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 09-Ott-2004  Stampa la pagina corrente  Mostra la mappa

Il Linguaggio in Dune - Tesi di Laurea di Silvia Bernardini

IL LINGUAGGIO IN DUNE

di Silvia Bernardini

Temi ed ipotesi affrontati in Dune non fanno parte di un'unica opera nata per caso e sviluppatasi per scommessa. Herbert è uno scrittore che vanta una vasta produzione nell'ambito della fantascienza, sebbene non abbia mai raggiunto il successo di altri autori più noti. La fortuna del ciclo di Dune ha fatto di Herbert uno dei più popolari scrittori di fantascienza americana, ma allo stesso tempo ha anche allontanato l'attenzione da tutta una produzione che si distingue per la sua consistenza e coerenza narrativa.

Le caratteristiche del linguaggio in Dune non possono essere viste separatamente dal contesto in cui Herbert colloca il suo romanzo. Da un punto di vista formale, troviamo tre stili narrativi: il discorso diretto, il discorso indiretto, ed una forma che potremmo definire di discorso quasi-diretto. Questi tre stili si integrano perfettamente nell'insieme, in quanto Herbert si pone come narratore omnisciente non solo nei confronti della storia ma anche nei confronti dei singoli personaggi. E' come se ogni singolo stile narrativo presentasse, nel suo piccolo, una sorta di risveglio della consapevolezza.

Un primo stile narrativo, che potremmo definire descrittivo, è quello che più resta obiettivo nei confronti dell'evolversi della trama. E' il discorso indiretto, cioè la descrizione costante di fatti ed avvenimenti, che assume toni rigorosi nel momento in cui Herbert utilizza elementi ecologici e paesaggi per spiegare elaborate metafore1. Un altro stile presente è quello del monologo interiore, chiaramente riportato nel testo in caratteri italici, e quindi graficamente riconoscibile rispetto al resto. Generalmente però, quando un autore presenta questo tipo di narrazione, sposa la filosofia del suo personaggio, e ne riporta i pensieri quasi in esclusiva rispetto agli altri. Non è invece il caso di Herbert, il quale non riporta i pensieri di un unico personaggio, ma riporta tutti quei pensieri che possono via via aiutare il lettore a comprendere il corretto evolversi dei fatti.

Questo strumento stilistico serve a dimostrare come il personaggio sia arrivato ad uno stadio cosciente tanto da essere in grado di verbalizzare l'accaduto. Non a caso, da un punto di vista prettamente grammaticale, i passaggi scritti in italico sono in prima persona singolare e al tempo presente2.

Tra questi due modi stilistici ne emerge un terzo, una forma narrativa che tenta di presentare la consapevolezza dei personaggi attraverso fatti verbalmente inespressi. Si attua cioè una forma di correlazione tra i pensieri di un personaggio (in prima persona singolare e al tempo presente), l'espressione di tali pensieri, una conseguente reazione non verbale di altri personaggi, ed eventualmente una verbalizzazione da parte di uno dei reagenti, secondo un'ipotetica catena pensiero-azione-pensiero-reazione. Alcuni linguisti hanno chiamato questo stratagemma erlebte Rede, ossia discorso vissuto, sperimentato, o meglio, secondo un'analogia che dovrebbe chiarire le idee, il linguaggio che userebbe uno spettatore di teatro per spiegare a terzi i contenuti di un monologo3.

Naturalmente questi tre interagiscono tra di loro quasi a creare forme espressive nuove dove intervengono non solo aspetti verbali della comunicazione ma anche, e in alcuni casi soprattutto, aspetti non verbali. Questa interrelazione è bene evidenziata in una scena particolare del romanzo. Subito dopo l'arrivo degli Atreides su Arrakis, Jessica decide di organizzare una cena di benvenuto alla quale invitare diversi personaggi, per fare in modo che gli ufficiali Atreides familiarizzino con la realtà locale ed eventualmente stringano qualche relazione di comodo. Nel dettaglio, la scena è esemplificativa di un aspetto che potrebbe essere definito semantica ecologica, specialmente per come i significati vanno a definirsi nei confronti del contesto linguistico in cui vengono prodotti e degli atteggiamenti non verbali ad essi correlati4.

