Posted: 10 Nov 2004 - 20:26 Post subject: Post subject: Il Riflesso Del Male
Questo è un mio racconto, lo scrissi per un concorso ke mi deve ancor far sapere se ho vinto o no l'ho tenuto nascosto per più di un anno, ora lo faccio leggere a voi
Il Riflesso Del Male
Io mi trovavo lì. Grondante di un sentimento che non riuscivo a decifrare.... paura...delusione... mi trovavo lì, a tremare ad ogni goccia di pioggia che scalfiva l'armatura del mio cuore... ero lì, a prendere la forza di un'umanità ormai giunta al termine della sua onorevole storia, per riscuotere un impero.
Dopo secoli avevo raggiunto di nuovo i quattro pilastri della terra: acqua, aria, terra e fuoco, che mantenevano in vita il sogno di vederci partecipi della nostra storia; ero pronto alla vendetta. A bordo di navi fantasma era sbarcato il mio esercito di immortali. Avanzavano al passo cadenzato dei tamburi di guerra e la pioggia fitta cadeva al suolo. "Armar Haiiiii"
Il grido del mio luogotenente echeggiò tra le cupe montagne innevate. Fermi. Scossi dal tremito del silenzio che pervade gli animi mentre il vento dell'Egeo, sulle ali delle aquile, faceva sventolare gli stendardi. Alzai il braccio in aria, subito seguito dal chiaro suono della carica.
Ricordo appena quel giorno di trecento anni fa in cui giurai eterna lotta al male; sono trecento anni ormai che un uomo non calpesta le verdi praterie d'Inghilterra o veleggia trasportato dagli alisei sull'Atlantico.
Io ero là quel giorno in cui egli si rese conto che, finché gli uomini fossero stati uniti non avrebbe mai regnato sulla terra. Finché avrebbero tenuto strenuamente l'uno all'altro. Mille anni di guerra l'avevano temprato e fortificato... e fummo colpiti dal flagello.
L'indifferenza cominciò a serpeggiare tra di noi, ma nessuno se ne rese conto. A mano a mano tutti scomparirono alla vista degli altri. L'amore era un sentimento troppo lontano nelle nostre menti e dopo solo cinquant'anni non c'era più nessuno sul pianeta, se non il vento che vibrava tra i grattacieli... ed io...
Fui salvato dagli spiriti che mi portarono ai Pilastri della Terra. Lì vidi la mia umanità crollare miseramente. Uno ad uno vidi perire in solitudine tutta la popolazione, disperandomi e piangendo giorni e giorni al suolo subendo quello strazio. Ma i fuochi dell'ira ben presto risollevano un uomo dalla più misera delle condizioni. Io ero colui destinato a salvare l'umanità; un messia senza profeta, un eletto senza seguaci.
Scartai di lato evitando un fendente diretto alla mia testa e immediatamente colpii lasciando esanime il mio nemico al suolo. Stavamo difendendo strenuamente il pilastro del fuoco; Sembrava che le spade cantassero una litania senza fine, sentendo dietro di noi l'ombra della sconfitta a poco a poco farsi sempre più vicina.
Un nuovo attacco ci portò lontani dal pilastro e intanto che ci ritiravamo facendoci largo tra i nemici lo osservammo cadere rovinosamente in terra. Si ripiegò su se stesso, esplodendo: se li avessero distrutti tutti, l'uomo non avrebbe mai più messo piede sul pianeta. Le nostre armature erano sporche e in parecchi punti lacerate... ma continuavamo a combattere. Vedevo i miei amici immortali stramazzare, sopraffatti dalle torme infernali e non potevo intervenire. Ero l'eletto, ma per cosa? Per vedere svanire anche l'ultimo sogno?
Gli altri due pilastri crollarono, e fu li che lo vidi. A quel punto il silenzio pervase i miei timpani; a nulla valsero gli avvertimenti dei miei ufficiali, nè il cozzare delle armature; non sentivo nulla... era un richiamo naturale, ancestrale, verso lui, il mio nemico. Il male. Era coperto da un armatura fatta di fuoco. Arrivava silenzioso e irreale, come se fosse colui che mi avrebbe portato di persona all'inferno. Subito cominciò il corpo a corpo furioso, fendenti e parate: una danza innaturale per la vita o la morte. Finché con un colpo andato a segno non gli volò via l'elmo. Rimasi impietrito. Domande si susseguivano nella mia mente osservando la mia nemesi, la mia copia speculare... il mio gemello che con il mio stesso sguardo fiero mi sfidava. La mia parte malvagia... 'E così ci ritroviamo.... Fratello" disse lui sogghignando.
'Tu non sei mio fratello! Sei solo il male contro cui ho giurato vendetta" urlai io
'E uccidimi allora" sogghignò "sono immortale". E rise...
Presi la spada. Osservai il cielo dove anche gli angeli piangono. E, mentre da una porta del Tartaro, vidi che gli dei antichi venivano in nostro soccorso distruggendo l'esercito nemico sotto le grida gioiose dei miei spiriti mi piantai la spada al petto, sussurrando al mio nemico sorpreso 'Tu non puoi vivere senza me" e scomparimmo... Come la città di Atlantide millenni prima. La terra è vostra, uomini, sognate avanti ad essa.
Bravo mio Duca Alexandros, è davvero affascinante questo tuo racconto, alterna sapientemente azione e momenti di riflessione interiore senza dilungarsi, la tensione non viene mai meno. Il finale è una sorta di gorgo d'acqua che trascina l'attenzione del lettore alla ricerca della soluzione finale.
In bocca al lupo per il concorso, fosse per me l'avresti già vinto!
Grazie per averci voluto rivelare la tua creazione è un onore accoglierla come la prima inviata a questo forum.
Grazie mille si fondamentalmente avevo voglia di creare qualcosa di epico, ma allo stesso tempo riflessivo in poche righe era difficile creare un racconto (restrizioni del concorso) ma alla fine ci rsono riuscito. Spero di aver lasciato spazio alla riflessione personale. Parole come Atlantide, o anche il "morbo" che imperversa sull'umanità, sono lasciati allo spunto personale, almeno così ho sperato di fare. Fondamentalmente ho cercato di fondere l'elemento azione con l'elemento riflessione:) un saluto a tutti e grazie della lettura
Una plebaglia numerosa controllata da una forza piccola, ma concentrata, è una condizione comune nel nostro universo. E noi conosciamo le condizioni tipiche in cui questa plebaglia numerosa può rivoltarsi contro i suoi guardiani...
Primo: quando trova un capo. Questa è la più grave delle minacce per un potere. I potenti devono mantenere il controllo sui capi.
Secondo: quando la plebaglia si accorge delle sue catene. La plebaglia dev'essere perciò mantenuta cieca ed incapace di porsi domande.
Terzo: quando la plebaglia intravede una speranza di sfuggire alla propria schiavitù. Bisogna evitare in qualunque modo che la plebaglia creda alla possibilità di una simile fuga!
-- Un'analisi del Potere - Scuola Bene Gesserit (I Figli di Dune - cap.16 - pag.108 - Ed.Nord)