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 04-Mag-2011  Stampa la pagina corrente  Mostra la mappa

Mek Espiatorio

Il Gobb
DUNE
Mek Espiatorio
Una storia della Jihad Butleriana
 
di Brian Herbert e Kevin J. Anderson 
 
 
Quando giunse la nave corazzata della Jihad la popolazione di Giedi Primo credette di dover ricevere notizie di una grande vittoria contro le crudeli macchine pensanti. Ma con una semplice occhiata al vascello, sfregiato dai segni della battaglia, il giovane Vergyl Tantor capì che la difesa della Colonia di Peridot non era affatto andata come previsto.

Vergyl si fece strada attraverso gli affollati confini dello spazioporto di Giedi Primo, spintonando i soldati che, al suo pari, erano stati inviati lì come truppe di terra: reclute con le divise verdi e gli occhi sgranati oppure veterani troppo in là con gli anni per essere spediti in battaglia contro i robot da combattimento di Omnius. Il cuore gli batteva nel petto al ritmo di un pistone.

Pregò che suo fratello adottivo, Xavier Harkonnen, fosse tornato sano e salvo.

La malconcia nave da guerra atterrò pesantemente nel perimetro di attracco, come una bestia marina morente su una scogliera. I grandi motori, raffreddandosi dopo la rovente discesa attraverso l'atmosfera, sibilavano e si lamentavano.

Vergyl esaminò le cicatrici annerite sulle piastre dello scafo e provò ad immaginare le armi cinetiche e i proiettili ad alta energia che i robot da combattimento avevano usato contro i coraggiosi difensori jihadi.

Vergyl avrebbe fatto la sua parte, se solo fosse stato lì fuori anche lui. Ma Xavier - il comandante delle truppe impegnate nel conflitto - sembrava intenzionato a combattere contro l'impazienza di suo fratello con tanta caparbietà e costanza quante ne metteva nel combattere il nemico meccanico.

Quando i sistemi di atterraggio ebbero finito di assicurarsi a terra si aprirono dozzine di portelli sulla parte bassa dello scafo. Ne emersero dei comandanti della Jihad di basso grado urlando richieste di assistenza. Tutto il personale medico qualificato era stato chiamato lì dalla città; altri ancora erano stati portati con le navette dai diversi continenti di Giedi Primo per soccorrere i soldati feriti e i coloni portati in salvo.

Furono montate stazioni di accertamento e pronto soccorso diagnostico sul terreno dello spazioporto. Il personale militare ufficiale fu esaminato per primo, dato che aveva messo a repentaglio la propria vita per combattere l'immensa lotta iniziata da Serena Butler. Le loro uniformi cremisi e verdi erano macchiate e rammendate malamente; era chiaro che non avevano avuto la possibilità di ripararle durante le molte settimane di viaggio dalla Colonia di Peridot. I mercenari ricevettero un trattamento a priorità più bassa, insieme ai rifugiati della colonia.

Vergyl si affrettò per dare una mano insieme agli altri uomini delle truppe a terra, con gli occhi neri che danzavano avanti e indietro in cerca di risposte. Doveva trovare qualcuno che gli potesse dire cosa era successo al Segundo Harkonnen. La preoccupazione gli ronzava in testa mentre lavorava. Forse andava tutto bene... ma se invece suo fratello maggiore era stato ucciso in una sortita eroica? O se era ferito, ancora a bordo della nave ammaccata, rifiutando aiuto per sé finché tutto il personale non fosse stato soccorso? Entrambi questi scenari sarebbero stati consoni al carattere di Xavier.

Per ore Vergyl rifiutò di rallentare, incapace di afferrare pienamente attraverso cosa erano passati questi combattenti della Jihad. Grondante ed esausto, lavorò fino a cadere in uno stupore simile alla trance, eseguendo gli ordini, aiutando uno dopo l'altro tutti i rifugiati feriti, ustionati, disperati.

 

Le conversazioni mormorate che ascoltò gli dissero che l'assalto furibondo aveva spazzato via la piccola colonia. L'Armata della Jihad aveva mandato dei difensori fin lì quando le macchine pensanti avevano tentato di assorbire l'avamposto nei Mondi Sincronizzati.
Quella della Colonia di Peridot era stata appena una schermaglia, comunque, così come molte altre nella dozzina d'anni da quando Serena Butler aveva spinto l'intera umanità a
combattere per la propria causa, dopo che le macchine pensanti avevano trucidato il suo
bambino, Manion. Il figlio di Xavier.

