Posted: 08 Lug 2005 - 12:33 Post subject: Post subject: Tempio di Sobek
01 Luglio 2005
Scoperte italiane / In Egitto una missione archeologica bolognese porta alla luce, nel Fayyum, il tempio di Sobek. Pernigotti: «E in un coccio di 6 centimetri c'è tutto il vocabolario di greco»
Erodoto, storico dell'antica Grecia e viaggiatore, descrisse l'Egitto come "dono del Nilo". Le immagini delle piramidi e della Sfinge, dell'antica Luxor, delle oasi e del Nilo colpirono la fantasia di molti viaggiatori, attirandoli sul posto anche molto tempo prima della nascita di Cristo. Faraoni, dominatori greci, romani, arabi, turchi, inglesi: ognuno ha lasciato un'impronta sul paese determinandone l'aspetto odierno.
Ma solo chi ha avuto la fortuna di trascorrere un pò di tempo a zonzo nel Sud dell'Egitto, fino alla Nubia, può capire cosa ha potuto provare la missione archeologica italiana dell'Università di Bologna nel riportare alla luce nel Fayyum due imponenti costruzioni templari, una delle quali dedicata a Sobek, il dio coccodrillo venerato nella zona.
La strada che porta a questa grande oasi bonificata in epoca faraonica, esce dal traffico caotico del Cairo all'altezza delle piramidi di Gizah, proprio dove c'è l'Egitto turistico. Il Fayyum è niente di tutto questo: i turisti sono rarissimi, senz'altro meno degli archeologi, richiamati dai siti di epoca greco-romana (III sec. a.C. - III d.C.) che la sabbia ha perfettamente conservato.
Qui all'epoca di Alessandro Magno e di Cleopatra la faceva da padrone il dio Sobek, mirabile espressione di sincretismo, che univa la zoolatria egizia al razionalismo ellenico. Oggi si ritorna a parlare di questa divinità grazie alla missione archeologica diretta dal professore Sergio Pernigotti, che ha svolto la tredicesima campagna di scavo a Kom Umm el-Atl, l'antica Bakchias.
«Non è facile raccontare questa splendida "avventura" finita nel migliore dei
modi, con risultati inaspettati», spiega Pernigotti.
I lavori di scavo hanno interessato, in particolar modo, tre distinti settori di un'indagine durata più di tre mesi. Il primo si trova presso le ultime propaggini orientali del kôm, in prossimità dell'attuale cimitero islamico e ha portato al rinvenimento di un grande granaio (thesauros), databile all'età tardo-tolemaica e attivo per tutta l'età romana. Si tratta di un edificio di forma quadrangolare, di cui sono stati messi in luce i muri perimetrali, che inquadrano una superficie molto vasta, quasi interamente occupata da piccoli ambienti rettangolari, organizzati su file parallele. Delle vere e proprie "celle" a cielo aperto. Da qui il grano veniva trasportato con le chiatte, lungo un canale ora scomparso, fino al Nilo, dove poi veniva caricato sulle navi.
«Numerose sono le tracce di un prolungato uso della struttura - spiega Pernigotti -. A questa fase tarda di frequentazione si riferisce probabilmente l'ostrakon copto che è stato rinvenuto. Ma non solo. All'interno di questa grande e complessa struttura è stata ritrovata anche un'enorme quantità di ceramica di età romana.
Parliamo di almeno tre o quattro tonnellate, la maggior parte con forme intere». Ma la cosa che ha affascinato più di tutto il professore è stato «un piccolo coccio dove è riportato interamente l'alfabeto greco per insegnare ai più piccini la lingua greca, nella scuola del villaggio. Un piccolo coccio di 6 centimetri, intatto».
«Oltre alla squadra italiana, hanno lavorato con noi, più di 57 operai (tutti uomini di un piccolo villaggio accanto a Bakchias, ndr). Abbiamo insegnato loro come scavare, come muoversi nei siti.
E' anche grazie a loro - aggiunge il professor Pernigotti - se abbiamo raggiunto questi risultati. Ma devo essere grato in particolar modo al responsabile delle antichità egizie, il grande Zahi Hawass, che ci ha dato una grossa mano con gli scavi vicino al cimitero islamico. Avevamo avuto qualche difficoltà con la gente del posto, che tende continuamente ad espandersi con le tombe verso il deserto, quindi verso l'area archeologica».
Il secondo settore toccato dalla missione archeologica riguarda una struttura a pianta rettangolare i cui vani sono disposti secondo lo schema tipico degli edifici templari e che è stato classificato come "tempio D". Il tempio, in mattoni crudi, è di età tolemaica; misura 17 metri di lunghezza per 12,50 di larghezza ed è orientato verso sud: è del tutto simile come struttura e dimensioni a un altro tempio della zona, chiamato tempio B, sempre di età tolemaica e, quanto all'orientamento, anche a un altro tempio portato alla luce, di età romana.
«E' interessante segnalare - spiega l'archeologo - come la disposizione degli ambienti interni riproponga con minime variazioni lo schema planimetrico del tempio B, a dimostrazione dell'esistenza di un modello architettonico che doveva aver raggiunto l'equilibrio ottimale tra caratteristiche strutturali ed esigenze funzionali».
Infine il terzo settore, che riguarda un edificio di forma rettangolare, con caratteristiche strutturali che sembrano connotarlo come un deposito relativo ad un complesso templare o come un granaio pubblico: le dimensioni, infatti, sembrano escluderne un uso privato.
Adiacente al deposito è stato individuato un grande tempio in pietra, ridotto alle fondazioni, di dimensioni identiche a quelle del tempio di età romana, preceduto da un imponente dromos, lastricato con grandi blocchi di pietra, di cui si è conservata la parte iniziale e la parte finale. Questo tempio, il "tempio E", è anch'esso databile all'età romana, è orientato verso sud e, per
struttura, dimensioni e materiale di costruzione, può considerarsi "gemello" del precedente. Ma il risultato più importante della campagna di scavo «sta proprio nell'individuazione di una seconda ed imponente area sacra all'interno del tessuto urbano di Bakchias - conclude Pernigotti - Il nuovo tempio in pietra testimonia un'intensa monumentalizzazione del sito in età romana che corrisponde alla menzione di due templi di "prima classe" contenuta in un famoso papiro di Berlino: potrebbe quindi trattarsi del tempio di Soknobraisis. Ma questo lo sapremo con gli scavi della prossima
missione, il tempio sarà portato alla luce il prossimo novembre e con noi porteremo giovani laureati, più due studenti. Sono sicuro che ci daranno una grossa mano e che per loro sarà una splendida esperienza».
Fonte:
dell'1 giugno 2005
tratto da ANTIKITERA _________________
Il guaio con certi tipi di guerra (e siate certi che il Tiranno lo sapeva poiché è implicito nella sua lezione) è che distruggono ogni comportamento decente e morale nei tipi influenzabili. Le guerre di questo tipo scaricheranno i sopravvissuti sconfitti in mezzo a una popolazione innocente incapace anche soltanto d'immaginare che cosa siano capaci di fare questi soldati tornati dal fronte.
-- Insegnamenti della Via Aurea - Archivio delle Bene Gesserit - (Gli Eretici di Dune - Cap.7 - pag.73 - Ed.Nord)