Posted: 05 Ott 2004 - 23:26 Post subject: Post subject: Quando la piuma d'oca toccò il foglio del nostro cuore...
Sembrerà strano, eppure in secoli e secoli di Storia della mia casata, nessuno è mai stato un Letterato.
Eppure, io che ho sempre scritto, mi sono reso conto che c'è una cosa fondamentale ke spinge me, e tanti altri, a formulare pensieri, e vergarli su un foglio pergamena: la comprensione degli altri.
Interrogandomi mi sono reso conto che le cose, a mio parere più belle, che ho scritto, le ho scritte xkè c'era qualcuno che le ascoltava, si emozionava, le commentava... Ragazzi... questo è lo scopo della comunicazione, far provare le stesse emozioni, farci capire che non siamo "soli", renderci conto che c'è qualcuno che la pensa come noi, e che comprende il nostro essere... ne abbiamo bisogno, e andiamo talmente cercando questo tipo di persone che ci "innamoriamo".
La comprensione... che grande invenzione dell'umanità.
E allora, quando regalate un libro, ricordate ke regalate le vostre emozioni... quando scrivete un'email, un sms, una lettera, quando sorridete, state regalando le vostre emozioni; è questo il motivo che mi ha spinto a creare questo post, dove tutti possono scrivere quello che ci pare, certi ke qualcuno, anche a 500km di distanza, starà condividendo gli stessi momenti, le sesse commozioni che abbiamo provato noi... anche mille anni fa...
03-10-2004
"Non si può prendere una persona e dirle che tutto quello in cui crede è errato. Non puoi convincerla a non dispensare sogni alla sua mente. Il valore di una morale laica, da te edificata, è forse la cosa più preziosa e gratificante che hai. Non potrai mai convincere che una lurida moneta sia più fondamentale di un amico... di un amore...
Puoi comprati un veliero antico e fare il giro del mondo... mai tanta cosa è più sognata. Ma rifletti un attimo, solo per un secondo; Cosa sarebbe uscire in coperta ad osservare le stelle, e non aver nessuno con cui condividere il silenzio di cotanta maestà? Sarebbe il nulla... il vuoto nella tua essenza.
Probabilmente abbiamo una pecca enorme: noi abbiamo BISOGNO di condividere le nostre emozioni e di farle capire... di far emozionare come ti sei emozionato tu, in prima persona. E' un grande difetto, ma uno dei più bei pregi che l'uomo ha. Attraverso esso, impariamo a vivere davvero, a separare la Logica dal Sentimento, perchè è questo imparare a vivere. Allora... ama... abbi i tuoi valora... e non avere paura di perderli, perchè sono tuoi e tuoi soltanto; non puoi far altro che aprirli ad un nuovo mondo, e ad un altro ancora... solo così sarai davvero appagato e potrai ritenerti felice. Emozionati quando vuoi... osserva il sorriso di un amico e giosci di un semplice contatto che ti indica comprensione e sintonia. Ecco cos'è vivere. Non siamo fatti per la solitudine. Essa è priva di qualsiasi forsa mi espressione e comunicazione, e noi non siamo altro che Amore, Creatività e Comunicazione, qualsiasi cosa tu voglia credere di te stesso...
Ricordalo sempre..."
Urka... meno male a tavola non ne ho sentito parlare Ero a chiacchierare con il mitico Borg!!!
Tornando serio, è proprio vero quello che dice il Duca! Anche in questi messaggi è bello intravedere non solo discorsi campati in aria, ma voglia di comunicare, far gruppo, crearsi nuove amicizie e provare nuove sensazioni!
A proposito, ringrazio Sihaya per aver creato 6 anni fa questo sito e per non aver demorso (si dice così?!?)... anche perchè trovare delle persone che hanno una stessa passione non è facile... e ancor meno se questa passione è Dune!!!
In effetti abbiamo a cena celiato non poco con il nostro simpatico Duca, su questo intervento. In realtà merita tutta la nostra attenzione questo thread
Aggiungo due righe che scrissi un pò di tempo fa....