 

Il flusso e riflusso della Jihad aveva causato ingenti danni a entrambe le parti, ma nessuna delle due forze in campo era riuscita a giocare una mano risolutiva. E le macchine pensanti continuavano a costruire nuovi robot da combattimento, mentre la perdita di vite umane non poteva essere tamponata. Serena teneva discorsi appassionati allo scopo di reclutare nuovi soldati per la sua guerra santa. Erano morti così tanti combattenti che la Jihad non rendeva più di dominio pubblico la cifra. La lotta era tutto.

Seguendo il Massacro di Honru sette anni prima Vergyl aveva insistito per potersi unire lui stesso all'Esercito della Jihad. Lo considerava suo diritto come essere umano, anche senza tenere in conto la sua relazione con Xavier e il bambino martirizzato, Manion. I suoi genitori avevano tentato di convincerlo ad aspettare nella loro tenuta di Salusa Secundus fino ai diciassette anni, ma Vergyl non ne volle sapere.

Tornando da Salusa dopo una difficile schermaglia Xavier aveva sorpreso i suoi genitori proponendo una liberatoria che avrebbe permesso al troppo giovane Vergyl di cominciare l'addestramento nell'esercito. Il ragazzo aveva fatto i salti di gioia di fronte a questa opportunità, ma non immaginava che Xavier avesse i suoi piani. Il Segundo Harkonnen, con fare iperprotettivo, si assicurò personalmente che Vergyl ricevesse un incarico tranquillo e sicuro, di stanza su Giedi Primo dove poteva dare una mano con il lavoro di ricostruzione - e dove sarebbe stato lontano da qualsiasi battaglia contro il nemico robotico.

Ora Vergyl era a Giedi City da anni, crescendo un poco di grado fino a secondo decero nella Brigata Costruzioni... senza mai vedere un po' d'azione. Nel frattempo la nave da guerra di Xavier Harkonnen andava di pianeta in pianeta, proteggendo l'umanità libera e distruggendo le legioni meccaniche della eterna mente computerizzata di Omnius...

Vergyl smise di contare i corpi che trasportava. Sudando nella sua uniforme verde scuro il giovane ufficiale delle Costruzioni stava portando una barella improvvisata insieme a un civile, su cui giaceva una madre ferita che era stata recuperata dal suo prefabbricato in rovina su Peridot. Donne e bambini di Giedi City sciamavano fra il personale di assistenza e i feriti, offrendo cibo e acqua.

Finalmente, nel pomeriggio torrido, un ruvido clamore penetrò la concentrazione maniacale di Vergyl, che posò la barella nel mezzo di una unità di soccorso. Guardò verso l'alto e inalò brevemente. Sulla rampa principale di accesso alla nave da guerra un fiero comandante militare fece alcuni passi verso l'esterno, nella luce di Giedi Primo.

Xavier Harkonnen indossava una linda uniforme da segundo con insegne d'oro immacolato. Grazie alla cura del vestiario ne risultava l'elegante figura di un militare in grado di ispirare sicurezza e fede tanto fra le sue stesse truppe quanto tra i civili di Giedi City. La paura era il peggior nemico che le macchine potevano usare contro di loro. Xavier non forniva mai, ad alcun osservatore, ragioni di incertezza: sì, l'umanità avrebbe vinto questa guerra, alla fine.

Sorridendo, Vergyl lasciò andare il fiato e tutti i suoi dubbi evaporarono. Ovvio che Xavier fosse sopravvissuto. Questo grandioso personaggio aveva guidato le forze che avevano liberato Giedi Primo dalla schiavitù dei cymek e delle macchine pensanti. Xavier aveva comandato le truppe umane nella purificazione atomica della Terra, la prima grande battaglia della Jihad di Serena Butler.

E l'eroico Segundo Xavier Harkonnen non si sarebbe fermato fino alla definitiva sconfitta delle macchine.

Ma, osservando suo fratello percorrere la rampa, notò che i passi del valoroso comandante avevano qualcosa di stanco, pesante, e il suo viso familiare sembrava scioccato. Nemmeno un indizio di sorriso, nessuna luce nei suoi occhi grigi. Solo piatta, spietata insensibilità. Come aveva fatto a invecchiare così? Vergyl lo idolatrava, aveva bisogno di parlargli da solo, come suo fratello, in modo da essere messo al corrente dei reali accadimenti.

 

Ma il Segundo Harkonnen non avrebbe mai mostrato a nessuno i suoi sentimenti più profondi in pubblico. Era un leader troppo bravo. Vergyl si fece strada a spintoni attraverso la folla, urlando e salutando insieme agli altri, e finalmente Xavier lo riconobbe nel mare di volti. La sua espressione si accese di gioia,
come alleggerita dal fardello dei ricordi e dei traguardi della guerra. Vergyl e i suoi compagni delle truppe a terra salirono in fretta sulla rampa per circondare l'ufficiale e scortarlo verso la tranquilla sicurezza di Giedi City.

