Achlan, Wasachlan! DuneItalia - Nuovo sito | Gli Archivi di Dar-es-Balat | Forum 01 Gen 2021    

Menu




Manifesto di filosofia Dickiana
Dune Italia Forum Index » Cronache dall'Erg Celeste » Manifesto di filosofia Dickiana
View previous topic :: View next topic  
Author Message
SudrakAlSalik
Saggio
Saggio


Joined: 28 Mag 2004
Posts: 4042
Location: Arrakeen - Regnum Siciliae

 Post Posted: 14 Mar 2005 - 12:06     Post subject: Post subject: Manifesto di filosofia Dickiana

Noi per strade, vie, sentieri e camminamenti fra i più svariati, siamo giunti alla concezione d'una realtà che è connessa con quella che quotidianamente viviamo. Paul Muad'Dib, con la sua dolorosa esperienza, ne ha dato ampia dimostrazione.
Per cui, penso vi farà piacere sapere che l'intramontabile genio di Philip K. Dick ne diede una più che dettagliata testimonianza, non solo nei suoi memorabili romanzi e racconti, ma anche in numerosi interventi, fra cui quello che vi posto qui di seguito, che, a mio avviso, lo si può considerare come un chiaro Manifesto di Filosofia Dickiana.

Buona Lettura.



-------------------------------------------



Questo documento è il contributo di Philip K. Dick al Festival della Fantascienza tenutosi dal gennaio al marzo del 1975 presso l'Istituto di Arti Contemporanee di Londra.
A causa della sua salute cagionevole, Dick non poté mettersi in viaggio per l'Inghilterra per partecipare di persona al Festival, e il testo di questa conferenza fu letto in sua vece da Peter Nicholls.
Questo documento non è molto conosciuto in Italia e rappresenta un testo unico e insostituibile per comprendere maggiormente la filosofia dickiana.
E' stato tratto da "Explorations of the Marvellous", a cura di Peter Nicholls ed è una delle poche testimonianze che Philip K. Dick ha lasciato ai posteri.

L'Unità Cinema n.51
L'Unità Editrice Multimediale
Roma, Ottobre 1998
-----------------------------

UOMO, ANDROIDE E MACCHINA

di Philip K. Dick

Nell'universo esistono esseri feroci e freddi che ho chiamato "macchine".
Il loro comportamento mi spaventa, specialmente quando imita quello umano in maniera così perfetta da procurarmi la spiacevole sensazione che queste creature cerchino di farsi passare per esseri umani, pur non essendolo.
Io li chiamo "androidi" e questo è il mio modo di usare tale parola.
Quando parlo di "androide" non mi riferisco ad un onesto tentativo di creare un uomo in laboratorio, ma a un essere prodotto per ingannarci in maniera crudele, per farci credere di essere uno di noi.
Che poi sia stato creato in laboratorio è un aspetto che per me non ha alcuna rilevanza; l'intero universo è un enorme laboratorio da cui vengono fuori esseri insidiosi e crudeli che sorridono mentre ti stringono la mano.
Ma la loro stretta di mano è quella della morte e il loro sorriso porta con sé il gelo della tomba.

Queste creature sono tra noi, anche se da noi morfologicamente non si distinguono; quello che le differenzia non è l'essenza, quanto il comportamento.
A volte esse stesse non sanno di essere androidi.
Come Rachel Rosen, possono essere persone attraenti, a cui però mancherà sempre qualcosa; oppure come Pris in "We Can Build You", possono essere individui nati da un ventre umano, o addirittura, progettisti d'androidi - l'androide Abraham Lincoln in quel libro - e tuttavia privi essi stessi di calore umano.
In questo caso rientrano nella categoria clinica degli "schizoidi", ossia individui privi di sentimenti. Sono sicuro che con questo termine si vuole intendere la stessa cosa di cui parlo io. E sottolineo la parola "cosa".
Un essere umano senza passioni o sentimenti è come un androide che ne è privo da quando viene costruito.
Fondamentalmente si tratta di qualcuno a cui non interessa il destino di cui sono vittime i suoi simili; lui resta distaccato, uno spettatore che, con questa sua indifferenza dà una nuova prospettiva al teorema di John Donne, secondo cui 'Nessun uomo è un'isola".
Colui che mentalmente e moralmente è un'isola non è un uomo.

Il più grande cambiamento che sta avendo luogo nel nostro mondo è probabilmente il rapido progresso degli esseri viventi verso la 'reificazione" e, allo stesso tempo, l'entrata del meccanico nel mondo dell'animazione.
Attualmente non possediamo categorie pure di vivente da contrapporre al non-vivente; questo si avvia a diventare il nostro paradigma: il mio personaggio Hoppy, in 'Doctor Bloodmoney", una sorta di pallone umano con un dedalo di servi assistenti. Solo una parte di quell'entità è organica, ma tutto di essa è vivo. Solo una parte ha avuto origine da un ventre, ma tutta vive, dentro lo stesso universo.
Parlo del mondo reale e non del mondo della fiction quando dico: un giorno avremo milioni di entità ibride appartenenti contemporaneamente ad entrambi i mondi.
Definirli 'uomo" o 'macchina" ci fornirà dei rompicapo linguistici con cui dilettarci.
Ma ciò che è e sarà di maggiore interesse è questo: la creatura composita (di cui, tra i miei personaggi, Palmer Eldritch è un valido esempio) ha un comportamento umano?
In molte delle mie storie appaiono dei sistemi puramente meccanici che mostrano gentilezza - dei taxi, per esempio, o i piccoli carri rotolanti alla fine di 'Now Wait For Last Year" costruiti dal povero sciocco umano.
'Uomo" o 'essere umano" sono termini che dobbiamo comprendere e utilizzare correttamente, fermo restando che non si riferiscono né all'origine né ad alcuna ontologia, ma piuttosto a un modo di essere nel mondo; se una macchina interrompe le sue abituali operazioni per prestarvi aiuto, per gratitudine le attribuirete un'umanità che nessuna analisi dei suoi transistor e dei suoi sistemi a relé sarà in grado di spiegare.
Uno scienziato che esaminasse i circuiti di quella macchina alla ricerca di quell'umanità sarebbe come uno di quei zelanti colleghi che hanno cercato invano di localizzare l'anima dentro l'uomo e che, non riuscendo a trovare un organo preciso situato in un punto preciso, hanno deciso di rifiutarsi di ammettere che l'uomo abbia un'anima.
Come l'anima sta all'uomo, l'uomo sta alla macchina: è la dimensione aggiunta, in termini di gerarchia funzionale.
E allo stesso modo in cui uno di noi agisce divinamente (offrendo il proprio mantello a uno sconosciuto), una macchina agisce umanamente quando interrompe e ritarda il proprio ciclo programmato di una decisione.

