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Kahlixe
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Dune Italia Forum Index » Alla Taverna del Falcone Rosso » Kahlixe
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Kloud
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 Post Posted: 30 Dic 2006 - 23:55     Post subject: Post subject: Kahlixe

IL BORDO DEGLI INFERI

"Quando non vedi una via d'uscita, chiudi gli occhi."

Limbo.
Così si chiamava, in miriadi di lingue.
La fonetica del nome riusciva perfettamente a rendere una vaga idea della sua placida disperazione.
Limbo. Era un vastissimo terreno, brullo e senza particolari: non una pietra, non una grotta, non un dosso od una fossa. Solo dura e liscissima pietra bigia come solo la pietra poteva essere. Non c'erano luci e neanche ombre: era tutto della stessa tonalità di grigio; perfino le anime che vi rassegnatamente vagavano avevano il medesimo colore della pietra.
Nessuno di chi vi risiedesse aveva una vaga idea del motivo per cui si trovasse lì: c'era chi aveva avuto una vita tranquilla, chi sfortunata, chi felice, chi violenta e chi immorale... tutti laggiù, indistintamente.
Era come una grossa centrifuga per le anime: i peccati si mescolavano alle virtù, dando luogo a quel malsano grigiore senza infamia e senza lode.
S'aggiungevano spesso dei nuovi arrivati, impauriti e curiosi, ma tutti prima o poi si lasciavano andare in un lento assopimento, finchè non diventavano indistinguibili dal duro terreno roccioso e dimenticarsi perfino della propria esistenza.
Prima di perdersi, ben pochi erano riusciti a comprendere cosa stesse loro succedendo...
La fine del dolore: il Nirvana.
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Kloud
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 Post Posted: 03 Gen 2007 - 10:32     Post subject:

L'INCONTRO

"Se gli uomini potessero camminare all'infinito, dove porterebbero le strade?"


Quando il Monaco terminò la sua descrizione della vita oltre la morte, Laran emise un borbottio meteorico: cercando di usare la massima (ben poca) discrezione che la sua stazza gli consentiva, si portò il dorso della mano alla bocca, come per celare i vapori alcoolici che foriuscirono dalla sua bocca. Certo, avrebbe anche potuto risparmiarselo, vista la bettola in cui erano capitati...
Un piccolo locale su di un asteroide vagante che era scampato all'annichilimento che stava dilagando per quell'universo, parlando con il Monaco sull'oltretomba. Davvero allettante.
C'erano una grande quantità di rifugiati di diverse razze, anche mostruose, troppe per poterle elencare tutte: molte di quelle, Laran neanche...
La musica cacofonica di un gruppo improvvisato di Blemmi aveva iniziato ad imperversare nel locale: si voltò verso il palco e s'unì al coro di fischi, arrivando a lanciare la propria bottiglia di birra ancora mezza piena sul naso toracico del chitarrista. L'ostilità del publico ebbe la meglio sull'ostinazione di quei quattro derelitti ed abbandonarono il palco tra vergogna e lazzi. Lui ridacchiò, mentre rivolgeva lo sguardo al Monaco, che lo fissava con severo disgusto.
<Suonavano da schifo!>, si giustificò, allargando le grandi braccia possenti: un Elfo cameriere ando a rovesciarsi al suolo, col proprio vassoio ed il proprietario del locale (un grezzo Gigante dalla rossa barbaccia ispida) lo investì d'una serie d'imprecazioni.
<Vorrei veder te a suonar qualcosa, se avessi anche tu le orecchie nelle ascelle!>, obiettò l'altro, alzando la voce, per farsi sentire attraverso il caos che s'era generato.
Lui rise bonariamente: l'avventatezza di quell'umano continuava a stupirlo, quasi come la sua sagacia.
<Bah, lasciamo perdere, mortale.>, disse con serietà, cancellando ogni traccia d'allegria dal suo volto. L'altro annuì e mise le mani giunte sul tavolo, in attesa che continuasse.
<Ti ho concesso di parlarmi poichè hai avuto la capacità di riconoscermi. Fino ad ora abbiamo scherzato, ora passiamo alle cose serie. Parla.>
Ci fu un sorriso sulle labbra del Monaco ed il capo annuì.
<Desidero che tu mi faccia una grazia.>
<Un favore. Ovvio... il mio campo è decisamente ristretto, lo sai. Non vedo come io possa aiutare un chierico, quale che sia il suo ordine o fede.>
Quando glie lo disse, Laran scoppiò in una fragorosa risata, che scosse l'intero locale.
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 Post Posted: 14 Gen 2007 - 10:55     Post subject:

IL MULTIVERSO

"La sopravvivenza può essere favorita solo con la moderazione."

Immaginate un enorme filo. Immaginate che questo filo scorra attraverso la cruna d'un ago e che questo filo venga sfilettato dall'attrito da esso prodotto. Immaginate delle tarme, che rosicchiano le sfilettature.
Chiamate il filo: Multiverso.
Un immane insieme d'universi paralleli e realtà alternative, con miriadi di mondi, più o meno abitati. Ognuno di questi mondi è comunque sorretto da delle "correnti": si tratta di pensieri, desideri, azioni, sogni...
Non c'è neppure una definizione per dire cosa possano essere queste correnti, poichè anche vita e morte ne fanno parte e non sono classificabili in nessuna di quelle famiglie di cose.
Queste correnti sono tanto maggiori, tanto più ci si allontana dal centro del Multiverso: i sistemi centrali sono i più stabili, mentre quelli esterni sono sempre sull'orlo del collasso e basta davvero poco perchè un universo vada a finire in una corrente che lo porti al bordo, contro la cruna, che chiameremo "Presente". Lo scorrere dell'Universo è lo scorrere del tempo.