 

Xavier trascorse ore intere insieme ai suoi sub-comandanti sopravvissuti emanando rapporti e tenendo sedute post-operative con gli ufficiali della Lega, ma si impose di fuggire via da questi doveri dolorosi per spendere qualche ora con suo fratello.

Arrivò alla piccola casa di Vergyl senza essersi riposato, con gli occhi tormentati e iniettati di sangue. Quando i due si abbracciarono Xavier rimase rigido per un momento, prima di lasciarsi andare e restituire la stretta al suo fratello di pelle nera. Nonostante le differenze fisiche che evidenziavano le loro distinte eredità razziali, entrambi sapevano che i legami d'affetto non avevano nulla a che fare con il lignaggio ed erano invece figli della serena vita familiare che avevano condiviso nella tenuta di Emil e Lucille Tantor. Mentre lo faceva entrare Vergyl poté avvertire i tremori che Xavier stava sopprimendo. Lo distrasse presentandolo a sua moglie, che era tale da solo due anni e che Xavier non aveva mai incontrato.

Sheel era una bellezza giovane, dai capelli neri, poco avvezza a ricevere ospiti di una tale importanza. Non era mai nemmeno andata su Salusa Secundus per incontrare i genitori di Vergyl o visitare la proprietà della famiglia Tantor. Ma trattò Xavier come il benvoluto fratello di suo marito, invece che come una celebrità.

Solo una settimana prima era arrivata una delle navi mercantili di Aurelius Venport, con un carico di melange da Arrakis. Sheel era uscita quel pomeriggio e aveva speso la paga di una settimana per comprare abbastanza spezia costosa da aggiungere alla cena speciale che aveva preparato.

Durante il pasto la conversazione rimase mite e leggera, evitando ogni riferimento alle novità della guerra. Esausto fino all'osso, Xavier sembrò a malapena accorgersi del sapore della cena, anche con l'esotico melange. Sheel sembrava delusa, finché Vergyl le spiegò in un sussurro che suo fratello aveva perso quasi del tutto i sensi del gusto e dell'olfatto durante un attacco dei cymek con il gas, la qual cosa gli era costata anche i polmoni. Nonostante adesso Xavier potesse respirare, grazie una serie di organi forniti dai mercanti di carne Tlulaxa come rimpiazzo, le sue capacità di odorare o assaporare erano rimaste offuscate.

Alla fine, mentre stavano bevendo il caffè di spezia, Vergyl non riuscì più a contenere la sua curiosità. "Xavier, per piacere, dimmi cosa è successo alla Colonia di Peridot. È stata una vittoria o le -" la sua voce si incrinò "- le macchine ci hanno sconfitti?"

Xavier alzò la testa, guardando lontano. "Il Gran Patriarca Iblis Ginjo dice che non ci sono sconfitte. Solo vittorie e... vittorie morali. Questa ricade nella seconda categoria."

Sheel strinse con forza il braccio di suo marito, una richiesta silenziosa di lasciar cadere il discorso. Ma Vergyl non disse nulla, e Xavier continuò, "la Colonia di Peridot è stata sotto attacco per settimane prima che il nostro battaglione più vicino potesse ricevere la chiamata di soccorso. I coloni morivano. Le macchine pensanti intendevano devastare la colonia e stabilire lì un nuovo Mondo Sincronizzato, installare le loro infrastrutture e una nuova copia della mente di Omnius."

Xavier sorseggiò il caffè di spezia mentre Vergyl metteva i gomiti sul tavolo, avvicinandosi per ascoltare con rapita concentrazione.

"L'Armata della Jihad aveva un presidio piccolo in quell'area, a parte la mia nave e una manciata di soldati. Non avevamo altra scelta che rispondere all'attacco, per non perdere un altro pianeta. Ad ogni modo avevo anche un intero carico di mercenari."

"Qualcuno di Ginaz? I nostri combattenti migliori?"

"Qualcuno. Siamo arrivati più in fretta di quanto si aspettassero le macchine, le abbiamo colpite duramente e senza pietà, usando tutto quello che avevamo. I miei mercenari hanno attaccato come dei foli, e parecchi sono caduti. Sono andate distrutte molte più macchine pensanti, comunque. Sfortunatamente la maggior parte della colonia era già stata letteralmente calpestata quando siamo arrivati lì, e gli abitanti massacrati. Anche così l'Armata della Jihad si è fatta strada - e abbiamo respinto le forze nemiche per puro miracolo." Tirò un profondo, convulso respiro, come se i suoi polmoni di rimpiazzo stessero funzionando male.