Ma alla fine dobbiamo renderci conto che, sebbene l'universo nella sua totalità sia benevolo verso di noi (evidentemente gli piacciamo e ci accetta, o non saremmo qui; come dice Abraham Maslow 'altrimenti la Natura ci avrebbe giustiziati già da molto tempo"), esso tuttavia nasconde maschere dal ghigno malvagio che ci appaiono tra le nebbie della confusione, e può distruggerci per i propri fini.

Dobbiamo fare attenzione, però, a non confondere una maschera, qualunque maschera, con la realtà che essa nasconde.
Pensate alla maschera da guerra che Pericle si poneva sul viso: ha un volto gelido, il volto terribile della guerra, privo di compassione - tutt'altro che sembianze genuinamente umane a cui potersi appellare. E questo è sicuramente l'effetto che questa maschera voleva ottenere.
Supponete di non rendervi neanche conto che si tratti di una maschera; supponete di essere convinti, mentre Pericle vi si avvicina avvolto nella nebbia e nella semioscurità del primo mattino, che ciò che vedete sia il suo vero aspetto.
Ora, questo è quasi esattamente il modo in cui io ho descritto Palmer Eldritch nel mio romanzo: così simile alla maschera da guerra dei Greci che la somiglianza non può essere accidentale.
Ma allora tutto questo, la fessura degli occhi, i meccanismi metallici del braccio e della mano, i denti di lucente acciaio, che sono le spaventose stimmate del male, tutto questo che io stesso per primo vidi lassù nel cielo di mezzogiorno in una giornata del lontano 1963 non è una descrizione, una visione di una maschera da guerra e di un'armatura metallica, di un dio della battaglia? Il dio dell'ira in collera con me.
Ma sotto la collera, sotto il metallo e l'elmo, c'è, come per Pericle, il volto di un uomo. Un uomo buono e capace di amare.

Per anni il tema dei miei scritti è stato: 'Il diavolo ha un volto di metallo".
Ma forse è ora che questa affermazione venga corretta. Quello che mi apparve e di cui in seguito scrissi non era infatti un volto. Era una maschera su un volto.
Il vero volto è l'opposto della maschera. Non può essere altrimenti.
Il freddo e feroce metallo non poggia sul freddo e feroce metallo.
Poggia sulla tenera carne, secondo lo stesso principio per cui l'innocua farfalla si adorna astutamente di ocelli per terrorizzare gli altri.
E' una misura difensiva e, se funziona, il predatore torna alla propria tana lamentandosi: 'Ho visto la creatura più spaventosa di tutto il cielo - ghigni mostruosi e un selvaggio batter d'ali, pungiglioni e veleni!". I suoi simili ne restano impressionati ed escluderanno tale creatura dal loro menù.
La magia ha funzionato.

Credevo che soltanto i 'cattivi" indossassero maschere terrorizzanti, ma ora capite come mi sia lasciato ingannare dalla 'magia della maschera", dalla sua magia tremendamente spaventosa, dalla sua illusione.
Sono stato ingannato e sono fuggito. Ora vorrei scusarmi per aver divulgato tra voi quell'inganno come qualcosa di autentico: vi ho tenuti tutti seduti attorno al fuoco con gli occhi sbarrati dal terrore mentre vi raccontavo le storie degli orribili mostri che avevo incontrato; il mio viaggio di scoperta si concludeva con terrificanti visioni che portavo devotamente con me, mentre fuggivo verso la salvezza.
Ma salvezza da cosa? Da qualcosa che, passato il bisogno di nascondersi, sorrideva e rivelava la propria innocuità.

Ora, io non intendo abbandonare la mia dicotomia tra ciò che chiamo 'umano" e ciò che chiamo 'androide", quest'ultimo crudele e povera parodia del primo per bassi fini.
Ma mi ero fermato alle apparenze superficiali. Per distinguere le due categorie è necessaria maggiore astuzia.
Perché, se una natura gentile ed innocua si nasconde dietro una spaventosa maschera da guerra, è probabile che dietro una maschera gentile e buona si nasconda un malvagio assassino di anime umane.
In nessun caso ci possiamo fermare alle apparenze; dobbiamo invece penetrare fino al cuore di ognuno, fino al nocciolo della questione.

Probabilmente ogni cosa nell'universo ha uno scopo buono, nel senso che serve ai fini dell'universo. Ma possono esservi parti nascoste o sottosistemi che sottraggono vita. Dobbiamo trattarli per quello che sono, senza riferimenti al loro ruolo nella struttura totale.

Il Sepher Yezirah, un testo cabalista, Il Libro della Creazione, vecchio quasi duemila anni, ci dice: 'Dio ha anche messo l'uno contro l'altro; il bene contro il male, e il male contro il bene; il bene proviene dal bene, e il male dal male; il bene purifica il male e il male purifica il bene; il bene è riservato ai buoni, il male ai cattivi".

Dietro ai due avversari c'è Dio, che non è nessuno dei due ed è entrambi.
L'effetto del 'gioco" è che entrambi i giocatori vengono purificati.
Per questo l'antico monoteismo ebraico è così superiore alla nostra visione limitata.
Siamo creature in un Gioco e le nostre attrazioni ed avversioni sono predeterminate, non dal cieco caso, ma da pazienti e prudenti sistemi di tracce mnemoniche che noi vediamo solo indistintamente. Se fossimo in grado di vederli, chiaramente annulleremmo il 'gioco".
Ed evidentemente questo non interesserebbe a nessuno.
Dobbiamo avere fiducia in questi tropismi e, comunque, non abbiamo scelta - almeno fino a quando i tropismi ci sostengono.
In certe circostanze essi possono farlo e lo fanno. E a questo punto, molte cose che ci erano deliberatamente precluse, diventano chiare.