Oltretutto, si crea una sorta di dualità, visto che Herbert come narratore omnisciente non solo riesce a descriverci la scena così come essa appare, ma riesce a descriverla così come essa viene effettivamente vissuta attraverso Jessica. Inoltre, si vede anche bene come i discorsi dei personaggi, malgrado abbiano un'apparenza generica, siano in costante riferimento con due dei maggiori temi conduttori di Dune: ecologia e religione.

Durante un primo approccio con gli ospiti, Jessica esprime in modo del tutto naturale e quasi ingenuo l'intenzione del suo Duca di vedere Arrakis trasformato in un pianeta verdeggiante e ricco di acque. Di per sé, l'affermazione verbale di Jessica è chiara e semplice:

"My Lord, the Duke, and I have other plans for our conservatory" Jessica said. She smiled at Leto. "We intend to keep it, certainly, but only to hold it in trust for the people of Arrakis. It is our dream that someday the climate of Arrakis may be changed sufficiently to grow such plants anywhere in the open".

Il problema non è la frase di per sé, ma le implicazioni che essa sottende nel momento in cui viene considerata da chi vede in Jessica la madre del messia.

Leto's attention was caught by the expression on Kynes' face. The man was staring at Jessica. He appeared transfigured - like a man in love... or caught in a religious trance.

Ovviamente, la stessa frase a Bewt non aveva fatto lo stesso effetto, e neppure a Leto o ad altri ospiti. Quindi si individua un primo punto: una sorta di misticismo religioso, non condiviso da tutti, che va ad identificarsi con la fede nel fatto che l'ecologia di Dune si possa trasformare. C'è chi in questa trasformazione ci crede, e c'è chi non ci crede; idealmente quindi il gruppo si divide in due.

Kynes' thoughts were overwhelmed at last by the words of prophecy: "AND THEY WILL SHARE YOUR MOST PRECIOUS DREAM!" He spoke directly to Jessica: "Do you bring the shortening of the way?". "Ah, doctor Kynes" the water-shipper said. "You've come in tramping around with your mobs of Freman. How gracious of you". Kynes passed an unreadable glance across Bewt, said: "It is said in the desert that possession of water in great amount can inflict a man with fatal care- lesssness".

They have many strange saying in the desert", Bewt said, but his voice betrayed uneasiness. Jessica crossed to Leto, slipper her hand under his arm to gain a moment in which to calm herself, Kynes had said: '... the shortening of the way'. In the old tongue, the phrase translated as 'Kwisatz Haderach'. The planetologist's odd question seemed to have gone unnoticed by the others, and now Kynes was bending over one of the consort women, listening to a low-voiced coquetry.

KWISATZ HADERACH, Jessica thought. DID OUR MISSIONARIA PROTECTIVA PLANT THAT LEGEND HERE, TOO? The thought fanned her secret hope for Paul. HE COULD BE THE KWISATZ HADERACH. HE COULD BE.

Ovviamente il soggetto della conversazione, cioè l'ecologia di Dune, sottintende un argomento che si esplicita solo tra Kynes e Jessica, cioè lo Kwisatz Haderach, mascherato da interventi generici di altri ospiti sulla cultura Freman, che quindi li coinvolge tutti e due. In questo senso abbiamo un esempio del discorso quasi-diretto che più volte ricorre nel testo. Jessica afferma l'intenzione di stravolgere l'ecologia di Dune. Kynes interpreta la frase secondo criteri non condivisi dalla comunità estranea, ossia secondo i dettami della profezia, ma non potendo parlare apertamente di profezia, cerca delle conferme direttamente da Jessica con una domanda esplicita, che però mantiene un'ambiguità di fondo: "Do you bring the shortening of the way?".

Da un punto di vista ecologico (che in questo contesto è quello esplicito, condiviso da tutti), la frase viene tradotta in : "Porti i mezzi per realizzare la trasformazione ecologica velocemente?". Da un punto di vista religioso (che in questo contesto viene condiviso solo da Kynes e Jessica, e sospettato da Leto), la frase viene tradotta in: "Sei la madre dello Kwisatz Haderach?".