Un tempo s'associava a queste "correnti" delle divinità e ciò è vero e falso allo stesso tempo.
Sono divinità, in quanto possiedono poteri quasi illimitati, ma non sono le entità che hanno creato il Multiverso: esse si limitano solo a presiederlo ed a sfruttarne l'energia. Esse sono le tarme.
Immaginate un universo che collassa: quanta energia potrebbe liberare?
Una quantità immane, ma insufficiente a saziare le tarme: esse cercano con ogni mezzo di sospingere gli universi al collasso, verso la loro "corrente d'influenza". Interi mondi vengono distrutti da amore, guerra, odio, vendetta, gelosia, prosperità, la morte, la vita, i sogni... gli Dèi del Multiverso sono l'immagine vivente dell'eccesso. Non si può vivere senza Dèi, poichè essi sono la proiezione dei sogni e dei desideri della collettività dei mondi: essi "sono" le "correnti". Vi è tuttavia una triade di Dèi che non vive ai bordi del Multiverso e neanche nel suo centro: essi sono dappertutto, ovunque vi sia la vita. Un tempo erano quattro: la semplice mancanza di uno ha portato ad una serie di scompensi per tutto il Filo.
La catastrofe è inevitabile.
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 Post Posted: 26 Gen 2007 - 19:16     Post subject:

L'ASSALTO

"Secondo le leggi della termodinamica, una vittoria è una sconfitta a lungo termine"

Laran era un amante dello scontro diretto: c'era solo una cosa che sapeva apprezzare di più dell'ebrezza della battaglia. Era la ribellione: l'azione tanto avventata quanto impossibile che il Monaco gli aveva richiesto era un'amabile unione delle due. Si spostavano velocemente, tra gli strati del Multiverso: mondi e realtà restavano attorno a loro in un contorno indefinito e mutaforma. Seguivano la scia del Sognatore, il Viaggiatore di Mondi. Dovevano raggiungerlo. Ci fu un violentissimo lampo di luce...
Laran si guardò intorno: erano arrivati, ma dove?
Un pianeta desolato, completamente grigio e privo di dislivelli: pareva di essere su di una titanica biglia metallica...
<Questo è il Limbo.>, disse il Monaco.
<Il Limbo?! Ma cosa stai cercando, Monaco?>, chiese Laran, irato.
<L'essere che tu conosci come Sognatore.>
Laran alzò lo sguardo e la sua vista gli indicò delle sagome che s'avvicinavano in fretta verso di loro.
<Allora, sarà meglio che lo trovi in fretta.>, commentò: dalla sua carne, fuoriuscì un ammasso metallico contorto, che divenne poco a poco la sagoma di un'arma da fuoco. Grossa e pesante: un fucile di qualche genere. Seguendo il Codice che lui stesso aveva provveduto a scrivere, non fece fuoco, ma aspettò che si identificassero. In realtà, non ne aveva bisogno, poichè sapeva già cosa fossero.
I Cerberi si lanciarono all'assalto, intenzionati a divorarli: Laran fece fuoco e provò una certa soddisfazione, quando i corpi di quelle servili creature furono perforati dai proiettili di Naral.
<Sei tu che riesci a vedere il Filo! Muoviti, Monaco!>, urlò al vecchio, mentre continuava a fare fuoco: erano terribilmente tenaci e molti. Se fossero stati circondati, avrebbe potuto far ben poco e quel maledetto pianetucolo pareva essere stato studiato appositamente per ciò: nessun riparo, nessuna sporgenza, nessun nascondiglio...
Il Monaco si guardò intorno ed urlò, indicando una direzione.
<Laggiù! Venti parsec da qui! Sottoterra!!>
Parsec? Ma quanto era grande il Limbo?!
<Va bene...>, si disse e Naral mutò. Il metallo si solidificò attorno al suo corpo ed iniziò ad espandersi: i Cerberi si gettarono contro di lui, ma non poterono scalfire il metallo. Il Monaco venne fatto entrare attraverso uno dei portelli e s'udì un violentissimo rombo perversare nell'aria immobile del Limbo.
Dopo molti eoni, il Leviatano era tornato alla vita.
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 Post Posted: 27 Gen 2007 - 17:18     Post subject:

IL SOGNO

"Se è vero che nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, allora dobbiamo supporre che l'immaginazione non è un processo di creazione, ma di esplorazione."

L'immagine retorica usata per indicare una persona tipicamente persa nei suoi pensieri (testa tra le nuvole) ha un fondo di verità.
Si consideri l'Anima, la componente di non-materia della specie umana. Se fosse possibile vederla, sembrerebbe una specie di figura colorata non meglio identificata, legata al cervello da un filo. La figura, nei tempi antichi, era spesso identificata con una farfalla od un uccellino, ma non ci assomigliava molto... era come una nuvola: uno ci poteva vedere quel che voleva. Il corpo era permeato dal colore dell'Anima, sia all'interno che all'esterno, completamente compenetrato. La figura era la vera sede dell'Anima e del pensiero umano: al contrario delle credenze comuni, non era all'interno del corpo, ma al suo esterno: un televisore non conteneva il conduttore del quiz, ma solo la sua immagine; lo stesso faceva il corpo.
Si immagini, ora, che il filo s'allunghi: che accade al corpo? In un televisore, se c'erano problemi di trasmissione, immagine ed audio peggioravano. La stessa cosa accadeva con il corpo.
La mente non percepiva più le immagini ed il sonoro si sfocava: non si aveva più percezione. Si era distratti, addormentati, storditi... si era con la testa tra le nuvole.
Come mai il filo s'allungava e l'anima si spostava?
Succedeva quando si restava imbambolati, quando si pensava o si era concentrati su qualcosa di specifico. Quando si sognava.
L'Anima era non-materiale, di conseguenza le leggi del mondo fisico non si potevano applicare ad essa: il viaggio tra universi paralleli era possibile, per l'Anima. Quando si sognava, l'Anima compenetrava più universi paralleli. Quando si cercava di fare una previsione, l'Anima si spostava verso mondi futuri.
Non era poi tanto assurda: al contrario di quanto si credeva comunemente, la distanza tra gli universi non era poi tanto grande. C'erano pochi picometri di distanza tra un universo e l'altro.
Chi sognava, aveva il potere di visitare più universi e di vederli sotto forma di ricordi e sogni.
Questo era il grande dono dell'immaginazione umana.
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 Post Posted: 27 Gen 2007 - 21:45     Post subject:

LA CADUTA ED IL RITORNO

"La Natura si regge su un equilibrio dinamico. Raggiungere l'equilibrio vuol dire morire. La trottola deve girare, se non vuole cadere."

