Sta cercando una forma drammaturgica nuova, in cui il teatro mantenga il rituale, ma si liberi da luoghi comuni e da trovate a effetto. Roberto Del Gaudio, fondatore dei Virtuosi di San Martino, esilarante quanto raffinato quartetto di cabaret da camera, presenta «Abjurate! (prove per un processo)», in programma da domani alla Galleria Toledo, in prima nazionale.
Come nasce lo spettacolo?
«Dall'incontro con Donatella Furino, in scena con me, con la quale condivido l'interesse per le storie di streghe, per l'inquisizione, i temi eroici, l'esoterismo».
La trama parte dalla condanna di Giovanna d'Arco, ma dove vuole arrivare?
«Il testo è tratto dai documenti ufficiali del processo alla Pulzella d'Orléans, ma è rielaborato e, soprattutto, decontestualizzato. É la storia di una scalcagnata compagnia di attori che deve organizzare uno spettacolo e che sceglie i personaggi a caso, tramite un bussolotto, ma la sorte designa sempre lo stesso: Giovanna d'Arco. Da qui poi si dipana il resto.
Il senso è che i processi non finiscono mai, infatti, gli stessi attori mettono in scena le proprie vicende personali, in una dimensione di processo che ormai fa parte del nostro quotidiano. E, come diceva Baudelaire, "il processo è la forma più stupida di far emergere la verità"».
Questo è il suo primo lavoro di teatro non musicale?
«Sì. Ho voluto far emergere la musicalità della parola e dell'azione. Il testo è suddiviso in movimenti e l'andamento è dato dal basso continuo,
rappresentato dall'inquisitore, con le variazioni su tema espresse dalla protagonista, secondo la struttura del duetto.
L'ho pensato così, alla maniera del madrigale, del melodramma, della tragedia greca: la musica senza drammaturgia non m'interessa».
E i Virtuosi di San Martino che fine hanno fatto?
«Sto provando a incanalare la mia ricerca e il mio divertimento verso altri lidi, ma il lavoro del gruppo continua, anzi è in pubblicazione un cd distribuito da Raitrade e prodotto con la collaborazione di Daniele Sepe».
Galleria Toledo
dal 13 al 24 aprile 05
ABJURATE!
(prove per un processo)
di Roberto Del Gaudio
con Roberto Del Gaudio
Donatella Furino
Dora De Maio
Chiara Giuliani
Francesca Lisci
Francesca Lugnano
Mauro Milanese
scene, costumi
Gabriele Salvaggio
direzione tecnica
Antonio Pennarella
regia Roberto Del Gaudio,
Donatella Furino
(con la collaborazione di
Ludovica Rambelli)
si ringrazia Malatheatre, Carmela Santoro, Natalia Di Vivo.
un ringraziamento particolare a Nina Cefalù
Una compagnia di attori prova uno spettacolo in un luogo freddo e disagevole. Una cripta, forse, o il retro di una sacrestia. Un capocomico, la sua compagna, ed alcuni sventurati attori condividono il freddo, e lo spavento di essere capitati in un luogo che pare frequentato da "presenze". Devono allestire uno spettacolo, a metà tra l'ipnotismo da artisti di strada, ed una vicenda storica (quale può essere proprio il processo a Giovanna D'Arco). Un po' svogliatamente iniziano le prove.
La piéce è suddivisa per movimenti, intesi in senso musicale, fondati sulla forma del duetto, forma melodrammatica per eccellenza, laddove essa però incrocia il tragico. La musica però qui è parola che si fa suono e ritmo incalzando la sua verità funzionale, restando parola detta. In più, la scrittura è intercalata dalla forma del basso ostinato -prodotto dall'ossessivo Cauchon- contrappuntato dalle variazioni di Giovanna.
Tre gli assolo: due di Cauchon -dubbioso e tormentato, uno di Giovanna 'decisa a sorprendere la storia. E poi le "visioni", un piccolo, solitario Coro interiore della Pulzella.
La presentazione è affidata a due scalcinati banditori o artisti di strada: Saverio e Dorotea. La loro piccola vicenda di girovaghi incontrerà per un
piccolo caso "esoterico" la storia della Santa e vi si rispecchierà,
esattamente come tocca agli attori, che per un dato periodo della propria vita, si ritrovano in abiti, luoghi e situazioni da essi (solo) apparentemente distanti.
Per il resto la vicenda di Giovanna d'Arco si snoda fra mille domande e trappole teologiche che l'Inquisitore le pone, ed alle quali la giovane riesce a dare sempre risposte sorprendentemente concrete e precise.
Le apparizioni, i sogni, i pensieri nascosti, prendono poi a tratti la forma del mimo o della danza, del suggerimento e della complicità. Questi elementi ridisegnano i motivi della rivolta, dell'ambiguità, della libertà, dei desideri, dei ricordi, che tratteggiano il vissuto interiore dei personaggi. Si connotano di una autonomia che arricchisce il dibattimento pur senza alcun compiacimento: un piccolo silenzioso Coro, fatto di corpi (quasi)
muti.
Galleria Toledo
Teatro Stabile d'innovazione
Il Teatro
via Concezione a Montecalvario 34
80134 - Napoli
Eheheheheheh ... epensare che l'abiurazione di per sè è uno dei piu famosi paradossi!!!
Non so se lo conoscete, ma ve lo spiego x sommi capi!
Quando una persona abiura deve giurare su Dio che rinuncia alla sua fede attuale, per abbracciare una nuova fede: Ora nasce il dilemma: su quale dio giurare? Se si giura su quello vecchio l'abiurazione non ha senso: giuri su un dio che stai per rifiutare???
Se si giura su quello nuovo, non ha senso ancora perché ancora non si è abbracciata la sua fede!
Beh, io penso che i Quizar... ehm, gli inquisitori sottintendessero la sottomissione al "nuovo" dio nel momento stesso del giuramento, per cui l'abbraccio della "nuova" fede era automatico. Per quello che poteva valere, tanto eran già segnate col marchio d'infamia di pratiche occulte e quindi esautorate dalla vita sociale. _________________
Bhe, Faerula, il apradosso decade se ti emtti nei panni dell'inquisitore: "non esite altro dio all'infuori di Dio. Dunque tu, infedele, giura su Dio, che conosci perchè hai una religione, ma intenni in maniera errone a e peccaminosa, che abbracci il suo vero insegnamento".
Confronta per esempèio le relazioni dei conquistadores spagnoli. Interessantissime sono ad esempio le scelte lessicali di COrtez: chiama i templi aztechi, lui figli della Reconquista, "Moschee"