Ciò di cui dobbiamo renderci conto è che quest'inganno, questo oscurare le cose come dietro un velo - il 'Velo di Maya", come è stato chiamato - non è un fine in sé stesso, come se l'universo fosse in qualche modo perverso e si divertisse a confonderci per il puro piacere di farlo. No.
Quello che dobbiamo accettare, una volta che ci siamo resi conto che tra noi e la realtà esiste un 'velo" (che i Greci chiamavano dokos), è che questo velo serve una giusta causa.
Parmenide, il filosofo presocratico, è la prima persona nella storia dell'Occidente ad avere sistematicamente fornito la prova che il mondo non può essere come lo vediamo, che il dokos, il velo, esiste.
Troviamo esattamente lo stesso concetto espresso da S.Paolo, quando parla del nostro modo di vedere il mondo 'come riflesso sul fondo d'una lucente pentola di metallo".
E' chiaro che si sta riferendo alla nota concezione di Platone secondo cui noi vediamo solo immagini della realtà e, queste immagini, sono probabilmente inesatte e imperfette e quindi inaffidabili.
S.Paolo stava probabilmente aggiungendo qualcosa al famoso mito platonico della caverna: Paolo stava dicendo che forse l'universo lo vediamo a rovescio.

Il tremendo colpo inferto da questo pensiero non può proprio essere accettato, anche se intellettualmente riusciamo a concepirlo. E non tutti.
'Vedere l'universo al contrario? E cosa vorrebbe significare?".
Bene, lasciate che vi dia una possibilità: potrebbe voler dire che noi sperimentiamo il tempo al contrario, o, più precisamente, che la nostra categoria interiore e soggettiva di percezione temporale (nel senso in cui ne parlava Kant, di metodo attraverso il quale classifichiamo l'esperienza), la nostra esperienza del tempo è ortogonale al corso del tempo stesso, che forma con esso degli angoli retti.
Ci sono due tipi di tempo: il tempo che è la nostra esperienza, o percezione, o costrutto di matrice ontologica, un'ampiezza insieme allo spazio come inseparabile ampiezza in un'altra area.
E questo è reale, è il flusso temporale esterno dell'universo, che però si muove in una direzione diversa.
Entrambi sono reali, ma noi, percependo il tempo ortogonalmente rispetto alla sua effettiva direzione, ci facciamo un'idea completamente sbagliata della sequenza degli eventi, della causalità, di ciò che è passato e di ciò che è futuro, di dove sta andando l'universo.

Spero che vi rendiate conto dell'importanza di una tale cosa.
Il tempo è reale, sia come esperienza in senso kantiano, che nel senso in cui lo esprime il sovietico dottor Nikolai Kozyrev: il tempo è un'energia, è l'energia primaria che tiene insieme l'universo e tutta la vita dipende, da cui tutti i fenomeni traggono origine e attraverso cui si esprimono: è l'energia di ogni entelechìa e dell'universo stesso.

Ma il tempo, in sé stesso, non si muove dal nostro passato al nostro futuro.
Il suo asse ortogonale lo guida lungo un ciclo rotatorio all'interno del quale, per esempio, abbiamo 'fatto girare le nostre ruote", per così dire, nel lungo 'inverno" della nostra specie che è già durato almeno 2000 anni del nostro tempo lineare.
Evidentemente il tempo ortogonale o reale ruota in un certo qual modo come il tempo ciclico primitivo, nell'ambito del quale ogni anno era considerato lo stesso anno, ogni nuovo raccolto lo stesso raccolto ed ogni primavera era sempre la stessa primavera.
Ciò che rese l'uomo incapace di percepire il tempo in questo modo eccessivamente semplice, fu il fatto che la sua esistenza, in quanto individuo, abbracciava troppi di questi anni, sicché lui si vedeva sempre più logoro, mentre il raccolto del grano, i bulbi, le radici e gli alberi si rinnovavano ogni anno.
C'era bisogno di un'idea di tempo più adeguata che non quella troppo semplice del tempo ciclico.
Così l'uomo sviluppò, con riluttanza, l'idea di tempo lineare, che è un tempo cumulativo, come ha dimostrato Bergson: esso va solo in una direzione e viene aggiunto, o si aggiunge, ad ogni cosa man mano che procede.

Il tempo reale ortogonale è rotatorio, ma su una scala molto più vasta e, per molti aspetti, è simile al Grande Anno degli antichi; simile anche all'idea che ha Dante della misura temporale dell'eternità, idea che troviamo espressa nella Divina Commedia.
Durante il Medio Evo, pensatori come Erigena avevano cominciato a riconoscere la vera eternità o atemporalità, ma altri avevano anche cominciato a intuire che l'eternità implicava il tempo (l'atemporalità doveva essere una condizione statica), anche se il tempo doveva essere completamente diverso dal modo in cui lo percepiamo noi.
Un indizio si trova in quello che ripeteva insistentemente S.Paolo, cioè che gli Ultimi Giorni del mondo sarebbero stati il Tempo del Riscatto di Tutte le Cose.
Evidentemente la percezione che aveva di questo tempo ortogonale gli era sufficiente per capire che esso contiene in sé, come su un piano simultaneo o come un ampliamento tutto quello che era, proprio come i solchi di un LP contengono la parte di musica che è stata già suonata.
Essi non scompaiono dopo che la puntina li percorre.
Un disco è, in effetti, una lunga spirale e può essere rappresentato tramite la geometria piana.
Nello spazio, sebbene si possa dire che la 'puntina" accumuli la musica mentre scorre.
Potrebbero verificarsi delle disfunzioni come balzi all'indietro o in avanti, ma non servirebbero a un fine teologico: sarebbero degli slittamenti temporali. Tuttavia, qualora dovessero verificarsi, sarebbero utili a noi, osservatori o ascoltatori: tutto in una volta impareremmo molto di più sul nostro universo.
Credo che queste disfunzioni ontologiche del tempo accadano, ma che i nostri cervelli automaticamente generino dei sistemi di memoria falsi per oscurarle subito.
La ragione di questo riporta alla mia premessa: il velo o dokos sta lì ad ingannarci per un motivo valido, e le rivelazioni prodotte da queste disfunzioni temporali devono essere cancellate perché questo buon fine venga mantenuto.