Le visoni dei mondi lo estasiavano: egli aveva viaggiato in innumerevoli universi e li aveva amati tutti. Quello era il suo Nirvana: un viaggio tantrico nel sogno della creazione, nella più completa immobilità.
Ma qualcosa lo distolse dal suo errare e cadde, cadde come fece eoni prima nel suo avatar di Icaro. Le immagini divennero confusi, i suoi spettrali: tutto fu un turbinare caotico di calori e suoni stridenti, finchè gli occhi non si aprirono....
Ma dove era?
La prima cosa che vide fu il grigio e, poi, il volto d'un vecchio che lo sovrastava.
<Ben tornato, Kefa.>, disse il vecchio.
Il Sognatore s'alzò dalla sua scomoda posizione e si guardò intorno: un locale completamente asettico, metallico. Una lieve, ma irritante, vibrazione imperversava per tutto quel posto. In ginocchio, di fronte a lui, stava un uomo dai capelli irsuti e selvaggi, coperto da metallo... non sembrava un'armatura, perchè in certi punti la carne si compenetrava con l'acciaio. Il suo sguardo era selvaggio, ma sereno: come una tigre sazia.
<Io... chi...>
<Cazzo, non si ricorda più niente!>, imprecò l'uomo-metallo.
<Non dargliene colpa. Ha viaggiato per chissà quanto tempo... più l'anima si distacca dal corpo e più si perde cognizione di sè. É già un buon risultato che si sia ripreso.>, rispose l'altro. Il vecchio, allora, pose la sua mano sulla fronte.
Ci fu come un lampo: come nebbia spazzata via dal forte vento, i ricordi dei mondi furono cancellati ed una nuova identità crebbe in lui.
Kefa, la Pietra, il Custode di Chiavi era tornato.
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 Post Posted: 02 Feb 2007 - 11:50     Post subject:

L'ANTICO SAPIENTE

I morti non parlano, ma si fanno sentire molto bene.

<Vedo che c'è stato un cambiamento al vertice, Monaco.>, commentò amaramente Kefa, fissando l'anziano religioso.
Laran non era mai stato particolarmente astuto ed, infatti, non capì quel che il Custode di Chiavi intendeva dire: non aveva avuto la sagacia di comprendere chi aveva di fronte, quando fu contattato dal Monaco, per strapparlo dal suo Flusso preferito.
Il vecchio sorrise e si portò alla faccia la mano, verso l'occhio sinistro: con un solenne movimento, se lo tolse: un occhio di vetro, tanto perfetto da sembrare vero. Solo allora, Laran lo riconobbe.
<Wotan? Credevo che la stirpe degli Aesir fosse stata spezzata!>
<Non si può uccidere chi è più antico del tempo stesso.>, rispose il Monaco. Kefa si guardò intorno: erano passate ere, dall'ultima volta che aveva visto quel vecchio derelitto dei Cicli passati. Quasi altrettanto tempo dall'ultima volta che era entrato nelle viscere di titanio del Leviatano.
<Invero, la mia discendenza ora è dispersa nel Karma: le loro reincarnazioni sono prive di forza e carattere. Addirittura, ne hanno spezzato lo spirito in più corpi... è stata una vera profanazione.>
Kefa non se la sentiva di provare pietà per quel vecchio: per troppo tempo Wotan aveva acquisito potere e conoscenza, senza condividerle con gli altri. Quando, infine, una nuova Stirpe si levò contro di loro, vennero spazzati via e dalle ceneri del Vecchio Mondo, ne nacque uno nuovo.
<É stata la tua avidità a condannare gli Aesir.>, commentò Kefa.
<E la pessima capacità di comando di Usir, ha fatto cadere i Kemetii.>, rimbeccò flemmatico Wotan.
Laran sogghignò: evidentemente, dietro c'era anche il suo zampino. Non si sarebbe comunque aspettato di vedere tornare al potere un vecchio capo.
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 Post Posted: 02 Feb 2007 - 14:54     Post subject:

LA STORIA

"In principio erano solo il Silenzio, il Vuoto e le Tenebre. Poi giunse Amon, lo Sconosciuto, la Divinità. Il Silenzio fu spezzato, il Vuoto riempito e le Tenebre diradate. La lue della Creazione splendeva, ma le Tenebre non l'accettarono."


La Divinità aveva da milioni di ere abbandonato il Multiverso: molti esseri dotati di grandi poteri avevano cercato di dominarlo, ma erano sempre ascesi e caduti in un ciclo continuo. Solo una tetrarchia dominava in segreto le redini del mondo: erano gli ultimi superstiti dei Signori, i figli di Amon, che nelle ere passate avevano operato in sua vece.
L'Yggdrasil, l'albero dei mondi, era la fonte dell'energia vitale dei Signori: ogni Universo che sviava dal Karma di Amon, veniva distrutto e da esso veniva ricavata l'energia. Eoni fa, l'Yggdrasil fu abbattuto da una guerra terribile, della quale ben pochi avevano memoria e nacque il Multiverso. I Signori dovettero cercare un nuovo metodo per far degenerare gli universi: fu così che si legarono ai Flussi.
Molti dei Signori originari morirono e furono rimpiazzati da potenti esseri, crendo così nuove dinastie. Gli Aesir furono i Signori che più a lungo governarono il Multiverso, fino al giorno in cui le forze del Caos, le Tenebre, le stesse che fecero crollare l'Yggdrasil, non scatenarono una guerra che si imperversò in tutto il Multiverso. Fu il Ragnarøkkr, il Crepuscolo degli Dèi.
La stirpe degli Aesir fu spezzata e fu il Caos a dominare, fino all'arrivo di un essere che si proclamò la reincarnazione di Amon: Usir, che fondò la stirpe dei Kemetii. Usir venne ucciso dal fratellastro Sethesh, geloso dei suoi poteri e desideroso di rivendicare il trono, ma i suoi piani furono fermati dall'arrivo del figlio di Usir: Heru, che rivendicò il trono e giustiziò l'assassino di suo padre.
Questo era quanto era successo fino ad allora, alla luce del sole. Nell'ombra, invece, operava un quadriumvirato degli Antichi Signori: erano i soli reduci rimasti; coloro che si erano legati a quattro correnti immortali, le Axis Mundorum, che permeavano in tutto il Multiverso, in perenne lotta tra loro. Insieme fecero cadere gli Aesir, poi si combatterono l'un l'altro per decidere chi sarebbe dovuto salire al potere...
Laran era il Ronin Ribelle, lo Spirito della Ribellione, il Rivoluzionario: egli sostenne Usir, soltanto per farlo destituire da Sethesh, quando questi divenne corrotto, e fece la stessa cosa con quest'ultimo, sostenendo Heru. Vi era Kefa, la Pietra, l'Errante, il Custode di Chiavi: egli si disinteressava a simili questioni, ma sostenne gli Aesir poichè amava le creazioni da esse compiute.
Vi era Ometeotl, la Pazza, la Dualità, la Signora di Verità ed Illusioni: ella agiva solo per suo capriccio e nulla delle sue azioni poteva essere previsto o conosciuto.
L'ultima dei Tetrarchi era scomparsa da eoni: era Kalih, la Distruttrice.
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 Post Posted: 04 Feb 2007 - 12:42     Post subject:

LA MISSIONE

"I perchè ti portano indietro nel tempo. Arrivi ad un punto in cui i perchè non hanno risposta. É l'immagine vivente di Dio: un effetto senza causa."

<Beh, che dire: non pensavo di rivederti tanto presto, vecchio.>, commentò infine Laran, con la sua solita noncuranza.
<Credo che tu non "speravi" di rivedermi tanto presto.>, rispose Wotan in maniera flemmatica.
<Basta con queste ciance, Aàss: ci hai chiamati qui per qualcosa. Dicci cosa e vattene.>, tagliò a corto Kefa, desideroso di tornare alle sue vecchie mansioni. Wotan annuì ed iniziò a parlare.
<Gli Universi stanno decadendo, ormai. Le forze del Caos hanno ormai da tempo logorato la sua stessa struttura: i Kemetii non riuscivano più a raccogliere energia, tanto l'entropia ha corrotto e degradato il Multiverso. Entro breve e l'avranno vinta. Heru si è legato alla Speranza, ma via via il suo potere si affievolisce: Anpu, il nuovo Signore della Morte, suo zio, acquisisce sempre maggior potere.>
Laran si accigliò non poco.
<Che fine ha fatto la Distruttrice?>, domandò.
<Kalih fu deposta da Heru: con la Rifondazione, il suo potere era accentuato e Seth ne prese il posto. Adesso giace sul fondo di qualche universo infernale creato appositamente per lei e la sua progenie, immagino.>
<Queste sono cose che già sapevo: le ho viste e sognate.>, disse acidamente Kefa e gli domandò cosa volesse da loro: la sola cosa che ignorasse di tutta quella storia. Le vibrazioni del Leviatano lo mettevano di cattivo umore: non gli era mai piaciuto il modo di spostarsi di Laran. Non meno di quanto piacesse a Laran, il suo.
<Heru è giovane ed ingenuo. Si è convinto di poter combattere le forze del Caos da solo: ormai è destinato alla sconfitta. Anpu, comunque, sa che il suo potere cresce, ma che non durerà eterno, così gli ho offerto un accordo, che ha accettato. Ora sono io a capo del Multiverso.>
Laran rise fragorosamente: era sempre contento dei colpi di mano. Ovviamente, Wotan aveva tralasciato qualsiasi dettaglio circa la "deposizione" di Heru.
Kefa lo fissò in silenzio, in attesa che l'Aàss gli rispondesse. Così fu.
<Voi siete comunque legati alle forze del Caos. Avete riconosciuto che erano immortali ed avete visto giusto, al contrario dei vostri defunti pari, eoni or sono. Io desidero che liberiate Kalih.>
<Follia! Le forze del Caos alimentano Kalih più di tutti noi messi assieme: se la liberiamo, essa si riunirà al suo canale e sarà la fine!>
<Vero. Sarà la fine. Non il Crepuscolo degli Aesir, nè un Apocalisse, un Armageddon od un Dies Iræ. Sarà l'Avvento di Kalih. A quel punto, le forze del Caos saranno terminate e l'Universo potrà rinascere.>, il viso di quel Vecchio Dio era alterato dalla sua stessa delirante visione. Kefa scosse il capo.
<Tu sei pazzo...>, riuscì solo a dire.
<La Pazza, qui, è una sola...>, rispose Wotan.
<Discorso interessante, vecchio.>, disse Laran: ogni traccia di ilarità era scomparsa dalla sua faccia.
<Tuttavia, stupido: ci dici di condannarci a morte da soli. Se le forze del Caos venissero spezzate, noi le seguiremmo a breve.>
<Vi potrete legare a nuovi canali, nuove fornti di energia!>, rimbeccò Wotan.
<Ah! Quale canale potrà fornirci la stessa energia del Caos? L'entropia è costante e sempre in aumento!>, lo schernì Laran: dalla sua carne, comparve una lunga sbarra metallica.
<Ma destinata a soccombere!>, rispose l'Aàss.
La sbarra metallica di Laran si contorse, fino ad assumere la forma di una lancia di lunghe dimensioni: Wotan sgranò il suo unico occhio, sorpreso.
<Spero tu apprezzi l'ironia della cosa!>, rise Laran, mentre s'apprestava a scagliare la lancia che un tempo era appartenuta a quel dio di grande orgoglio.
<Fermo, Laran!>, urlò Kefa.
Il corpo di Laran fu spinto all'indietro da una forza sconosciuta e la lancia cadde dalla sua mano. Quando si rialzò, i suoi occhi in lega rhodio-iridio lo fissarono con ferocia.
<Ce ne ho anche per te!>
<Ha ragione, razza di stupido! Il nostro fuoco cresce, ma il petrolio inizia a scarseggiare: dobbiamo trovare un nuovo combustibile! Il Caos brucia troppa energia; energia che non possiamo recuperare.>
Ci fu un violento schianto, come se il Leviatano avesse colpito qualcosa di abbastanza grosso e pesante da fargli accusare il colpo. Ma cosa poteva mai averlo anche solo sfiorato, negli abissi del Nulla, che circondavano l'Universo?
<Che diavolo succede?>, urlò Wotan, terrorizzato.
Solo in quel momento, Kefa comprese.
<Hai parlato del diavolo, Aàss. Ecco le corna.>
Ci fu un boato e la carne metallica del Leviatano venne dilaniata: la luce li investì tutti quanti.
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 Post Posted: 06 Feb 2007 - 21:15     Post subject:

LA CITTÁ DI SMERALDO

"La Distruzione è la sola forma d'arte pura. É fine a sè stessa: tutte le altre, hanno bisogno di testimoni."


Il freddo li investì. Il Leviatano si conterceva in spasmi di morte: come era possibile che una bestia tanto possente potesse essere uccisa?
Assurdo.
Uscirono dal suo cadavere e Laran ne richiamò il metallo dentrò sè.
<Ci vorrà tempo, prima che si riprenda...>, commentò amaro, lasciando sotto intesa un'amara profezia. Erano bloccati laggiù...
Ma dov'era il laggiù? Kefa si voltò attorno: conosceva quel posto.
<Dove siamo?>, domandò Wotan: l'Aàss, colui che più di tutti s'era avvicinato alla sapienza della divinità, che aveva divorato una delle Sephira, lasciando in cambio uno dei suoi occhi... neanche lui lo sapeva.
<Conosco questa città. Aveva un nome, trilioni di anni fa, quando esisteva: si chiamava Venezia.>
La città era imprigionata in un ghiaccio verdastro: quelli che un tempo dovevano essere stati dei canali, ora erano percorsi da quel vetro gelido. Tutto era sigillato, oltre che nel ghiaccio, in un silenzio innaturale.
La carcassa del Leviatano aveva contaminato la lisciosa perfezione del mare congelato, aprendo uno squarcio sulla sua limpida superfice. Anche il fondo era congelato.
<Che facciamo?>, domandò Laran.
<Se ci ha chiamato qui, è perchè lei vuole vederci. Andiamo.>, disse Kefa, mentre s'avviava verso la città. Wotan si guardò intorno: l'orizzonte era coperto da coltri di nebbia argentata. Era come un anello d'argento che cingeva una gemma di acquamarina.
<Lei chi?>, domandò il Vecchio Monaco.
<La sua Non-Sorella.>, rispose Laran: anche lui aveva capito. Wotan tremò, ma non per il freddo.
Avanzarono a fatica: spesso inciampavano o cadevano. Il freddo era pungente. Arrivati al canale, si arrampicarono sulla pietra e salirono sulla stradicciola lastricata. Entrarono in una calle e camminarono.
<Dove stiamo andando?>, chiese ancora Wotan.
<Camminiamo, per evitare di congelarci.>, rispose Laran.
Le strade erano deserte, ma i lampioni producevano una spettrale luce biancastra. Tutte le case avevano le imposte verde scuro sigillate: così anche le porte. Non un'anima viva.
Solo le chiese (antichi luoghi di culto per un Dio ormai scomparso) avevano le porte aperte. Wotan propose di entrarvi, per ripararsi dal freddo. Disse che sentiva anche un certo calore, provenire da quella tenebra e pareva anche essere invitante.
<No, è pericoloso. Stai lontano dal buio.>, lo ammonì Kefa. Wotan non pareva essere disposto ad ascoltarlo, ma si ritrasse immediatamente, quando diede una sbirciata nell'oscurità del tempio. Ne fu quasi terrorizzato.
<Non fissarla troppo a lungo.>, consigliò ancora il Sognatore.
Una voce indefinibile s'alzò nell'aere.
<Dagli rettà, Aàss... oppure no. Deciditi.>
Si voltarono e la videro. Era seduta in una posizione innaturalmente scomoda, vicino ad una statua equestre. Vestiva d'un consunto, strappato, rammendato e tenuto insieme da bende, abito bianco e nero... ricordava i Pierrot della Terra... la Vecchia Terra. La maschera... beh, la maschera era un'opera tutta sua: per la metà bianca, il volto di una fanciulla piangente, per la metà nera, quella d'un mostro ridente, coi denti biancastri tutti all'infuori. Le due parti erano tenute insieme saldamente da delle cinghie e flebili nodi...
L'occhio sotto la maschera di fanciulla era verde; il mostro era rosso sangue, con la pupilla aguzza. Solo tenebra si scorgeva dal foro della bocca. Mani dalle dita oltremodo lunghe ed artigliate, erano nascoste da guanti di metallo e garza. Era Ometeotl: la Duale, la Pazza.
<Benvenuti nel mio Occhio.>, disse lei, facendo un grottesco inchino.
Già: era l'Occhio Verde. Il Gelo della Ragione. L'altro era il Sangue della Follia. Due metà che si baciano.
<Non-sorella.>, salutò Kefa.
<Non-moglie.>, salutò Laran.
<Non-signora.>, salutò Wotan.
<Prede.>, rispose lei ed una risata esplose nella città.
<Perchè ci hai chiamato qui?>, domandò Kefa.
<Chiunque faccia il mio nome, desidera vedermi.>, rispose lei.
Scomparve, semplicemente.
<Ma dove?!?>, urlò Wotan: la sua mente razionale non capiva. Ma era proprio questo il punto. Lei non era razionale. Non era legata a nessuna legge fisica, poichè non le riconosceva. Wotan era il Sapiente: non poteva accettare che qualcosa andasse fuori dalla sua logica. Kefa e Laran erano preparati a questo: sapevano cosa aspettarsi da lei, ma non lo misero in guardia. Sarebbe stato suicida: un morto sarebbe bastato.
La videro alle spalle di Wotan: lo ghermì coi suoi artigli e parlò con voce femminile. Voce sanguinosamente femminile.
<Hai visto il mio Occhio? Ora goditi il mio gelido, buio utero!>
Il Sapiente fu scagliato dentro alla chiesa: le porte si chiusero dietro di lui. Laran si ripromise di restare calmo. Kefa lo era già: aveva già visto altre volte quell'atrocità.
Si udirono delle urla strazianti. Suoni osceni di carne ed articolazioni.
Ometeotl si accasciò a terra e si portò le mani al grembo, iniziando a ridere ed a rotolare su sè stessa. Le urla scomparvero nel silenzio, ma lei continuò a ridere ed a ridere... ancora, ancora....
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 Post Posted: 22 Feb 2007 - 20:32     Post subject:

REQUIEM

"Sia lode alla carne. Sia lode alla mortalità. Sia lode alle passioni ed alla vita. Rinnega la Noia e tutte le sue opere. Libera nos a malo, perchè il male siamo noi. Amen."