P.S: grazie a te, Ale, di tutto, di ogni singolo istante. Adesso siamo qui, ed è, per una volta posso dirlo, bellissimo
11.09.2002
Vuole essere un ricordo, come molti di altri, oggi. Nonostante abbia i miei morti, nonostante anche oggi si muoia a sud, soprattutto, ma non solo, la distanza tra sconosciuti è stata d'improvviso colmata, percorsa con la stessa violenza con la quale la terra ci attira a se, con la medesima avida voracità di vuoto con la quale le rotative sentenziano di altre storie, di questa storia diversa, addirittura dis-torta come da secoli di questa città la torre della piazza benedetta da un qualche dio distratto o confuso; non piegate, semplicemente annichilite e di nuovo il loro tramontare nel divenire nulla. Gioisce il fratello ' lui può farlo, è libero di farlo - e lo vedo di-verso come sarà apparso capovolto il mondo a chi scelse tra elementi feroci, l'aria e il fuoco; domani festeggerà e pregherà verso sud, dove si muore, ma non solo. Facilmente beneficiamo delle possibilità offerte dai sacrifici altrui e ne facciamo uso in totale libertà - mi viene da pensare. Siamo vecchi, però, oramai, al punto da non ri-conoscere i nostri padri, imbiancati d'improvviso o ridotti in cenere, in quel luogo terrestre, in quel tempo ricorrente dove il colore della pelle non ha senso, perché uno, qualsiasi, difetta. Quale gloria oscurare il cielo, oramai soli senza sole; quale gloria conquistare l'aria, librarsi in volo, Icaro, raggiungere dio, morire per lui, portarci tutti con te. C'è anche chi ascese senza ali, senza la paura che uccide la mente, con una fede tutta umana a salì rapidamente i suoi piani d'esistenza fino a che essa non si dileguò d'improvviso lasciandoli; tutti uguali, tutti assieme. Altri votarono liberamente la propria notte, liberamente, con la stessa fede tutta umana.
Oggi non uscirò; se vorranno verranno da me. Ancora leggerò quelle incredibili pagine dove mi si assicura che nulla è accaduto. Povero fratello. _________________ "Sono un viandante sullo stretto marciapiede del mondo, e non distolgo lo sguardo dal tuo volto, che il mondo non mi svela"
Io Odio il passato...
Esso ci tiene imprigionato nelle sue spire, ci tiene incatenati a qualcosa che non esiste più. Perkè nn riusciamo a recidere questo legame?
Perkè siamo così attratti da oggetti, pensieri, parole che appartengono ai nostri ricordi?
Perkè siamo così sadici da soffrire, pur di non gettare al vento una nostra emozione? Il passato è parte di noi, è più importante del presente che stiamo vivendo ora, in questo preciso istante. Più grande diventi, più ricordi la tua mente assimila, più dolori da sopportare hai, relegati in un angolo del tuo cuore, poikè potrebbero prendere il sopravvento sulle belle ed amorevoli passioni che mantieni, e renderti schiavo di un dolore che cerchi di arginare. Non posso far altro ke odiarti, passato, perkè sei tu che mi rendi la vita complicata e difficile; sei tu che rendi inutile ogni mio tentativo di riscossa; sei tu che mi fai rimanere sospeso nel vuoto, facendomi rischiare di cadere ad ogni soffio. Ti odio, eppure, sei tu ke mantieni in vita anke i miei ricordi più belli, che mi danno la forza di sorridere quel tanto ke basta, a riprendere ogni mia attività, fisica e mentale... ed è per questo ke ti odio e ti amo contemporaneamente.
Joined: 13 Set 2004 Posts: 1975 Location: Ornago, e dove sennò?
Posted: 30 Ott 2004 - 20:15 Post subject:
Non è un pezzo molto profondo, ma è uno dei miei migliori testi brevi.
Il sole splendeva. E la folla aspettava. La popolazione della terra era ridotta ai minimi termini. Il caldo li aveva uccisi. Quel caldo che già era apparso in antichi testi, ma che nessuno aveva ascoltato. "La ruota gira, e tesse come vuole" disse fra sè e sè Psyluke (scusate, ma ho il vizio di mettermi ovunque) citando un altro antico testo. Anche lui aspettava insieme alla folla. Il Gran Vecchio doveva parlare. Lo aveva annunciato, e quando lui lo annunciava, manteneva le promesse. Intanto il sole splendeva, anche troppo, e stava arrivando a mezzogiorno. Molti non avrebbero resistito per molto.
Infine, il Gran Vecchio si rivelò. Era troppo caldo perchè la folla acclamasse. E lui non dovette fare lo sforzo di chiedere il silenzio.
Disse, con più voce possibile: "Dio si è rivelato!" questa volta, ci fu un acclamazione. Era la notizia che tutti aspettavano ma presto sarebbero stati delusi. Infatti il Vecchio proseguì: "Questo vuol dira solo una cosa" - il silenzio si riformò - "che il mondo è veramente prossimo alla fine". Questa volta ci fu un urlo di dolore. Molti pensavano che ci fosse una salvezza, ma le loro speranze furono deluse. Il vecchio proseguì; "Ecco cosa mi ha detto" e cominciò a parlare. Il discorso non fù lungo, ma molti non arrivarono alla fine. Il caldo risparmiava solo i più forti. Nessuno venne soccorso. Tutti sapevano che non si potevano salvare. Mezzogiorno stava arrivando, e, finito il discorso, in un ultimo sforzo, il Vecchio disse: "Eppure, questa disgrazia l'avevano già prevista, 5 miliardi di anni fà!" e spirò. Ci fu sconforto tra i pochi rimasti. Ora che era morto il Gran Vecchio, tutti erano pronti alla fine del mondo, coscienti della verità assoluta, di Dio.