"Invece di fuggire semplicemente, per ridurre le loro perdite come fanno di solito i robot da combattimento, questa volta erano tutti programmati per fare terra bruciata. Hanno devastato qualsiasi cosa nella loro scia. Dovunque siano passati non è rimasto intatto nemmeno un raccolto, una struttura, e non hanno lasciato alcun sopravvissuto."

Sheel deglutì a vuoto. "È orribile."

"Orribile?" meditò Xavier, facendo rotolare il suono di quella parola sulla lingua. "Non posso neppure cominciare a descrivere quello che ho visto. Non è rimasto molto della colonia che eravamo andati a salvare. Più di un quarto dei miei guerrieri Jihadi ha perso la vita, e metà dei mercenari."

Continuò, scuotendo tristemente la testa. "Abbiamo raccolto il penoso, piccolo numero di coloni che erano fuggiti abbastanza lontano dal più grande battaglione di macchine. Non so - e nemmeno voglio sapere - il numero effettivo dei sopravvissuti che abbiamo recuperato. La Colonia di Peridot non è caduta di fronte alle macchine, ma quel mondo non è più di alcuna utilità per gli umani." Tirò un sospiro. "Sembra sia il motivo ricorrente di questa Jihad."

"Ecco perché dobbiamo continuare a lottare." Vergyl alzò il mento. La sua audacia suonava vana anche alle sue orecchie. "Lasciami combattere al tuo fianco contro Omnius!

L'Armata della Jihad ha un costante bisogno di soldati. È tempo che anch'io scenda in campo nelle vere battaglie di questa guerra!"

Xavier Harkonnen sembrò riscuotersi. Lo sgomento gli attraversò il viso. "Tu questo non lo vuoi, Vergyl. Mai e poi mai."

 

 

***
 
Vergyl si assicurò un incarico a bordo della nave da guerra della Jihad mentre era sottoposta a riparazioni, per quasi due settimane. Se non poteva lasciare il pianeta e lottare sui campi di battaglia alieni almeno poteva restare lì a ricaricare le armi, rimpiazzare i generatori di scudi Holtzman danneggiati e rinforzare il rivestimento corazzato.

 

Mentre svolgeva diligentemente tutte le incombenze che il capogruppo gli aveva assegnato, i suoi occhi assorbivano nei dettagli il modo in cui funzionavano i sistemi. Un giorno o l'altro, se mai Xavier si fosse addolcito e gli avesse permesso di partecipare nella Santa Jihad, Vergyl voleva comandare uno di quei vascelli. Era un adulto - aveva ventitre anni - ma suo fratello era influente, aveva il potere di interferire in qualsiasi sua iniziativa... e lo aveva già fatto.

Quel pomeriggio, mentre controllava i progressi delle riparazioni sul suo display portatile, Vergyl si imbatté in una delle stanze da allenamento della nave. La massiccia porta di metallo era socchiusa e poteva udire lo sferragliare e il tintinnare all'interno, unito ai grugniti di qualcuno che si stava impegnando con grande sforzo.

Nell'entrare Vergyl si fermò e rimase ad osservare, stupefatto. Un uomo pieno di cicatrici, con i capelli lunghi - un mercenario, a giudicare dal suo aspetto arruffato e selvaggio - si era lanciato in una violenta lotta contro un robot da combattimento. La macchina aveva tre paia di braccia articolate, ognuna delle quali stringeva un'arma dall'aspetto mortale. L'unità meccanica, muovendosi con grazia e così velocemente da sembrare una macchia indistinta, sferrava colpo su colpo contro l'uomo, che si difendeva perfettamente ogni volta.

Il cuore di Vergyl mancò un battito. Come aveva fatto una delle macchine nemiche a salire a bordo della nave di Xavier? Omnius l'aveva mandata come spia o come sabotatore? Ce n'erano altre sparse per la nave? Il mercenario assediato vibrò un colpo con la sua ronzante spada a impulso, mandando una delle sei braccia del mek a ciondolare inerte su un fianco.

 

Esplodendo in un urlo di guerra, sapendo di dover fornire aiuto, Vergyl afferrò l'unica arma che riuscì a trovare - un bastone da allenamento in una rastrelliera sul muro - e caricò senza pensarci.
Quando sentì Vergyl avvicinarsi il mercenario reagì velocemente. Alzò una mano.

 

"Fermo, Chirox!"

