Frank Herbert’s Children of Dune
Il libro e la miniserie di SciFi Channel
Andrà in onda anche in Italia la seconda miniserie tratta dalla saga di Dune, Children of Dune. Quanto è arrivato sul piccolo schermo del fascino dei libri da cui è tratta?
I must not fear.
Fear is the mind-killer.
Fear is the little-death that brings total obliteration.
I will face my fear.
I will permit it to pass over me and through me.
And when it has gone past I will turn the inner eye to see its path.
Where the fear has gone there will be nothing.
Only I will remain.
Nel 2000 SciFi Channel si lanciò nell'ambizioso progetto di realizzare una miniserie televisiva dal romanzo Dune di Frank Herbert. Come gli appassionati di fantascienza sanno, l'opera di Herbert è stato il primo ad affrancarsi dall'etichetta di un genere che si voleva minore e scontato. Ha mantenuto la propria unicità inalterata nel tempo e negli oltre trentacinque anni dalla sua pubblicazione è diventato un punto di riferimento obbligato per la fantascienza letteraria e cinematografica. La straordinaria creatività , la padronanza dell'invenzione fantastica dell'autore, i riferimenti culturali e la profondità dei temi propri del romanzo rendono ancora oggi l'opera di Herbert un riferimento obbligato del genere, spesso usata (o abusata) per la promozione di autori indicati come supposti eredi dello scrittore.
I produttori di SciFi Channel hanno avuto il coraggio di aver proposto per la prima volta l'opera su piccolo schermo e la lungimiranza di aver intuito quanto gli appassionati di Herbert sognassero e temessero in ugual misura le trasposizioni del libro, soprattutto dopo il film di David Lynch. In questo caso la televisione è riuscita là dove il cinema non aveva raggiunto il risultato sperato e Frank Herbert's Dune è diventato il maggior successo del network, spingendo i produttori a continuare la trasposizione della saga omonima con la realizzazione di un'altra miniserie basata sul secondo e terzo libro della serie, rispettivamente Messia di Dune e I Figli di Dune (da cui la produzione prende il titolo. Per evitare confusione indicherò la produzione televisiva usando il titolo originale). I romanzi concludono la saga iniziata con l'arrivo di Paul Atreides su Arrakis ponendo le basi per il volume successivo, L'Imperatore-Dio di Dune, in cui l'universo creato da Frank Herbert muterà molto.
Nonostante entrambe le miniserie abbiano avuto un forte riscontro di pubblico Frank Herbert's Children of Dune ha subito il destino comune a molti sequel ed è stata — a torto — abbastanza ignorata dalla critica e dai recensori. Gli eventuali neofiti dell'universo di Dune mi scuseranno se darò per assunta una certa familiarità con l'opera Herbert ma tracciare un veloce quadro dei cinque libri che compongono la saga di Dune è praticamente impossibile.
— Migliaia di anni di pace, — replicò Leto — Ecco cosa darò loro.
— Ristagno! Istupidimento!
— Naturalmente. E quelle forme di violenza che io permetterò. Sarà una lezione che l'umanità non dimenticherà mai.
(da I Figli di Dune, Editrice Nord 1977, trad. di G. Cossato e S. Sandrelli)
Che risultati avrà la lezione di Leto si scoprirà nel quarto libro della saga, da cui SciFi Channel al momento non sembra intenzionata a trarre una miniserie.
E ancora, il rapporto tra i due gemelli è molto più paritario nel libro che nella miniserie. Harrison ha fatto di Leto il protagonista principale alterando il binomio tra lui e la sorella che Herbert al contrario mantiene attraverso tutto il romanzo. Il ragazzo originariamente ha un ruolo più attivo, ma non più importante di Ghanima, che ne è la perfetta controparte riflessiva. In Frank Herbert's Children of Dune Ghanima ha comunque un ruolo cardine ma, a causa dei tempi e dei meccanismi narrativi propri della televisione, è meno approfondita in favore di Leto, cui cede alcune tra le battute migliori del romanzo.
Dopo le critiche, veniamo ora ai successi della produzione. Fiore all'occhiello della miniserie sono gli effetti visuali e i risultati ottenuti dagli artisti al lavoro dietro le quinte; guardando I Figli di Dune non si può fare a meno di restare catturati dal mondo che sono riusciti a portare sullo schermo. Le calde luci dorate di Arthur Reinhart sono perfette per illuminare i deserti di Arrakis, assolutamente credibili sebbene quasi tutti realizzati in computer graphics. La musica originale di Tyler, le scenografie di David Mateà sko e i set di Mari Raskova concorrono alla realizzazione di una produzione televisiva di qualità rara, ulteriore dimostrazione che ormai il piccolo schermo può uguagliare in ricchezza produttiva il cinema. Alcune ingenuità negli effetti speciali e nei costumi non penalizzano un risultato finale visivamente incantevole.
L'uso della luce in particolare scandisce il ritmo di una narrazione che sembra adattarsi al susseguirsi dei diversi ambienti, facendosi più pacata nelle scene ambientate alla luce abbacinante dei paesaggi desertici, più serrata all'interno dei palazzi e un po' inquietante nei sempre misteriosi Sietch dei Fremen. Splendida soluzione creativa degli autori, questo walzer narrativo incanta lo spettatore riuscendo a comunicare esattamente quella sensazione di fluido alternarsi di personaggi e situazioni che si ha leggendo il romanzo.
Le vere rivelazioni della miniserie sono comunque i giovani attori che interpretano i gemelli protagonisti, James McAvoy (Leto) e Jessica Brooks (Ghanima): entrambi poco più che ventenni, interpretano i figli di Paul Atreides all'età di circa sedici anni. Nel libro i bambini hanno in realtà solo nove anni, cosa che esaspera il senso di alienazione che li circonda a causa della loro condizione di pre-nati. Tra gli altri protagonisti ricordo la Lady Jessica dell'ottima Alice Krige, interpretata con estrema raffinatezza e attenzione e Susan Sarandon, grande attrice, nei panni di Wensicia Corrino forse a lei poco congeniali.
Tornando ai gemelli, non si può evitare di pensare che l'età dei protagonisti sia stata alzata almeno in parte per la precisa volontà di comunicare meno disagio nella descrizione di un rapporto che supera i normali legami fraterni. Infatti, anche se i due non hanno mai un'intesa fisica condividono le memorie dei loro famiglia per decine di generazioni, incluse quelle dei loro genitori, e sono uniti da un legame difficilmente classificabile. Nel libro questo speciale "senso di appartenenza" è trattato esplicitamente più volte, mentre nella miniserie i riferimenti scompaiono e la comprensione del senso di complicità e di perfetta complementarietà tra i personaggi dipende unicamente dalla bravura di James McAvoy e Jessica Brooks, entrambi ottimi nei loro ruoli. I due sembrano aver colto il libro alla perfezione offrendo a noi spettatori un Leto intrigante ed efficace e una Ghanima dolce e intelligente, saggia e attenta.
In conclusione, per quanto suscettibile di critiche il lavoro di John Harrison resta forse il più attento tentativo di trasposizione su schermo di una grande storia di fantascienza letteraria. A lui va riconosciuto il merito di aver promosso una sfida rischiosa integrando creatività e rispetto per l'opera originale, un buon cast e una buona troupe. Se altri produttori decidessero di tentare altrettanto la televisione potrebbe offrire produzioni di maggior qualità . _________________
Ottima recensione, diciamo che ha saputo cogliere perfettamente gli aspetti negativi e positivi della nuova miniserie... non ci resta altro che aspettare di visionarla