismo dell'intero universo tanto da rendere tutti i futuri alternativi equiprobabili, si è avverato proprio quello? Ciò fa sembrare, alla prima lettura, che esiste effettivamente un destino contro il quale non si può combattere.
Poi, ovviamente, si possono fare mille altre considerazioni: primo, la visione multilineare del tempo che ha Herbert, postula l'esistenza di infiniti universi che differiscono da loro per una minima variabile. Come ha citato prima Ale, anche un colpo di tosse in quel momento della storia avrebbe portato lo sviluppo di un altro universo.
Perciò, possiamo azzardare che la Jihad non sia una "minima variabile", bensì una variabile macroscopica, che si presenta in più universi, non solo in uno, aumentando quindi le probabilità che si verifichi. Per farla semplice: paragonando due universi in cui si è verificata la Jihad ma diversi perchè in uno una persona ha starnutito su Alces Minor in un dato momento e nell'altro no, a noi lettori, che abbiamo una visione più o meno globale dell'universo duniano, non è che ce ne frega più di tanto! Ergo i due universi ci sembrano lo stesso.
Tuttavia, piuttosto che a livello fisico-subatomico io cercherei la risposta in un'altra direzione: la Coscienza, o meglio la Consapevolezza è un'altra delle tematiche principali di Dune. Un po' come direbbe Pirandello se fosse vivo ancora oggi, anche per Herbert non esiste una realtà unica, ma molteplice, che varia da persona a persona. Ciò significa che per ogni persona esiste un universo differente, una weltanschauung diversa. L'universo fisico colpisce i nostri sensi i quali, come uno specchio, lo riflettono. Ma non lo riflettono dando un'immagine uguale all'originale, bensì distorta da un qualcosa intrinseco alla nostra stessa mente. Due di questi fattori fondamentali per fare un esempio: Tempo e Spazio, come dice Leto II in CoD. Insomma, in Dune vi è una profonda differenza tra ciò che è il vero universo e quello che riproietta la nostra coscienza (un ragionamento simile a quello di Kant), che ovviamente varia da persona a persona. Contando quante persone popolano il mondo creato da Herbert, è ovvio che esistono un'infinità di universi differenti a livello di coscienze.
Tutta questa premessa per dire che Paul ha tentato di imporre la Sua visione all'intero universo, frutto oltre che della prescienza anche della sua coscienza. Per quanto Kwisatz Haderach, maschio Bene Gesserit, Mentat, Presciente (manca solo dottore Suk e poi siamo a posto! ), può darsi che il nostro protagonista non sia stato in grado di controllare la sua stessa visione, che si è ritorta contro di lui (infatti mi sembra che alla fine del Messia dica una cosa del genere "ho cercato di creare molti futuri, invece essi hanno creato me"). Oppure, l'incontro tra la sua coscienza/visione e quella degli altri abitanti dell'universo duniano ha prodotto inevitabilmente uno scontro, che si è risolto nel Jihad (si potrebbe vedere in ciò il mancato riconoscimento tra autocoscienze che porta alla figura del servo-padrone di Hegel).
O ancora, si potrebbe vedere la situazione dal punto di vista genetico. La Jihad, il Kralizec, la Via Aurea, la Carestia, la Dispersione... Tutti questi eventi macroscopici che si susseguono nell'Esalogia altro non fanno che provocare un minestrone di geni, un mescolamento che può garantire la sopravvivenza della razza umana nell'universo (perchè alla fine di questo si tratta... Dune non è una lotta tra bene e male, come abbiamo già detto, ma una storia sulla sopravvivenza dell'umanità). Quindi, tutte le decisioni di Paul e di Leto II possono essere state influenzate (consapevolmente o inconsapevolmente) da questo fattore.
Insomma, ecco quello che penso su questo argomento. Spero di non avervi fatto venire un'emicrania! Sono certo che, se riesco a mettere le mani su quella famigerata lettera che Herbert scrisse a Campbell sulla metafisica, il tempo la prescienza ecc contenuta in "Maker of Dune", forse possiamo gettare una luce migliore su questa faccenda.
Rymoah _________________ Non si può capire un processo arrestandolo. La comprensione deve fluire insieme col processo, deve unirsi ad esso e fluire con esso.