Il mek da combattimento si congelò. Il mercenario, ansimando, abbandonò la posizione di guardia. Vergyl si bloccò, spostando lo sguardo confuso dal robot nemico al muscoloso guerriero.

"Non allarmarti," disse il mercenario. "Mi stavo soltanto allenando." "Con una macchina?" L'uomo dai lunghi capelli sorrise. Una ragnatela di cicatrici pallide gli copriva le guance, il collo, le spalle nude e il torso. "I nemici in questa Jihad sono le macchine pensanti, giovane ufficiale. Se dobbiamo sviluppare le nostre abilità contro di loro, quale miglior avversario da combattere?"

Goffamente, a malincuore, Vergyl poggiò la sua staffa sul ponte. Il suo viso arrossì per l'imbarazzo. "Ha senso."

"Chirox è soltanto un surrogato del nemico, un obiettivo da combattere. Nella mia mente lui rappresenta tutte le macchine pensanti."

"Come un capro espiatorio."

"Un mek espiatorio." Il mercenario sorrise. "Possiamo programmarlo per diversi livelli di combattimento, a scopo di allenamento." Si avvicinò al minaccioso robot. "Seduto."

Il robot abbassò le braccia coperte di armi e le ritrasse al suo interno, anche quella danneggiata, e rimase immobile in attesa di altri ordini. Con un ghigno l'uomo sbatté l'elsa della sua spada a impulso contro il torace del mek, facendolo indietreggiare di un passo. Gli occhi, dei sensori di movimento, lampeggiarono arancione. Il resto del volto della macchina, con le crude forme della bocca e del naso, non si mosse.

L'uomo diede un lieve colpo al petto del robot, con familiarità. "Questo robot limitato - non mi piace il termine macchina pensante - è completamente sotto il nostro controllo. Ha servito i mercenari della Jihad per circa tre generazioni, finora." Disattivò la spada a impulso, che era stata creata per disturbare i circuiti gel di una macchina pensante. "Sono Zon Noret, uno dei guerrieri assegnati a questa nave."

Interessato, Vergyl si avvicinò ancora. "Dove hai trovato questa macchina?"

"Un secolo fa un ricognitore di Ginaz trovò una nave delle macchine pensanti danneggiata, e da questa recuperò un robot da combattimento fuori uso. Abbiamo cancellato le sue memorie e reinstallato i programmi di lotta. Ci permette di metterci alla prova contro le capacità delle macchine."

Noret diede una pacca al robot su una delle sue sfregiate spalle metalliche. "Molti robot nei Mondi Sincronizzati sono stati distrutti grazie a ciò che abbiamo imparato da questa unità. Chirox è un maestro inestimabile. Gli studenti dell'arcipelago di Ginaz portano alla maturazione le loro abilità contro di lui. Si è dimostrato un così grande vantaggio, e un depositario di informazioni da usare contro i nostri nemici, che noi mercenari non ci riferiamo più a lui come ad una macchina pensante, ma come ad un alleato."

"Un robot come alleato? A Serena Butler non piacerebbe sentirlo," disse cautamente Vergyl.

Zon Noret raccolse dietro la nuca i suoi spessi capelli, come la coda di una cometa. "Si fanno molte cose in questa Jihad senza che Serena Butler lo sappia. Non sarei sorpreso di scoprire che ci sono altri mek come questo sotto il nostro controllo." Fece un gesto noncurante. "Ma visto che abbiamo tutti lo stesso obiettivo, i dettagli diventano insignificanti."

Alcune delle ferite del mercenario sembravano, a Vergyl, guarite da poco. "Non dovresti riprenderti dalla battaglia piuttosto che combattere ancora?"

"Un vero mercenario non smette mai di combattere." I suoi occhi si assottigliarono. "Vedo che tu stesso sei un ufficiale."

Vergyl si produsse in un sospiro di frustrazione. "Nella Brigata Costruzioni. Non è ciò che avrei voluto. Volevo combattere, ma... è una storia lunga."

 

Noret si asciugò il sudore dalla fronte. "Il tuo nome?" "Secondo Decero Tantor."
Senza dare mostra di aver riconosciuto il nome Noret guardò prima il mek da combattimento e quindi il giovane ufficiale. "Forse possiamo organizzare qualcosa per farti assaggiare il sapore della battaglia."

 

"Mi lasceresti... ?" Vergyl sentì le sue pulsazioni aumentare.

 

Zon Noret annuì. "Se un uomo vuole combattere, deve essergli permesso." Vergyl alzò il mento. "Non potrei essere più d'accordo."
"Ti avviso, questo può anche essere un mek da allenamento, ma è letale. Disconnetto spesso il suo protocollo di sicurezza nel corso dei miei rigorosi esercizi. È il motivo per cui i mercenari di Ginaz sono così bravi."