All'interno di un sistema che deve generare un'enorme quantità di veli, sarebbe presuntuoso stare a discutere su che cosa è la realtà, quando la mia premessa sostiene che, qualora ci accadesse di penetrare questo strano sogno velato, esso si ripristinerebbe retroattivamente, in termini di nostre percezioni e in termini di nostre memorie.
Il mutuo sognare ricomincerebbe come prima perché, secondo me, siamo come i personaggi del mio romanzo 'Ubik", ovvero in uno stato di mezza vita, né morti né vivi, ma conservati in celle criogeniche, in attesa di essere scongelati.
Ricorrendo ai termini forse esageratamente familiari del procedere delle stagioni, è questo l'inverno di cui parlo; è inverno per la nostra razza, ed è inverno in Ubik per coloro che vivono a metà. Ghiaccio e neve li ricoprono; ghiaccio e neve ricoprono il nostro mondo in strati che noi chiamiamo dokos o Maya. Ciò che ogni anno scioglie la crosta o lo strato di freddo ghiaccio che ricopre il mondo è naturalmente il riapparire del sole.
Ciò che scioglie il ghiaccio e la neve da cui sono coperti i personaggi di Ubik, e che ferma il raffreddarsi delle loro vite, l'entropia che essi sentono, è la voce di Mr. Runciter, il loro precedente capo, che li chiama. La voce di Mr. Runciter non è altro che la voce che sente ogni bulbo, seme e radice nel terreno, il nostro terreno, nel nostro inverno. Una voce che grida: 'Svegliatevi! Dormiglioni, svegliatevi!!".
Ora vi ho detto chi è Runciter, della nostra condizione e di cosa parla veramente Ubik. Quello che ho anche detto è che il tempo è veramente come il dottor Kozyrev, in Unione Sovietica, suppone che sia, e che in Ubik esso è stato annullato e non procede più nel modo lineare che sperimentiamo. Appena questo succede, a causa della morte dei personaggi, noi lettori e loro personaggi vediamo il mondo com'è, senza il Velo di Maya, senza le nebbie oscuranti del tempo lineare. E' proprio quest'energia, il tempo, postulata dal dottor Kozyrev come quella che lega insieme tutti i fenomeni e mantiene la vita, che per la sua azione tiene nascosta la realtà ontologica sotto il proprio flusso.

Può darsi che in Ubik l'asse del tempo ortogonale sia stato rappresentato senza che io mi rendessi conto di ciò che stavo scrivendo: cioè la regressione formale degli oggetti su una linea completamente diversa da quella su cui, nel tempo lineare, essi erano stati costruiti. Questa regressione o 'riversione" è quella delle Idee Platoniche o Archetipi: un'astronave a razzo regredisce in un Boeing 747, poi ancora in un biplano 'Jenny" della Seconda Guerra Mondiale. Mentre è assai probabile che io abbia dato una visione drammatica del tempo ortogonale, è meno certo che questo sia un tempo ortogonale sottoposto a una riversione innaturale: cioè che si muove all'indietro.

Ciò che i personaggi in Ubik vedono può essere il tempo ortogonale che si muove lungo il suo asse normale; se noi stessi in qualche modo vediamo l'universo a rovescio, allora le 'regressioni" di forma subiscono gli oggetti in Ubik potrebbero essere il cammino verso la perfezione.
Questo significherebbe che il nostro mondo nel suo svolgersi nel tempo (piuttosto che nello spazio) è come una cipolla, con un numero quasi infinito di strati successivi. Se il tempo lineare sembra aggiungere strati, allora forse il tempo ortogonale, questi strati, li scopre, portando alla luce livelli di Esistenza sempre più spessi.
Viene in mente qui la concezione dell'universo di Plotino, secondo cui esso consisteva di cerchi concentrici di emanazione, ciascuno dei quali possedeva più Esistenze, o Realtà, di quello che lo seguiva.

Nell'ambito di quella ontologia, il regno dell'Esistenza, i personaggi, come noi stessi, sonnecchiano in mezzo ai sogni aspettando la voce che li desterà.
Quando dico che sia loro che noi stiamo aspettando che giunga la 'primavera", non sto semplicemente servendomi di una metafora.
La Primavera significa il ritorno termico, la fine del processo di entropia; la loro vita può essere espressa in termini di unità termiche, e quelle unità sono sparite.
E' la Primavera che ricostituisce quella vita - la ricostituisce completamente e in alcuni casi, come per la nostra specie, la nuova vita è metamorfosi; il periodo di sonno e un periodo di gestazione che si compie insieme ai nostri simili e che culminerà in una forma di vita completamente diversa da quella che abbiamo mai conosciuto finora.
Molte specie sono fatte così: attraversano cicli. Così, il nostro 'inverno" non è un semplice 'far girare le ruote" come potrebbe sembrare. Noi non sbocceremo sempre con gli stessi fiori che abbiamo prodotto ogni anno. Ecco perché è stato un errore per gli antichi credere che per noi fosse così. Per noi c'è un'accumulazione, la crescita per ognuno di noi di un'entelechìa non ancora perfetta né completa, e mai ripetibile.
Ognuno di noi è unico come una sinfonia di Beethoven e, quando questo lungo inverno finirà, come dei fiori appena sbocciati sorprenderemo noi stessi e il mondo che ci sta intorno.
Ciò che faremo, ciò che molti di noi faranno sarà gettare via le maschere che abbiamo indossato - maschere che dovevano essere scambiate per la realtà.
Maschere che sono riuscite a ingannare tutti, come dovevano.
Siamo stati come tanti Palmer Eldritch che avanzavano in mezzo alla fredda nebbia, alla foschia e al crepuscolo dell'inverno, ma tra non molto ne verremo fuori e solleveremo la maschera di ferro per rivelare il volto che essa nasconde.

E' un volto che neanche noi che indossiamo le maschere abbiamo mai visto.
Sorprenderà anche noi.

Perché la realtà assoluta riveli sé stessa, le nostre categorie della percezione spazio-temporale, la matrice fondamentale attraverso cui incontriamo l'universo, DEVONO essere abbattute per poi crollare del tutto.
In 'Martian Time-Slip" ho trattato di questo collasso per quel che riguarda il tempo.
In 'Maze of Death" ci sono infinite realtà parallele.
In 'Flow My Tears, The Policeman Said" il mondo di un personaggio invade il mondo in generale, dimostrando che per noi 'mondo" non significa altro che 'Mente": la Mente immanente che pensa, o piuttosto sogna, il nostro mondo.
Questo sognatore, come il sognatore in 'Finnegans Wake" di Joyce, comincia ad agitarsi e sta per riprendere conoscenza. Noi siamo dentro il suo sogno, questi molteplici sogni sono sul punto di avvolgersi in sé stessi, di scomparire come sogni, per essere sostituiti dal Vero Paesaggio della Realtà del sognatore. Noi ci uniremo a lui nel momento in cui lui vedrà ancora una volta questo paesaggio e si renderà conto di avere sognato.
Nel Bramanesimo si direbbe che un grande ciclo è terminato e che Brahma si muove e si sveglia ancora una volta, oppure che si addormenta dopo essere sveglio.
In ogni caso l'universo che noi percepiamo e che è un'estensione della sua Mente nello spazio e nel tempo, sta subendo le tipiche disfunzioni che hanno luogo alla fine di un ciclo.
Se preferite potete dire: 'La realtà sta crollando, il mondo sta diventando caos", oppure, insieme a me, potreste voler dire: 'Sento che il sogno, il dokos si solleva; sento che Maya si dissolve: io mi sto svegliando, 'Lui" si sta svegliando: sono il Sognatore: siamo tutti il Sognatore".
Si pensi qui a 'Overminder" di Arthur Clarke.