E il sole splendeva, a mezzogiorno, sempre più forte.
Composto mentre attendevo il mio turno al frantoio...
Immagini confuse s'affollavano senza una sequenza logica. Giornate piovose e tramonti infuocati, albe ridenti e notti stellate. Comunità di indigeni in rapporti pacifici con villaggi Zensunni, floridezza di commerci e prosperità demografica. Giochi spensierati all'ombra di Alberi Linden e di Mish-mish, giochi d'acqua in fontane dai suoni cristallini, sensazioni di pace e serenità.
Lampi dal cielo, frastuoni metallici e secche grida straniere. Urla di dolore per improvvise punture di dardi anestetizzanti, confusione generale in una fuga disordinata. Alte ed oscure figure minacciose avanzavano decise con armi spianate tra i numerosi corpi esanimi sparpagliati tutt'intorno. Neri velivoli di metallo s'abbassavano come avvoltoi su quelle che erano ormai da considerarsi le prede di una incursione di schiavisti in cerca di manodopera a costo zero.
Harmonthep, Poritrin, Rossak e tanti altri pianeti con gli stessi dolori, le stesse tragedie, ripetute ossessivamente in un tragico copione consolidato nel corso dei secoli.
Perchè, in nome della Sacra Vita Umana, perchè queste torture, umiliazioni, deportazioni che causano migliaia e migliaia di morti innocenti ogni volta?
Per chi è immerso nello Scenario della Vita, nel Grande Gioco dell'Umanità, non v'è risposta lontanamente soddisfacente che possa lenire questo cumulo immenso di dolori, ognuno dei quali urla vendette riparatrici.
Tre sono le principali strade che si seguono per non impazzire: la prima, divenire al contempo un "Bakka", colui che piange per l'Umanità tutta ed un "Fedaykin", l'Eterno Combattente dei torti, prigioniero in una "cherem" eterna, una fratellanza d'odio vendicativo, nel vortice sanguinoso d'una jihad interminabile.
Oppure la seconda, il rischioso estremo opposto, il totale cinico indifferente, granitico e grigio simulacro di pietra di colui che si è astratto, estraniato dal gioco delle parti in causa, delle prede e dei predatori. Un freddo corpo dal cuore morto (col segreto e sepolto terrore d'un coinvolgimento emotivo), con la rigida freddezza di un ghola senza sentimenti, un triste fantasma senza futuro.
Flebile ago della bilancia, in precario equilibrio tra due abissi di cupa disperazione, una Terza Via, un solitario sentiero battuto dagli ululanti venti del deserto di Zan, la visione Zensunni, in cui si ha la piena coscienza del nostro dibattersi senza uno scopo apparente nelle maglie spaziotemporali di un universo fittizio, un grande gioco virtuale dove ognuno di noi recita la sua parte, il suo ruolo teatrale, di nobile o di schiavo, di carnefice o di vittima, di buono o di cattivo, di colpevole o di innocente, in una danza dualistica dove si scontrano sempre due opposti, il bianco e il nero, la luce e la tenebra.
La visione del Nomade Zensunni realizza nel suo concepimento finale, il disegno del Tao, nel quale la dualistica "realtà" è composta di due blocchi contrapposti, uno scuro e l'altro chiaro, ma si è coscienti che nel massimo fulgore della Luce s'annida un punto buio, un nucleo d'Oscurità e che nella più tetra profondità della Tenebra sopravvive invincibile un punto chiaro, un Seme di Luce.
Nel grande Gioco della Vita, i due Opposti sono interdipendenti, nessuno di loro può sopravvivere senza l'altro.
La Luce non può fare a meno della della Tenebra.
La Tenebra ha bisogno della Luce.
Entrambi si evidenziano reciprocamente nel Tutto-Uno.
Sacro Dovere del Nomade Zensunni è di portare ovunque sia possibile, nelle vaste lande dell'Universo Conosciuto, tale concezione del mondo, illuminando con ogni sforzo possibile, le regioni più fosche e più buie delle esistenze dei Fratelli e delle Sorelle Umani, impantanati nella limacciosa palude del dualismo apparente, aiutandoli a liberarli con una parola, un gesto di conforto, un concreto aiuto di speranza per risollevare lo spirito abbattuto, per contribuire a spezzare le catene dei ceppi dualistici ed "...uscir fuori a riveder le Stelle". _________________
"Esiste una stanchezza dell'intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la stanchezza dell'emozione. E' un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di respirare con l'anima.