Con la Caduta dell'Yggdrasil, la Realtà fu cambiata in maniera irrecuperabile. Gli universi paralleli che si discostavano troppo dal Disegno del Dio, non poterono più essere distrutti e convertiti in energia. I Signori furono privati della loro ambrosia e, presto o tardi, sarebbero decaduti, poichè i loro poteri divini consumavano assai grandi quantità di energia.
Alcuni si legarono alle Correnti e molti morirono negli scontri che si crearono, per garantirsi il completo utilizzo dei flussi: i parenti si uccisero tra di loro, i padri contro i figli ed i fratelli contro le sorelle.
Altri scelsero una morte onorevole, mentre altri si degradarono a privare la poca vita dal sangue delle creature viventi: nacquero i Vampiri, ma non ebbero lunga vita...
Molti perirono e tutto il Multiverso fu scosso da grandi cataclismi: perfino gli Avversari, i Demoni, decaddero sotto i colpi delle stesse forze del Caos con cui s'erano alleati, per ribellione.
I Tetrarchi, che più di tutti necessitavano di energia, decisero una mossa disperata: Nyx, la più anziana e saggia, si legò ad una delle correnti del Caos. Il suo corpo e la sua mente furono distrutti e furono provati: vennero entrambi catapultati in parte al di fuori della Creazione e lì vide cosa c'era al di là di essa. Una parte di lei impazzì, mentre l'altra ne fu impietrita: si spezzò in due e crebbe al di fuori e dentro il Multiverso.
Divenne Ometeotl, la Spezzata, la Duale, la Pazza.
Il suo corpo era ovunque ed in nessun luogo e la sua mente riempiva il Nulla: anzi, essa stessa era il Nulla.
Il secondo a tentare fu Kefa, che volle unirsi alle correnti dei Sogni, ma risultarono essere troppo deboli e lo ridussero a dover limitarsi ad una vita di contemplazione ed esplorazione.
Laran fu il terzo a tentare e cercò di regolare la dose di potere. Ottenne una grande quantità d'energia, legandosi alle correnti della Ribellione e la sua lucidità mentale non fu compromessa.
Ultima venne Kalih, che riuscì subito ad inquadrare la giusta corrente da seguire e così ottenne grandi poteri: la Distruzione era la sua corrente.
Con l'aumento dell'entropia, i loro poteri crescevano a dismisura, ma andavano di pari passo col degrado del Multiverso.
Divennero i veri parassiti della creazione: le forze del Caos incarnate.
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 Post Posted: 01 Mar 2007 - 21:27     Post subject:

TOCCATA E FUGA

"L'Universo è simmetrico solo in apparenza. La simmetria è stabilità e l'Universo non è stabile, ma in costante evoluzione. Si prenda un corpo umano: sembrerebbe un'immagine speculare di due metà. Squartate il corpo e vedrete che è asimmetrico: pancreas a destra e fegato a sinistra."


<Siamo nei guai.>, disse la voce di Laran nella testa di Kefa.
Il mostro che un tempo era stata la più potente della stirpe dei Signori, stava lentamente riprendendosi dalla folle ilarità che l'aveva pervasa.
<Siamo nell'Occhio-di-Ghiaccio. Se fossimo finiti nel Magma della Follia, allora sì che saremmo nei guai.>, rispose Kefa.
La bianca metà di Ometeotl, la Follia-nella-Ragione, era ancora parzialmente legata ai limiti delle costanti universali: velocità della luce, costante di gravitazione universale, zero assoluto...
Quei limiti non volevano dire niente per la Ragione-nella-Follia: era come un turbine di polvere chiuso in una gabbia a sbarre larghe.
<Che facciamo? Non ci tengo a diventare il sangue di quest'aberrazione.>, commentò ancora il Rivoluzionario. Kefa scosse il capo e gli chiese se non potesse combatterla, ma sapeva già che la risposta era un no: era troppo lontano dalla sua corrente entropica. In compenso, Kefa era ancora molto vicino alla sua...
<Cosa voleva da noi, Wotan?>, si chiese. L'attenzione della Pazza fu di nuovo su loro due. Con un contorsionismo grottesco, la schiena di lei si drizzò da terra e fu in piedi.
Kefa chiuse le palpebre ed aprì l'Occhio.
Il tempo fu fermo, tranne che per due creature nell'universo: lui ed Ometeotl. La maschera divisa lo fissava con divertita ammirazione: era evidente che la sua coscienza s'estendeva anche su più piani temporali.
<Scegli: vuoi essere il primo od il secondo?>, domandò una voce di basso dalle tenebre della maschera. Una lingua sinuosa e nera fuoriuscì e si leccò le fauci affilate.
<Non puoi vincere, Ometeotl. Noi non siamo come Wotan: la nostra sostanza è la tua medesima. É stupido combatterci.>
<Mai detto d'essere una persona intelligente, non-fratello!>, le fauci si spalancarono ed il corpo martoriato della Signora Decaduta si mosse contro di lui. Appena sentì il fetore del suo alito, cambiò Piano. I denti affondarono comunque nella sua carne: la coscienza di lei toccava comunque molti Piani, se non tutti, addirittura.
Sentì il dolore e la sua linfa vitale scorrere: la carne urlava per lo strazio che subiva ed i nervi erano torturati, ma aveva ottenuto quel che voleva.
Era unita a lui, che le piacesse o no.
Kefa fece rimbombare la sua voce nella testa di Laran.
<Se mi sei amico, salvami!> e gli comunicò una lunga serie alfanumerica. Le coordinate segrete del Cimitero degli Dèi, il Nulla.
Su un diverso piano, dove era possibile vedere i pensieri come se fossero immagini di un dipinto, Kefa sapeva che la sua non-sorella aveva osservato quel che aveva detto a Laran.
Un lungo urlo di agonia si perpetrò a lungo, da un Piano lontano, dove i pensieri assumevano la forma di immagini, prima che il portale creato dal Sognatore si chiudesse.
In mezzo ad una città morta, Laran giaceva da solo, nel ghiaccio, con ancora la voce dell'amico che gli comunicava di andare a recuperarlo nei profondi meandri del Nulla ed una sequenza armonica per aprire il portale per farlo...
Laran non era più solo: assieme a lui gli facevano compagnia dubbi, paure e sensi di colpa.
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 Post Posted: 09 Mar 2007 - 20:24     Post subject:

LA SOLITUDINE DI CENT'ANNI

"La mente è nata per proiettarsi verso l'esterno: precludersi al mondo esterno, significa stritolarla negli oscuri meandri di una scatola cranica."

Laran, dopo eoni ed eoni di esistenza, era solo.
Era una parola terribile. Solo.
Per una forza entropica, la solitudine significava logorare sè stessa: una morte lenta ed atroce!
Il cervello che lentamente veniva divorato dalla Pazzia ed il corpo dalla Distruzione. Nonostante la loro cacciata, comunque erano ancora presenti nell'Universo: la loro fame vorace era nettamente ridotta. I processi distruttivi sarebbero stati nettamente ridotti, le incongruenze e le follie anche e così anche i sogni e le false speranze: tutto sarebbe piombato in una realtà nichilistica ed ottusa. Già: anche lo spirito della ribellione era stato confinato. Anche i suoi poteri furono nettamente ridotti.
Era stanco, stanco morto: il volto era scavato e, ogni tanto, si metteva a parlare da solo... proprio come in quel momento.
<Andare a prenderlo... sì, come se fosse facile!>, inveì contro l'ingenuità di Kefa e contro quella serie di disgraziati eventi.
Il Leviatano non dava alcun accenno di muoversi: le ferite lacerate della sua carne di metallo giacevano contorte ed inguaribili. Senza di esso, non si sarebbe potuto fare nulla: nonostante le sue ottimistiche previsioni che aveva espresso a Kefa, era certo che il Leviatano non si sarebbe ripreso.
Forse, sarebbe stato meglio morire nelle atroci sofferenze dentro alle tenebre corpo malato della Pazza, invece che venir consumato dall'essenza stessa di quel luogo. Sarebbe stato meglio, ma sarebbe anche giunto a breve. Ombre oscure si avvicinavano da Est e da Ovest.
Laran era nel Gelo della Ragione, l'Occhio Verde di Ometeotl: era una follia, essere sopra l'occhio di qualcuno che era di fronte a te, fino a pochi (anni, secondi, minuti, giorni, eoni?) fa.
Ma Ometeotl compenetrava lo spazio a più livelli: la materia era circondata e compenetrata dal vuoto ed il vuoto era Lei.
La palpebra, lentamente, si stava chiudendo: quando sarebbero giunte le tenebre, la carne e l'energia di Laran sarebbero state assorbite e divorate, proprio come era successo a Wotan (e quanti ancora, prima di lui?) per creare ed alimentare l'oscura progenie della Pazza.
Si sarebbe perso poco a poco, in quel corpo vuoto. Un corpo che sarebbe morto, divorato a sua volta dall'Inferno.
Laran fu scosso da una simile prospettiva: Ometeotl aveva un potere energetico inquantificabile, anche per un Signore. Cosa sarebbe successo se il Tartaro ne avesse poco a poco assorbito l'energia infinita che possedeva? Gli Dèi erano cannibali: divoravano i propri morti. L'Inferno era destinato solo per i fallimenti e gli inetti e mai si riempiva: una fame infinita, unita ad un'ambrosia infinita.
Cosa poteva significare?
Solo allora cominciò a capire che, forse, quello di Kefa era stato più di un gesto disperato. Era stato un atto premeditato.
Intanto, le palpebre lentamente si chiudevano. Presto, qualsiasi di quei suoi dubbi e timori non avrebbe più avuto alcuna importanza.
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 Post Posted: 07 Mag 2007 - 17:33     Post subject:

L'ILLUMINAZIONE

"Il relativismo non ha leggi assolute. Neppure questa lo è."