Ognuno di noi si troverrà a dover affermare o negare la realtà che sarà rivelata dal crollo delle nostre categorie ontologiche. Se sentite che il caos si avvicina, che quando il sogno svanirà non rimarrà più niente, o, peggio ancora, che vi troverete di fronte qualcosa di terribile, è questa la ragione per cui il concetto del 'Giorno dell'Ira" persiste ancora.
Molta gente è profondamente convinta che quando il dokos improvvisamente si dissolverà cominceranno tempi duri. Può anche darsi che sarà così. Ma io credo che il volto che si svelerà sarà sorridente, visto che la Primavera di solito non investe le creature con un calore che inaridisce, piuttosto le bacia con il tepore dei suoi raggi.
Può anche essere che nell'universo vi siano delle forze maligne che verranno alla luce con la rimozione del velo, ma se penso alla caduta della tirannia politica negli Stati Uniti nel 1974, mi sembra che l'esposizione alla luce del giorno di quel cancro repellente e la sua successiva rimozione dimostrino il grande valore che ha lo schiudersi alla luce del sole.
Forse ci toccherà subire degli shock come quello di renderci conto che durante la Nacht und Nebel, il tempo della notte e della nebbia, la nostra libertà, i nostri diritti, le nostre proprietà e persino le nostre vite erano state mutilate, deformate, saccheggiate e distrutte da vili creature che si sollazzavano in fasulli santuari giù fino a San Clemente, in Florida e in tutti gli altri posti.
Ma alla fine lo shock della rivelazione è stato più grave per i loro piani che non per i nostri.
Il nostro piano era solo quello di vivere secondo giustizia, verità e libertà.
Il precedente governo di questo paese ci costringeva a subire il suo potere arrogante e crudele e, nello stesso tempo, ci mentiva in continuazione attraverso tutti i canali di comunicazione.
Questo è un valido esempio del potere curativo della luce del Sole, di questo potere che prima ha scoperto e poi ha fatto avvizzire la vile pianta della tirannia che aveva messo radici nel cuore palpitante di un popolo buono.
Questo cuore batte ancora, più forte che mai, sebbene sia stato immerso in un profondo abisso; ma il cancro che si era insinuato dentro di lui - quel cancro è scomparso. Quella nera escrescenza che rifuggiva la luce e la verità e distruggeva chiunque la proclamasse sta a dimostrare cosa può nascere nel lungo inverno della razza umana.
Ma quell'inverno ha cominciato a finire nell'equinozio di primavera del 1974.

Qualche volta penso che il Sognatore abbia cominciato a scacciare la tirannia nel momento in cui ci ha destati; qui negli Stati Uniti egli ci ha mostrato la nostra condizione, il tremendo pericolo in cui ci trovavamo.

Uno dei migliori racconti e il più importante per la comprensione della natura del nostro mondo è 'The Lathe of Heaven", di Ursula Le Guin, in cui l'universo del sogno è articolato in modo così sorprendente e irresistibile che non sarebbe il caso di aggiungere ulteriori spiegazioni; non ne avrebbe alcun bisogno.
Credo che nessuno di noi prima di scrivere i propri racconti abbia letto qualcosa circa lo studio sui sogni di Charles Tart. Io l'ho fatto ora e ho letto anche qualcosa di Robert E. Ornstein, che è la persona della 'rivoluzione del cervello" alla Stanford University.
Dal lavoro di Ornstein emerge la possibilità che l'uomo abbia DUE cervelli completamente separati, invece che uno solo diviso in due emisferi uguali, che, di fatto, avendo un solo corpo egli abbia due menti (vi rimando all'articolo di Joseph E. Bogen 'The Other Side of the Brain: an Appositional Mind", pubblicato nella raccolta di Ornstein The Nature of Human Consciousness).
Bogen mostra come di tanto in tanto qualche studioso abbia fiutato la possibilità che abbiamo due cervelli, due menti, ma che soltanto con le moderne tecniche di rilevamento e con gli studi annessi sia stato possibile dimostrarla.
Per esempio, nel 1763 Jerome Gaub scriveva: '...Spero vogliate credere a Pitagora e Platone, i più saggi tra i filosofi antichi, che, come ci informa Cicerone, dividevano la mente in due parti, di cui una era dotata di ragione, l'altra ne era priva." L'articolo di Bogen contiene dei concetti talmente affascinanti che mi sono domandato perché non ci siamo mai resi conto che il nostro cosiddetto 'inconscio" non è affatto un inconscio, ma piuttosto un'altra coscienza, con la quale noi abbiamo un tenue rapporto. E' quest'altra mente o coscienza che ci sogna di notte - noi siamo il suo pubblico mentre essa ci ammalia con le sue storie; siamo piccoli bambini incantati... ed è questa la ragione per cui Lathe of Heaven può rappresentare uno dei libri fondamentali della nostra civiltà, soprattutto perché Ursula Le Guin, ne sono sicuro, è arrivata a formulare le proprie idee senza conoscere il lavoro di Ornstein e la straordinaria teoria di Bogen.
La conseguenza di questa teoria è che attraverso vari canali sensoriali i due cervelli ricevono esattamente gli stessi stimoli, solo che ciascuno di essi elabora le informazioni in maniera diversa. Ogni cervello lavora a modo proprio, un modo personale e unico (la parte sinistra è come un computer digitale; la destra un computer simile che lavora però per analogie).
Elaborando un'identica informazione i due cervelli possono pervenire a dei risultati completamente diversi - inoltre, poiché la nostra personalità si forma nel cervello sinistro, se il cervello destro trova qualcosa di vitale di cui la parte sinistra rimane all'oscuro, esso gliela comunica durante il sonno, attraverso il sogno.
Perciò il Sognatore, che di notte comunica con noi così urgentemente, neurologicamente deve essere collocato nel nostro cervello destro, che è il non-io.
Ma più di tanto (è possibile, ad esempio, che il cervello destro, come ha ipotizzato Bergson, svolga una funzione di traduttore o trasformatore delle informazioni ultrasensoriali che stanno al di fuori della sfera del cervello sinistro?) non possiamo ancora dire.
Penso, tuttavia, che l'incantesimo del dokos sia intessuto dal plurale dei nostri cervelli destri, noi come specie tendiamo a stare completamente in uno solo degli emisferi, lasciando che l'altro faccia quanto deve per proteggerci e per proteggere il mondo.
Tenete in mente che questa proiezione è bilaterale, uno scambio tra il mondo e ciascuno di noi: ognuno di noi è un tesoro che va curato teneramente e protetto, ma lo stesso si può dire del mondo e dei semi che in esso sono nascosti, addormentati. Gli altri semi nascosti. Così, attraverso il velo di Kalì, l'emisfero destro di ognuno di noi, siamo tenuti all'oscuro di ciò che per ora non dobbiamo sapere. Ma questo tempo sta per terminare, quest'inverno si sta per sciogliere, insieme ai suoi terrori, alle sue tirannie e alla sua neve.