 

"Ci saranno degli interruttori di emergenza, altrimenti non sarebbe un granché come istruttore."

"Un allenamento che non contempli dei rischi non è realistico. Rende morbido lo studente, consapevole di non essere in pericolo. Chirox non è così, fin dalla concezione. Potrebbe ucciderti."

Vergyl avvertì il fuoco dell'audacia crescere dentro di sé e sperò di non stare comportandosi da stupido. "Posso prendermi cura di me stesso. Ho affrontato da solo l'allenamento alla Jihad." Ma voleva una opportunità di mettersi alla prova, e questo robot da combattimento poteva essere la cosa più vicina allo scontro reale che avrebbe mai provato. Vergyl focalizzò il suo odio su Chirox, pensando a tutti gli orrori che le macchine avevano imposto all'umanità, e desiderò ridurre il mek a un ammasso di rottami metallici. "Lasciami combattere contro di lui, esattamente come stavi facendo tu."

Il mercenario alzò le sopracciglia, divertito e interessato. "L'arma di tua scelta, giovane guerriero?"

Vergyl esitò e guardò la rozza staffa da allenamento che aveva impugnato. "Non ho con me altro che questa."

Noret alzò la sua spada a impulso perché il giovane la esaminasse. "Sai come far funzionare una di queste?"

 

"È simile a quella che abbiamo usato nell'allenamento base, solo un modello più nuovo." "Esatto." Noret attivò l'arma e gliela porse.
Vergyl soppesò la spada per controllarne il bilanciamento. Archi scintillanti di forza disgregante si rincorrevano sulla superficie della lama.

 

Prese un profondo respiro e studiò il mek da combattimento, che ricambiò lo sguardo spassionatamente, con i sensori ottici illuminati di arancione... in attesa. I sensori cambiarono direzione, osservarono Noret avvicinarsi e si prepararono per un nuovo avversario.

 

Solo due delle sei braccia meccaniche emersero dal torso del mek quando il mercenario lo attivò. Una delle mani metalliche stringeva un pugnale, mentre l'altra era vuota.
"Ma così mi combatterà a un basso livello di difficoltà," protestò Vergyl.

 

"Forse Chirox sta solo mettendoti alla prova. Nei combattimenti reali l'avversario non ti fornisce in anticipo un curriculum delle sue abilità."

Vergyl si mosse con cautela verso il mek, quindi si spostò a sinistra con un movimento circolare, impugnando la spada a impulso. Sentì i palmi umidi e allentò leggermente la presa. Il mek girò il viso verso di lui. La mano armata ebbe una piccola contrazione e Vergyl vibrò una stoccata al pugnale con la spada elettronica, generando un impulso color porpora che fece tremare il robot.

"Mi sembra una macchina alquanto stupida." Aveva sempre immaginato così il combattimentoche il combattimento. Vergyl si lanciò contro il suo avversario e ne colpì il torace con la spada a impulso, lasciando uno scoloramento purpureo sul suo corpo metallico. Premette il pulsante blu sull'elsa finché l'arma non raggiunse la frequenza di pulsazione più alta.

 

"Mira alla testa," consigliò Noret. "Confondi i circuiti del robot per rallentarlo. Se colpisci
Chirox nel modo giusto avrà bisogno di un minuto o due per riconfigurarsi."

 

Vergyl colpì ancora, ma mancò la testa scivolando verso la spalla corazzata. Scintille multicolori coprirono la superficie esterna del mek, e il pugnale cadde dalla sua stretta meccanica per finire rumorosamente sul pavimento della camera da allenamento. Uno sbuffo di fumo si alzò dalla mano del robot.

Vergyl si fece avanti per ucciderlo. Non gli interessava se qualcuno aveva bisogno di quella unità da combattimento per allenarsi. Voleva distruggerla, bruciarla fino a ridurla a un ammasso di rottami fusi. Pensò a Serena, al piccolo Manion, a tutti gli umani massacrati... e alla sua stessa incapacità di combattere per la Jihad. Questo mek espiatorio sarebbe andato bene, per il momento.

Ma, come fece il primo passo, il metallo fluido della mano libera del robot si mosse improvvisamente, dandosi una nuova forma e plasmandosi in una spada corta con spuntoni sulla lama. L'altra mano smise di gettare scintille e formò un'arma analoga.

"Attento, giovane guerriero. Non vorremmo che l'Armata della Jihad perdesse le tue competenze nelle costruzioni."