L'intervento di Bewt scioglie la tensione generale, ma non rompe del tutto il feeling che si è venuto a creare tra Kynes e Jessica, tra religione ed ecologia. Bewt è un commerciante d'acqua, non può quindi vedere in positivo la trasformazione ecologica di Dune, andrebbe contro i propri interessi. Non ha inoltre, evidentemente, una conoscenza tale da individuare nelle parole di Kynes un sotteso religioso. Quindi imposta un discorso vagamente culturale su detti e tradizioni Freman, che costituiscono comunque la base culturale per religione ed ecologia.

Comunque, Kynes con la sua affermazione ottiene una reazione emotiva in Jessica, la quale, malgrado il suo addestramento speciale, a fatica si controlla. Una volta ripreso il controllo, pensa alle parole di Kynes, e quindi verbalizza nei suoi pensieri ciò che crede di aver capito dalla domanda di Kynes.

The Guild Bank representative had fallen into conversation with the water-shipper, and Bewt's voice lifted above the renewed hum of the conversations: "Many people have sought to change Arrakis". The Duke saw how the words seemed to pierce Kynes, Jerking the planetologist upright and away from the flirting woman.

Into the sudden silence, a house trooper in uniform of footman cleared his throat behind Leto, said: "Dinner is served, My Lord."

Dunque, c'è chi crede alla trasformazione di Dune, e c'è chi non ci crede. Sulla base di questo riusciamo anche a capire le idee dei personaggi di contorno, anche se questi non vengono mai esplorati nel dettaglio.

Per esempio la figura di Bewt si definisce qui nello specifico, in quanto, essendo Bewt un commerciante d'acqua che ha bisogno dell'appoggio della famiglia regnante, i suoi atteggiamenti saranno dettati da questo tipo di obiettivo: accattivarsi gli Atreides a sfavore della popolazione locale. Il fatto che l'acqua su Arrakis sia di vitale importanza e sia fondamentale per chi ha il potere, è per Bewt un motivo di garanzia sufficiente del fatto che gli Atreides non attueranno mai la trasformazione ecologica con il rischio di perdere potere, e lo fa sentire autorizzato a deridere Kynes nei suoi atteggiamenti Freman.

Ovviamente questo tipo di arrampicatore sociale si identifica in atti e parole, anche se i suoi pensieri non vengono approfonditi. C'è dunque da chiedersi quale sarà il punto di vista condiviso dal lettore. La scena del banchetto di per sé può essere interpretata diversamente, a seconda del grado di attenzione con cui viene letta, anche se comunque è solo un piccolo esempio. Non fornisce certo tutti quei dettagli necessari ad un lettore per stabilire se stare dalla parte della trasformazione ecologica o no. Però, il riportare i pensieri di Jessica, e con essi le sue speculazioni personali sulle azioni della sorellanza, implica un coinvolgimento da parte del lettore. Non è come leggere un libro, ma, con un grado di attenzione maggiore, è come essere seduti in teatro ed assistere ad una rappresentazione. E' questa partecipazione che impone un attimo di riflessione al lettore. Il lettore cioè è chiamato non semplicemente ad abituarsi ad una terminologia differente e nuova (tute distillanti e ornitotteri si sprecano), ma è chiamato soprattutto a far parte di un contesto come osservatore, quasi come personaggio di contorno che partecipa anche se passivamente alla scena.

Ciò che garantisce il coinvolgimento pieno è soprattutto il fatto che Jessica, per capire quello che sta succedendo all'interno della scena, ne deve uscire almeno con i pensieri. Mentre il monologo interiore di Kynes è riferito a qualcosa di specifico del suo ambito culturale, al punto che i pensieri di Kynes si esplicitano in citazioni mnemoniche delle quotazioni della leggenda, Jessica deve vagliare le affermazioni di Kynes traducendole nell'antica lingua, la lingua della leggenda (che per lei non è innata, ma è acquisita), e quindi anche le sue conclusioni vengono trasposte in un altro contesto.