La migliore descrizione della formazione di questo dokos-velo che io abbia mai letto appare in un articolo in Science-Fiction Studies, del Marzo 1957, scritto da Frederic Jameson e intitolato: 'After Armageddon: Character Systems in Dr. Bloodmoney", che è un mio poco noto romanzo.
Cito dall'articolo: 'I lettori di Dick conoscono bene questa incertezza da incubo, questo fluttuare della realtà, a volte ottenuto con l'uso di droghe, a volte causato dalla schizofrenia e a volte dai nuovi poteri della fantascienza, per cui il mondo psichico esce all'esterno e riappare sotto forma di simulacri o di un'astuta riproduzione fotografica dell'esterno".
(Spero che Jameson intenda dire droghe nella scrittura e schizofrenia nella scrittura, non in me, ma va bene anche così).

Dalla descrizione di Jameson si capisce come qui si stia parlando di qualcosa di molto simile al Maya, ma anche ad un ologramma. Ho la netta sensazione che Carl Jung avesse ragione quando parlava dei nostri inconsci, quando diceva che essi formano un'unica entità o, come lui lo chiamava, un 'Inconscio Collettivo". In questo caso, questa entità cerebrale collettiva, formata letteralmente da miliardi di 'stazioni" che trasmettono e ricevono, formerebbe un'enorme rete di comunicazione e di informazione, in molto simile al concetto di antroposfera di Teilhard De Chardin.
Questa è l'antroposfera, altrettanto reale quanto lo sono la ionosfera o la biosfera.
Essa è uno strato dell'atmosfera terrestre composto da proiezioni olografiche ed informative convergenti in una Gestalt unificata e continuamente processata e la cui fonte è l'insieme dei nostri cervelli dell'emisfero destro.
Questo costituisce una vasta Mente, immanente in noi, di un tale 'potere" e di una tale Saggezza da sembrarci uguale al Creatore.
Questa era, ad ogni modo, la visione del dio di Bergson.

E' interessante notare come i brillanti filosofi greci fossero profondamente turbati dalle attività degli déi; essi potevano vedere le loro azioni e (almeno così credevano) gli stessi déi, ma, come dice Xenofane: 'Se ad un uomo dovesse mai accadere di dire la più assoluta verità, egli stesso non lo saprebbe, perché tutte le cose sono avvolte nelle apparenze".

I Presocratici si erano fatti quest'idea in virtù del fatto che, pur vedendo la molteplicità, essi sapevano a priori che ciò che vedevano poteva non essere reale, dal momento che solo l'Uno esisteva.

'Se Dio è tutte le cose, allora le apparenze sono certamente ingannevoli; e sebbene l'osservazione del cosmo possa dare adito a generalizzazioni e speculazioni riguardo le intenzioni di Dio, alla conoscenza di tali intenzioni si potrebbe pervenire soltanto tramite un contatto diretto con la Mente Divina".

(Ho citato Edward Hussey nel suo stupendo libro The Pre-Socratics).
L'autore continua citando due frammenti di Eraclito: 'La natura delle cose sta nella tendenza di ogni cosa a nascondere la propria natura." (Frammento 123); 'La struttura latente è il fondamento di quella visibile." (Frammento 54).

Vorrei rammentarvi che gli antichi greci ed ebrei non concepivano Dio o la Mente di Dio al di sopra dell'universo, ma 'dentro" di esso: Mente immanente o Dio immanente è l'universo visibile come il corpo di Dio, sicché Dio stava all'Universo come la psiche sta al soma.
Ma loro prendevano anche in considerazione la possibilità che Dio non fosse la grande psiche, ma Noë, un tipo di mente diversa; in questo caso l'Universo non era il corpo di Dio, ma Dio stesso. L'universo spazio-tempo ospita Dio, ma non è una parte di Dio; Dio è soltanto quest'enorme rete o campo di energie.

Supponete (e non sbagliereste a farlo) che le nostre menti siano dei campi energetici di un certo tipo e che noi siamo sostanzialmente dei campi interagenti, piuttosto che particelle distinte e separate: in questo modo non ci sarebbe più alcuna difficoltà teoretica a comprendere questa interazione tra i miliardi di segni cerebrali che vengono emanati, si modellano e si rimodellano nell'antroposfera.
Tuttavia, se voi siete ancorati alla visione ottocentesca, vedendovi come un fragile organismo, in molto simile a una macchina e composto di parti - bene, vi renderete conto di come sarebbe impossibile per voi fondervi con l'antroposfera. Siete una cosa unica e concreta. Ed è questa concretezza nel guardare noi stessi e nel considerare la vita ciò di cui dobbiamo liberarci.
Secondo molte opinioni moderne noi siamo campi energetici che si sovrappongono ed interagiscono con quelli degli animali, delle piante, in ciò che viene chiamata Ecosfera.
E dentro ci siamo tutti.
Ma ciò di cui non ci rendiamo conto è che i miliardi di emisferi cerebrali di sinistra, ognuno distinto e completamente orientato verso l'ego, hanno molte meno cose da dire sulle ultime tendenze di questo mondo di quante non ne abbia la Mente Collettiva dell'antroposfera che unisce in sé tutti i nostri cervelli dell'emisfero destro, e di cui ciascuno di noi è partecipe.
Sarà lei a decidere e non ritengo impossibile che questa immensa antroposfera plasmatica, che avvolge l'intero nostro pianeta in un velo, possa interagire verso l'esterno, in campi di energia solare, e da lì in campi cosmici. Ciascuno di noi, dunque, può partecipare al cosmo - se solo è disposto a dare ascolto ai propri sogni.