Avvertendo una fiammata di rabbia all'osservazione, Vergyl scattò, "Non ho paura di questa macchina."

"La paura non sempre è insensata."

"Anche contro un avversario stupido? Chirox non sa nemmeno che mi sto prendendo gioco di lui, vero?"

"Sono soltanto una macchina," recitò il mek con la sua voce sintetizzata che veniva da un altoparlante. Vergyl indietreggiò, credendo di aver colto una punta di sarcasmo nel tono del robot. Il suo volto non cambiò espressione, come una maschera teatrale.

"Chirox di solito non parla molto," disse Noret sorridendo. "Vai avanti, colpiscilo ancora un po'. Ma sappi che nemmeno io conosco tutte le sorprese che potrebbe avere in serbo."

Vergyl si mosse e valutò nuovamente il suo avversario. Studiò i sensori ottici del robot, che brillavano di un arancione fisso, focalizzati sulla spada a impulso.

Seccamente, esibendo una velocità e una agilità insospettate, Chirox menò un affondo con la spada corta munita di spuntoni ricurvi. Vergyl provò a schivare il colpo, ma non abbastanza velocemente, e uno sfregio poco profondo comparve su una delle sue braccia. Rotolò sul pavimento per allontanarsi e quindi, mentre si rimetteva in piedi, guardò la ferita.

"Non una brutta mossa," disse Noret in tono leggero, come non gli fosse importato se il robot uccideva Vergyl o meno. Uccidere era per lui sia uno sport che una professione. Forse era necessaria una mentalità dura per fare il mercenario di Ginaz, ma Vergyl - che non era equipaggiato con una simile asprezza - realizzò di essersi messo in questa situazione d'impulso, e si preoccupò di poter stare fronteggiando una sfida più impegnativa di quelle per cui era pronto. Il mek da combattimento continuò ad incalzarlo con scatti di improvvisa, imprevedibile velocità, talvolta con degli allunghi, in altri casi con una stupefacente fluidità di movimento.

Vergyl saettava da una parte all'altra, menando fendenti con la spada a impulso. Eseguì un'abile capriola e considerò un tentativo di salto mortale all'indietro, ma non sapeva se sarebbe stato in grado di completarlo. Fallire nella corretta esecuzione di una mossa poteva rivelarsi fatale.

Una delle sue stoccate a impulso colpì il pannello di controllo sul lato sinistro di Chirox, facendolo illuminare di rosso. Il robot si fermò. Un braccio agile e sottile emerse dal suo torace e aggiustò qualcosa all'interno.

"Può ripararsi da solo?"

"La maggio parte dei mek da combattimento può farlo. Volevi uno scontro leale contro una vera macchina avversaria, giusto? Ti ho avvisato, questo robot non combatte al di sotto delle sue possibilità."

Chirox si scagliò improvvisamente contro Vergyl, più duramente e velocemente di prima. Due braccia supplementari uscirono dal corpo. Una reggeva una lunga daga dalla punta seghettata per agganciare e strappare la carne. Nell'altra c'era un luccicante ferro da marchiatura.

Zon Noret disse qualcosa in tono ansioso, ma le parole si fecero confuse. L'intero universo che Vergyl aveva conosciuto fino a quel momento svanì, insieme a tutte le percezioni sensoriali non necessarie. Si concentrò solo sulla sopravvivenza.

"Sono uno jihadi," sussurrò Vergyl. Si rassegnò al suo fato e allo stesso tempo decise di infliggere quanti più danni possibile. Ricordò un detto che anche la Brigata Costruzioni doveva imparare a memoria: "Se muoio nella battaglia contro le macchine, mi unirò a quelli che hanno raggiunto il paradiso prima di me, e a quelli che seguono." Sentì uno stato vicino alla trance consumarlo e rimuovere da dentro di lui ogni paura della morte.

Si immerse nella battaglia, in una grandinata di colpi con la spada a impulso contro il mek, scaricando l'arma più volte. In sottofondo qualcuno urlò qualcosa, parole che non riuscì a riconoscere. Poi Vergyl udì uno scatto sonoro, vide un lampo di colore e una luce gialla brillante lo sommerse. Sembrava una raffica di vento polare, e lo congelò sul posto.

 

Immobilizzato, inerme, Vergyl tremò, quindi cadde. Precipitò per quella che gli sembrò una enorme distanza. I suoi denti battevano e lui tremava. Non sembrava che dovesse arrivare al suolo.
Finalmente si trovò a guardare verso l'alto, nei sensori ottici illuminati del robot. Completamente vulnerabile. "Ora posso ucciderti." La macchina premette la punta rastremata della daga contro il collo di Vergyl.