La vecchia lingua, il Chakobsa, è una lingua completamente inventata da Herbert. Siamo qui ben lontani dal gioco della lingua di Lyons, l'idea di Herbert non era quella di inventare una lingua diversa logicamente strutturata e quindi decodificabile. Le parole inventate del Chakobsa hanno comunque una radice riconoscibile, forse addirittura una derivazione etimologica di lingue ben più note (latino, greco, ebreo, cinese e soprattutto arabo), utilizzate a seconda di ciò che la parola deve descrivere non solo come significato del termine, ma anche come connotazione caratteriale che la popolazione Fremen impone ad una parola.

Questo perché in Dune non è il testo che determina il contesto, ma è il contesto (sia esso ecologico, religioso, politico, ecc.) che va a determinare il testo, intendendo per testo tutta quella produzione linguistica e metalinguistica, verbale e non verbale grazie alle quali la narrazione si snoda.

E dunque la struttura linguistica di Dune, che si presenta così complessa ed articolata, rispecchia e contemporaneamente determina la complessità di una trama che si svolge per piani dentro ai piani, dentro ai piani: "PLANS, WHITHIN PLANS, WHITHIN PLANS. Jessica thought. HAVE WE BECOME PART OF SOMEONE ELSE'S PLAN NOW?"

Il linguaggio in Dune, dunque, presenta delle peculiarità, ed è cosa abbastanza ovvia, se pensiamo che per Herbert la scrittura è soprattutto un mezzo per far riflettere i propri lettori. Sotto certi aspetti si potrebbe addirittura dire che Herbert sembra avvicinarsi all'espediente manzoniano tipico del romanzo storico nel momento in cui cerca di dare fondamento e credibilità al suo romanzo, facendo precedere i capitoli da citazioni provenienti da testi a carattere enciclopedico redatti dopo la morte di Mua-d'Dib.

Un discorso interessante da un punto di vista prettamente semantico, può essere fatto sulla scelta dei nomi che Herbert attribuisce di volta in volta a luoghi e persone. Al di là dei vari nomi che vengono attribuiti alle zone del deserto di Arrakis, e che sono sicuramente postumi agli avvenimenti di Dune5, c'è un'altra tradizione interessante a cui Herbert fa capo, ossia l'attribuzione dei nomi pregnanti di significato alle persone appartenenti a determinati gruppi. Questa usanza che Herbert attribuisce ai Fremen (e che sicuramente è stata ripresa dallo stesso autore dalle usanze degli Indiani d'America) dà delle indicazioni interessanti, non solo sul linguaggio dei Freman, ma anche su come il personaggio stesso viene accolto e caratterizzato dalla tribù. Al di là dunque delle varie diciture religiose che annunciano Paul come il Lisan-al-Gaib, vediamo che l'accettazione di Paul da parte dei Freman avviene attraverso il superamento di una prova (la sfida contro Jamis), poi attraverso l'attribuzione formale di un nome, che sarà il nome che Paul userà solo in privato con gli stessi compagni di tribù (in questo caso a Paul viene attribuito il nome di Usul che nell'antica lingua Fremen significa "Il topo-canguro").

Non si tratta di due scelte casuali: infatti, se da una parte Paul è il possessore di quel background culturale e militare che serve ai Fremen per potersi organizzare contro il dominio Harkonnen che giustifica la scelta del nome Usul, dall'altra il topo-canguro è un animale del deserto che ha la particolarità di avere delle sacche distribuite sul corpo che hanno la funzione di conservare tutta l'acqua distillata dai cibi di cui si nutre, e quindi bene identifica la totale assimilazione della cultura Fremen da parte di Paul.

Ma al di là del semplice piano narrativo, in Dune ritroviamo anche una dimensione poetica, che è quella del menestrello di corte che esprime pensieri e preoccupazioni, gioie e angosce accompagnandosi con la musica del suo baliset. Ed ecco quindi che troviamo ritornelli dalla struttura sintattica semplice, e poesie ben più complesse:

"... Oh-h-h, the Galacian girls

will do it for pearls,

and the Arrakeen for water!

But if you desire dames

like consuming flames,

try a Caladanin daughter!"

"... Our fathers ate manna in the desert,

in the burning places where whirlwinds came.