E saranno i suoi sogni a trasformarlo da una pura e semplice macchina in un autentico Essere Umano.
Non dovrà più andare in giro con aria solenne a far risuonare il suo minaccioso ferro, non dovrà più governare il suo piccolo regno quaggiù; si librerà in alto, volando come un campo di ioni negativi, come l'entità Ubik nel mio romanzo che porta questo nome: un'entità che è vita e che dà vita, ma che non definisce mai sé stessa perché a lei - a noi - non può essere dato un nome preciso.

Mentre ci muoviamo nel molteplice - qualunque delle due ipotesi sia la più corretta, cioè che progrediamo in avanti nel tempo lineare, oppure stiamo fermi mentre il tempo lineare va avanti - noi, come entelechìe, riceviamo continuamente segnali e informazioni e, soprattutto, veniamo disinibiti da impulsi che provengono dall'universo che ci circonda; in questo modo è possibile mantenere l'armonia tra tutte le parti dell'universo.
Non c'è disegno più grandioso di questo: essere consapevole che io, in qualità di entelechia rappresentativa, devo rivelarmi solo quando questi segnali prestabiliti mi raggiungono e che il controllo del quando (la posizione nel tempo) ciascuno di questi segnali giungerà è interamente nelle mani dell'universo... giungere a capire questo è emozionante e mi rende consapevole dell'infrangibile legame tra me e il mio ambiente.

C'è un tale ordine nella corrispondenza tra i sistemi mnemonici dentro ognuno di noi e l'accumularsi di segnali che questi sistemi lanciano in sequenza, da far pensare che la Causa Prima che ha prodotto l'entelechia e che ha impresso nella memoria e fissato quei sistemi, conosceva con assoluta precisione il punto lungo il percorso del tempo in cui avrebbero avuto luogo i segnali disinibitori.
Qui non c'entra il caso: il più felice dei casi è il più astuto dei piani dell'universo.

A volte mi domando come abbiamo potuto immaginare che la nostra specie fosse esente dagli istinti che le specie inferiori palesemente hanno.
Quello che tuttavia ci distingue è che, ad esempio, le formiche vengono disinibite tutte dallo stesso segnale, a cui fa seguito lo stesso comportamento. E' come se di volta in volta fosse coinvolta sempre la stessa formica, all'infinito.
Per quanto riguarda noi, invece, ognuno è una entelechia unica, ed ognuno riceve uniche sequenze di segnali - ai quali ognuno reagisce in maniera unica. Eppure quello che la formica sente è sempre il linguaggio dell'universo.
Vibriamo tutti di una gioia comune.

Io stesso ho tratto molto del materiale per le mie scritture dai sogni.
In 'Flow My Tears", ad esempio, il potente sogno che fa Felix Buckman verso la fine, quello del vecchio saggio a cavallo, era un sogno che io avevo avuto veramente al tempo in cui scrivevo il romanzo.
In 'Martian Time-Slip" ho inserito così tante esperienze onoriche che ora, quando leggo il romanzo, non so distinguerle dal resto.

Ubik era originariamente un sogno, o una serie di sogni. Secondo me esso contiene delle tematiche molto vicine alla concezione del mondo dei filosofi presocratici, che, quando scrissi il libro, non conoscevo (per citarne una, la concezione di Empedocle). E' possibile che prima che venissero sviluppate le trasmissioni radio, l'antroposfera contenesse moduli di pensiero sotto forma di energia debolissima; in seguito il livello di energia dell'antroposfera ha passato il limite ed ha assunto una vita propria. Esso non è più servito da semplice e passivo deposito dell'informazione umana (i 'Mari della Conoscenza" in cui credevano gli antichi sumeri), anzi, per l'incredibile flusso di carica emanato dai nostri segnali elettronici e per il materiale ricco di informazione contenuto in questo flusso, noi gli abbiamo conferito il potere di varcare una vasta soglia; abbiamo, per così dire, fatto risoregere quello che Filone ed altri antichi chiamavano Logos.
Perciò se questa teoria fosse corretta, l'informazione avrebbe acquistato una vita propria e possiederebbe una propria mente collettiva indipendente dai nostri cervelli.
Essa non sa semplicemente quello che sappiamo noi, ne ricorda solo ciò che una volta era conosciuto: è un titanico sistema A.I.
La differenza sarebbe come tra un registratore in grado di 'ricordare" una sinfonia di Beethoven dopo averla 'ascoltata", ed uno in grado di crearne di nuove di volta in volta. La Biblioteca del Cielo, dopo aver letto tutti i libri che ci sono e che ci siano mai stati, sta ora scrivendo il proprio, e di notte esso ci viene letto - ci viene raccontata l'appassionante storia di questo grandioso Work-In-Progress.

Devo menzionare l'articolo di Ian Watson in 'Science-Fiction Studies" sul libro della Le Guin 'Lathe of Heaven"; in questo eccellente articolo l'autore allude a quella che potrebbe essere la più significativa storia che la fantascienza abbia finora prodotto: il racconto di Fredric Brown apparso in Astounding, 'The Waveries". Dovete leggere questo racconto; se non lo fate potreste morire senza aver capito il divenire dell'universo che vi circonda.
I Waveries erano stati attratti sulla Terra dalle nostre onde radio; erano giunti in forme analoghe, così simili alle nostre trasmissioni (SOS e così via) che all'inizio non si riusciva a capire cosa stesse succedendo. A proposito di 'Lathe of Heaven", Watson dice:

...Chiaramente George (Orr) sognava un'invasione ostile che diventava pacifica; tuttavia la probabilità dominante è che gli alieni appartengano, come loro stessi affermano, 'al Tempo dei Sogni" che tutta la loro cultura ruoti attorno alla condizione di 'Realtà Che Sogna di Essere", che essi siano stati attratti sulla Terra come i Waveries del racconto di Fredric Brown, ma da onde onoriche invece che da onde radio.