Dedicatosi con tutto il suo Ego all'autocontemplazione, Laran il Ribelle giaceva da tempo incalcolabile in mezzo al nulla.
La Città di Smeraldo restava impassibile allo scorrere del tempo. Laran sentiva, invece, il peso di ogni attimo che gli passava nella carne: sempre meno energia, sempre più distruzione.
Era dunque quella la vera natura del proprio potere?
Un continuo deterioramento senza alcuno scopo... era dunque quello che era rimasto dei Signori? Solo un misero parassita dell'universo, che si lasciava morire ignomiosamente, perchè il suo organismo ospite aveva deciso di fare altrettanto?
Se era vero, allora la sua fine era degna di una tale risma.
La Palpebra della Pazza lentamente si stava chiudendo: l'oscurità giungeva da Est e da Ovest, lenta ma inesorabile. Presto sarebbe stato inghiottito e la morte sarebbe sopraggiunta. Sarebbe piombato negli Inferi, una di quelle poche realtà planari create dall'antico Dio che non potevano essere fagocitate dai voraci derelitti dei Signori. Il Dio aveva creato gli Inferi come una tomba per tutte le sue creature. Alcune profezie affermavano che una volta che il Multiverso fosse stato vuoto e gli Inferi colmi, il Dio sarebbe tornato a portare nuova vita.
Una voce tuonò nell'aria, spezzando lo smeraldino silenzio della città. Voce di uomo e di Dio. Voce estranea alla lenta pazzia che dilaniava Laran.
<Che fai qui, inerme e disperato, Laran Signore della Ribellione?>
Gli occhi di Laran s'alzarono lentamente e lo vide: il nome sibilò con beffarda ironia dalle sue labbra.
<Sethesh...>
<Lieto di vedere che ti ricordi di me.>
La creatura antropomorfa si sedette di fronte a lui: la testa di mostro sbuffò ed i suoi occhi gialli come il sole lampeggiarono, mentre si guardava intorno.
<Spettacolo sgradevole. Incredibile come una Signora possa ridursi...>, commentò.
<Che cosa vuoi?>
<Godermi la tua morte, traditore. Presto l'Universo dimenticherà la presenza di voi parassiti.>
Una risata scosse l'aria.
<Ci saranno sempre nuovi parassiti. Tu ne sei un degno esempio.>
<La tua stirpe è spezzata. Gli altri Dèi sono morti. Resto solo io! Ho forgiato una nuova forma del Multiverso, una forma immortale!>
<Sei pazzo. L'immortalità non è di questo mondo.>
<Credo che tu te ne accorgerai a breve, Non-Signore.>
E sparì nella notte. Le tenebre erano finalmente giunte. Il cielo era solo una fessura di luce verde, che piano piano si sigillava.
<Eccomi, dunque...>, pensò Laran.
E mentre la luce spariva, Laran ebbe finalmente quel che cercava: l'Illuminazione Improvvisa, la risposta dei suoi dubbi.
Capì finalmente qual era l'origine del suo potere: ce l'aveva avuta sempre sotto gli occhi ed ora risplendeva nelle tenebre che gli laceravano la carne.
<Io sono Laran! Io sono il Signore della Ribellione! Io mi ribello a tutto questo!>
Le sue parole si persero nelle oscurità del Vuoto.
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 Post Posted: 23 Mag 2007 - 20:15     Post subject:

ESCURSIONE MENTALE

"Nel Caos risiede il vero potere. É il Caos il vero Dio che può fare miracoli. Cos'è un miracolo? Un evento impossibile e raro. Immaginate lamiere contorte colpite da un fortissimo uragano. Immaginate che queste ricadano a terra e formino un palazzo di dieci piani. Non è forse un miracolo? Il Caos può fare tutto questo."

Kefa aprì gli occhi... il nero di tenebra l'avvolgeva. Sentiva caldo. Non sentiva dolore. Era forse quella la morte? Se era così, allora non era poi tanto male...
<Fratello...>, chiamò una voce proveniente anni-luce di distanza... ma che significato avevano gli anni-luce nelle tenebre?
<Sorella...>, rispose lui: la presenza di lei era capace davvero di vincere anche le catene degli Inferi? Allora, la sua era stata una mossa inutile?
<Io sono ovunque, ed in nessun luogo. Noi abbiamo lo stesso sangue, fratello mio. Noi abbiamo lo stesso destino sulle spalle...>
Era davvero Ometeotl? No, non sembrava... era come...
<Nyx?>
Era follia, impossibile: la sua antica sorella... era davvero lei, oppure un tranello di quella degenerata creatura...
<No, solo la sua ombra...>
<L'ombra?>
<Quando decisi di entrare nel canale, la mia coscienza si spezzò in miriadi di frammenti, distrutta da quell'immane potere...>
<E rinascesti come Ometeotl...>
<Ma ora il potere del Caos si è ridotto.>
<Ma dove sei?>
<Sono poco più di un ricordo dentro di te, fratello mio.>
Kefa sussultò.
<No, non può essere!>
<La mia identità è stata distrutta, come castelli di sabbia dal vento. Ora sono rimasti solo pochi granelli. Tuttavia, questi granelli hanno visto e sentito la magnificenza e la grandiosità dei cieli. Ho abbracciato tutta la complessità del Multiverso. É questo che mi distrusse e mi illuminò...>
<Nyx, che sta succedendo?>
<Setesh ci ha ingannati tutti: anche il povero Wotan. Ora è lui il nuovo Signore. Ha riforgiato il Multiverso a sua immagine e somiglianza, ha ricreato un nuovo Karma per poter ottenere energia... è nata la Djed, la Colonna, dalle spoglie dell'Yggdrasil. Setesh ha fermato l'entropia ed i nostri poteri...>
<Impossibile...>
<Infatti. Sempre lentamente, come acqua contro gli scogli, i nostri poteri stanno minando il tirannico macchinario di Setesh. Presto, si aprirà una breccia...>
<E che accadrà?>
L'apprensione di Kefa saturò l'aria.
Nessuna risposta e il Sognatore iniziò ad aver paura.
<Nyx, cosa succederà?>, urlò.
<Difficile a dirsi. Troppe variabili ed io... io non sono più Nyx. Della tua sorella è rimasto solo il nome ed il ricordo. Forse, sarebbe meglio che ti dimenticassi di lei, ma è impossibile. Accetta di averla perduta e di aver trovato me...>
Kefa rimase in silenzio: per eoni s'era convinto d'aver accettato di averla perduta, arrivando perfino ad odiare quell'abbietta forma in cui era contenuta. Tuttavia, si sentì lacerare il petto quando udì quelle parole...
Per un attimo sentì freddo ed ebbe ancor più paura.
<NYX!!! NON TE NE ANDARE!>
<Non me ne andrò mai... io sono ovunque, ed in nessun luogo, ma sarò sempre qui...>
Le parole si persero nel buio e Kefa, il Custode di Chiavi, dopo millenni pianse lacrime amare.
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Dune Italia Forum Index » Alla Taverna del Falcone Rosso » Kahlixe
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Citazioni

Quando arriveremo a Onn, le lacrime si saranno asciugate e sui loro volti sarà dipinto il sorriso. Credono che io li disprezzi! Cosa importa? E' un'angoscia passeggera tra coloro che hanno una vita breve e brevi pensieri.

-- Leto II (L'Imperatore-dio di Dune - cap.17 - pag.124 - Ed.Nord)