Allora tutte le idee che hanno fatto pulsare la nostra vita, i progetti, le ambizioni su cui abbiamo fondato la speranza del futuro, si strappano come se il vento le investisse, si aprono come se fossero nuvole, si dileguano come ceneri di nebbia, stracci di ciò che non fu e che non potrebbe essere stato. E dietro alla disfatta sorge, pura, la solitudine, nera e implacabile del cielo deserto e stellato. Il mistero della vita ci addolora e ci spaventa con tutti i suoi volti. A volte piomba su di noi come un fantasma senza forma e l'anima si raggela per lo spavento più terribile: la paura dell'incarnazione mostruosa del non-essere. Altre volte esso sta alle nostre spalle, mostrandosi soltanto quando non voltiamo la testa per guardarlo, ed è la verità tutta intera nel suo profondissimo orrore di non conoscerla.
Ma questo orrore che oggi mi annichilisce è meno nobile, è più corrosivo. E' il desiderio di non voler pensare, è il desiderio di non esser mai stato nulla, è la disperazione consapevole di tutte le cellule del tessuto dell'anima. E la sensazione improvvisa di essere imprigionato in una cella infinita. Dove si può pensare di fuggire, se la sola cella è tutto?
E allora ho un desiderio dilagante e assurdo, come un satanismo precedente a Satana: che un giorno, un giorno privo di tempo e di sostanza, sia possibile evadere da Dio, e che, in una forma ignota, il più profondo di noi non appartenga più all'essere o al non essere."
"Mi sono sentito inquieto. Il silenzio aveva cessato d'un tratto. All'improvviso si è spezzato un giorno infinito di acciaio. Mi sono piegato sul tavolo come un animale, con le mani come artigli inutili sul legno levigato. Una luce senz'anima era entrata negli angoli e negli animi e un suono di montagna vicina era precipitato dall'alto, strappando con un grido il velo duro dell'abisso. Il mio cuore si è fermato. La gola mi pulsava. La mia coscienza ha visto solo una macchia di inchiostro su un foglio di carta."
Tratto da "Il Libro dell'Inquietudine" di Fernando Pessoa.
"Tu sei la rappresentazione tangibile del mio fallimento, e noi uomini odiamo osservarlo. Ci penetrà nel cuore, rendendoci greve ogni passo o parola. L'unica soluzione è ritirarsi nelle proprie passioni, perchè le partite perse non possiamo più recuperarle... mai più... e allora non ti rimane che soffrire giovane uomo... soffri, perkè me lo merito più di ogni altra cosa..."
Spesse notti, mi trovo ad ammettere a me stesso, il bisogno di un fratello... ed è un desiderio così puerile che molto spesso me ne vergogno, ed è così impellente che cerco di trovare il suo volto ed il suo bene negli amici, legandomi ad essi come se lo fossero.
Forse è per questo che detengo uno spiccato senso dell'amicizia, richiedendo spesso tante di quelle attenzioni da sembrare egocentrico... Ma quelli, sono soltanto spasmi di colui che non potrà mai avere l'amico eterno...
No... non è di certo la prima volta che mi accade di parlare con la città dormiente, ma rimane sempre un'esperienza chiarificatrice, che trovo stupenda.
Ieri notte ho parlato con te e per lunghi minuti hai avuto la pazienza di ascoltarmi. In un lampo ho voluto mostrarti i miei mondi, le mie paure... ma soprattutto le innumerevoli sfaccettature del mio Io più lontano...
di rimando, tu, mi hai fatto comprnedere a fondo quanto io sia cambiato, quanto il dinamismo sia diventato parte primaria della mia vita, relegando la staticità in parti della coscienza ampiamente inaccessibili.
Mi hai sussurrato, facendomi sentire meno solo nell'aria notturna di una notte che sembrava non finire mai.
Mi hai confortato, sentendo i miei sfoghi, le mie colpe che evitano di farmi camminare tranquillo su questa terra.
Questa volta non c'erano finestre su cui sedersi ad aspettare... quaesta volta si camminava... si camminava col pensiero tra le strade tue.
Ed ora... ora non posso fare a meno di prendere atto del fatto che non sono più quello di prima, e che la stabilità che tanto credevo di cercare, in realtà, la distruggerei soltanto se l'avessi, perchè mi farebbe sentire meno vivo.
Ora, che ti ho mostrato me stesso nelle più svariate forma, posso dirti di aver lasciato qualcosa di me nel cuore cittadino.
Grazie Firenze