 

Il mek avrebbe potuto spingere la lama attraverso la sua gola in un microsecondo. Vergyl udì delle urla, ma non poté strisciare via. Guardò verso gli implacabili sensori ottici del robot, verso il volto dell'odiato nemico meccanico. La macchina pensante stava per ucciderlo - e non si trattava nemmeno di una vera battaglia. Era stato un idiota.

Da qualche parte in lontananza delle voci familiari - due voci? - lo chiamavano. "Vergyl! Vergyl! Spegni quella maledetta cosa, Noret!"

Fece un tentativo di alzare la testa e guardarsi intorno, ma non poteva muoversi. Chirox continuava a premere la punta acuminata sulla sua vena giugulare. Aveva i muscoli paralizzati, come incastrati in un blocco di ghiaccio.

"Trovatemi una pistola disgregatrice!" Finalmente riconobbe la voce. Xavier. In qualche modo, assurdamente, Vergyl si preoccupò più della disapprovazione di suo fratello che di morire.

Ma in quel momento il mek si raddrizzò e tolse la lama della daga dalla sua gola.

 

Vergyl udì altre voci, un trapestio di stivali e il clangore delle armi. Avvertì del movimento nella sua visione periferica, e scorse il cremisi e verde delle uniformi jihadi. Xavier urlò degli ordini ai suoi uomini, ma Chirox ritrasse la daga seghettata, le altre armi e tutte le quattro braccia nel torace. I sensori ottici che brillavano ferocemente si ridussero a un opaco barlume.
Zon Noret si mise di fronte al robot. "Non sparare, Segundo. Chirox avrebbe potuto ucciderlo, ma non lo ha fatto. La sua programmazione è di sfruttare il vantaggio di una
debolezza per portare un colpo mortale, eppure ha operato una scelta cosciente contro di
essa."

 

"Non desideravo ucciderlo." Il robot da combattimento si ricollocò in posizione stazionaria. "Non era necessario."

Vergyl finalmente si schiarì la mente a sufficienza da spingersi in una rigida posizione seduta. "Quel mek ha effettivamente mostrato... pietà." Si sentiva ancora confuso per la misteriosa scarica stordente. "Pensate, una macchina con dei sentimenti."

"Non era per nulla pietà," disse Xavier, con cipiglio polemico. Si chinò per aiutare suo fratello ad alzarsi.

"Era la cosa più strana," insistette Vergyl. "Hai visto i suoi occhi?"

Zon Noret, affaccendato intorno al suo mek da combattimento, guardò nel pannello di controllo della macchina, studiò le letture degli strumenti e operò delle correzioni. "Chirox ha semplicemente valutato la situazione ed è entrato nella modalità di sopravvivenza. Ma dev'essere stato qualcosa sepolto nella sua programmazione originale."

 

"Le macchine non si preoccupano della sopravvivenza," scattò Xavier. "Le hai viste alla Colonia di Peridot. Si lanciano in battaglia senza alcuna preoccupazione per la sicurezza personale." Scosse la testa. "C'è qualcosa di storto nella programmazione del tuo mek, una disfunzione."
Vergyl guardò Chirox, colse lo sguardo dei sensori ottici luminosi. Il giovane ufficiale delle costruzioni credette di aver distinto, nelle profondità di quelle luci gemelle, un guizzo di qualcosa di animato, che lo intrigava e lo spaventava allo stesso tempo.

 

"Anche gli umani possono imparare la pietà," disse Chirox, inaspettatamente.

"Lo sottoporrò a un ciclo di revisione completo," disse Noret, ma la sua voce era incerta. Xavier era in piedi davanti a Vergyl che esaminava suo fratello alla ricerca di ferite gravi. Parlò con voce scossa, mentre lo accompagnava fuori dalla camera da allenamento. "Mi hai fatto prendere un bello spavento."

"Volevo soltanto combattere... un vero nemico, per una volta."

Xavier sembrava enormemente rattristato. "Temo, Vergyl, che alla fine avrai la tua occasione. Questa Jihad non si concluderà presto."

 

Titolo originale: Mek Espiatorio

Traduzione: Il Gobb 

 

 

Citazioni

So con certezza che quando non sarò più consciamente presente qui tra voi, quando sarò soltanto una temibile creatura del deserto, molti mi ricorderanno come un tiranno. E' abbastanza giusto. Sono stato tirannico. Un tiranno: non interamente umano, non folle, soltanto tiranno.

-- Leto II (L'Imperatore-dio di Dune - cap.16 - pag.114 - Ed.Nord)