Lord, save us from that horrible land!

Save us... oh-h-h-h, save us

from the dry and thirsty land.

For I am like an owl of the desert, o!

Aiyah! am like an owl of the des-ert!"

Sebbene si tratti di testi poetici non riconducibili a forme metriche note, siamo comunque di fronte ad un atto di discorso. Il fatto che questi testi siano cantati da un personaggio particolare come il menestrello di corte, fa sì che queste esprimano un punto di vista particolare del romanzo, assimilabile probabilmente all'ideologia di fondo, ma comunque individuabile nel contesto.

Al di là degli scopi estrinsechi ed intrinsechi dell'opera, Dune si presenta come un'opera linguisticamente molto articolata, senza per questo risultare frammentaria, in cui coerenza narrativa e linguistica procedono di pari passo.

N O T E

1 Questo è particolarmente vero nel caso delle citazioni liberamente tratte dai testi che Irulan scrive dopo i fatti di Arrakis, come per esempio le citazioni tratte dal "Manual of Muad'Dib": "To attempt an understanding of Muad'Dib without understanding his mortal enemies, the Harkonnens, is to attempt seeing Truth without knowing Falsehood. It is the attempt to see Light without knowing Darkness. It cannot be". (da Dune, New English Library, 1985, p.25)

2 Per esempio, ci sono momenti nella storia in cui due o più personaggi si trovano a diretto confronto. In questo caso si nota come le loro parole perdono significato rispetto alle loro azioni, poiché esse non corrispondono ai loro veri pensieri. Herbert, nello specifico, non si limita ad esporre solo i pensieri di un personaggio, ma espone i pensieri di tutt'e due. E' il lettore che deve prendere posizione nei confronti della storia, non l'autore: "Feyd-Rautha glanced at two guardsmen against the right wall, nodded. The two detached themselves, scurried out the door and down the hall towrad the Baron's appartments. THOSE TWO, EH? the Baron thought. AH, THIS YOUNG MONSTER HAS MUCH TO LEARN YET ABOUT COSPIRACY! "I presume you left matters peaceful in the slave quarters, Feyd, "the Baron said. "I've been playing cheops withh the slavemaster, "Feyd-Rautha said, and he thought: WHAT HAS GONE WRONG? THE BOY WE SENT TO MY UNCLE HAS OBVIOUSLY BEEN KILLED. BUT HE WAS PERFECT FOR THE JOB. EVEN HAWAT COULDN'T HAVE A BETTER CHOICE. THE BOY WAS PERFECT!" (da Dune, op.cit., p.423).

3 V.N.Volosinov, Marxism and the philosophy of language, Cambridge, Harvard University Press, 1986.

4 Sicuramente, la semantica ecologica è una specificazione della più nota e generica semantica generale, teoria diffusissima nell'America degli Anni Trenta, elaborata da Korzybski. Secondo questa teoria, la gente confonde le parole con le cose che queste rappresentano. L'uso del linguaggio quotidiano, quindi, non riflette accuratamente ciò che noi percepiamo, e questo perché la percezione è una cosa astratta e non può essere riprodotta da parole in termini concreti. Il linguaggio deve essere visto come una mappa che è utile solo perché rassomiglia nella struttura al mondo che descrive, ma ciò che importa è la fresca esperienza piuttosto che la cristallizzazione in parole e concetti.

5 Herbert in prima pagina pone una cartina di Arrakis con le varie suddivisioni in zone più o meno accessibili. Se si trattasse di una cartina normale, la si potrebbe definire un po' piatta e poco indicativa, ma guardandola come mappa di un deserto, perché in fondo Arrakis è un deserto, risulta essere estremamente leggibile. Ovviamente, in essa sono indicati i nomi delle varie località, nomi che si scoprirà essere tratti dai nomi effettivi dei personaggi del romanzo.

 
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Citazioni

Le mie verità sono la sostanza dei miti e delle menzogne su cui i tiranni hanno sempre contato per manovrare le masse secondo i loro fini egoistici.

-- Leto II (L'Imperatore-dio di Dune - cap.16 - pag.115 - Ed.Nord)