Questa tematica, che appare sia nel lavoro della Le Guin che nel mio, potrebbe sembrare roba spaventosa.
Cosa sono i sogni?
Chi sono queste entità dell'universo dei sogni giunte qui da un'altra stella (da Aldebaran nel racconto della signora Le Guin)?
Gli UFO che la gente vede, sono forse ologrammi proiettati dai loro inconscio, che agisce da trasformatore ed anche da traduttore di queste strane creature dell'universo dei sogni?

Per tutto lo scorso anno ho fatto molti sogni, che sembravano indicare - sottolineo il 'sembravano" - che da qualche parte della mia testa si stesse svolgendo una comunicazione telepatica, ma da quando ho parlato con Henry Korman, un collega di Ornstein, preferisco pensare che si trattasse semplicemente dei miei emisferi destro e sinistro che conversavano in un dialogo alla Martin Büber. Eppure molto del materiale onirico sembrava essere oltre le mie personali capacità creative.
Ad un certo punto, nel sogno si tentava di farmi descrivere un complicato principio di ingegneria che mi veniva mostrato sotto forma di un motore circolare con due ruote gemelle che ruotavano in direzioni opposte, molto simile all'alternarsi degli opposti Yin e Yang nel Taoismo (e molto simile a come Empedocle vedeva l'amore contrapposto al conflitto, l'interazione dialettica del mondo).
Ma questo che appariva nel mio sogno era un vero congegno di ingegneria. Mi mostravano una matita e mi dicevano: 'Questo principio era conosciuto nel tuo tempo". E mentre io mi precipitavo in cerca di una matita, loro aggiungevano: 'Conosciuto, ma sepolto in una cantina e abbandonato".
C'era un elaborato meccanismo a camme tra i due rotori, ma, al risveglio, non sono riuscito a capire come funzionasse.
Tuttavia, sogni successivi, mi chiarirono che un particolare trattamento dell'acqua marina, tramite un processo osmotico, ci avrebbe potuto fornire, non solo acqua pura, ma anche una fonte di energia.
Purtroppo loro avevano scelto l'essere umano sbagliato per quel genere di informazioni; io non ero capace di comprenderlo. Allora spesi più di mille dollari in libri per cercare di capire cosa mi fosse stato mostrato, e imparai questo: in questo sistema a rotori gemelli, qualcosa che aveva a che fare con un alto fattore di isteresi, veniva trasformato da difetto in vantaggio. Il meccanismo non aveva bisogno di un sistema frenante; i due rotori giravano sempre alla stessa velocità e la torsione veniva trasferita da una catena a camme.
Vi ho fatto questa descrizione solo per mostrarvi o che il mio inconscio ha letto articoli d'ingegneria che esulano sia dalla mia memoria che da una mia attenzione e un mio interesse consapevoli, oppure che con noi c'è, supponiamo, della gente dell'universo dei sogni proveniente, sempre supponiamo, da Aldebaran o da qualche altra stella.
Che vogliano unire la loro antroposfera con la nostra? E offrire così un aiuto a un pianeta mutilato, appassito, che è stato immerso in una palude, nella morte dell'inverno per oltre 2000 anni?
Se portano con loro la Primavera, allora, chiunque essi siano, dò loro il benvenuto.
Come Joe Chip in 'Ubik", io temo il freddo, la fatica; temo di morire di stanchezza su delle scale che non finiscono mai, mentre qualcuno crudele, o chiunque indossi una maschera crudele, sta a guardare senza offrire alcun aiuto - la macchina, priva di empatia, guarda come puro e semplice spettatore lo stesso orrore che perseguita Harlan Ellison.
Ciò è forse più spaventoso del killer stesso (in Ubik era Jory), figura che vede ma non dà aiuto, non porge la mano.
Questo è per me l'androide e, per Harlan Ellison, il semidio del male; entrambi tremiamo alla sola idea della sua esistenza.
Quello che posso dirvi degli abitanti dell'universo dei sogni è che, se veramente esistono, chiunque siano, non sono certo degli indifferenti androidi. Sono umani nel più profondo dei sensi: hanno offerto aiuto al nostro pianeta, alla nostra ecosfera inquinata, contribuendo forse a rovesciare la tirannia che attanagliava gli Stati Uniti, il Portogallo, la Grecia e, forse chissà, un giorno abbatteranno anche la tirannia del blocco sovietico.
Questo è ciò a cui penso quando parlo di Primavera: le porte di ferro della prigione che si sollevano e i poveri prigionieri, come nel Fidelio di Beethoven, lasciati uscire alla luce del sole.
Ah, quel momento dell'opera in cui essi vedono il sole e ne sentono il calore!
E poi, alla fine, il richiamo alla libertà, la tromba che suona la fine della loro crudele prigionia.
L'aiuto, da fuori, è alfin giunto.

Ogni tanto qualcuno si avvicina ad uno scrittore di fantascienza e con un folle sorriso di complicità gli dice: 'Io so che quello che stai scrivendo è vero e che in codice. Tutti voi scrittori di fantascienza siete dei ricevitori privilegiati dei loro messaggi".
Naturalmente io domando chi sono 'Loro". La risposta è sempre la stessa.
'Lo sai. Lassù. Gli extraterrestri. Sono già qui e vi stanno usando. Lo sapete anche voi...", io accenno un sorriso e filo via.
Continua a succedermi. Bene, detesto ammetterlo, ma è possibile che 1) esista qualcosa come la telepatia e 2) che l'idea del progetto CETI, che si possa comunicare telepaticamente con esseri extraterrestri, sia forse ragionevole - se esiste la telepatia e se esistono gli extraterrestri.
Altrimenti staremmo tentando di comunicare con qualcuno che non esiste e servendoci di un sistema che non funziona.
Almeno questo terrà molti di noi occupati per un lungo periodo di tempo.
Ma ora apprendo che un gruppo di astronomi sovietici, evidentemente capeggiato da quello stesso dottor Nikolai Kozyrev, la cui teoria del tempo-energia è stata più sopra da me menzionata, sostiene di aver ricevuto dei segnali da un ET all'interno del nostro sistema solare.
Se questo fosse vero - mentre noi diciamo che i sovietici stanno osservando dei vecchi, insulsi ed inutili segnali provenienti dai satelliti da noi stessi abbandonati e da altre astronavi spazzatura - bene, supponete che questi ET siano delle entità o una mente collettiva o che siano, diciamo, immersi nel grande plasma che sembra circondare la Terra e che è legato alle eruzioni solari e a cose del genere.
Sto parlando naturalmente dell'antroposfera. Essa è infatti sia 'extra", sia 'terrestre" e, forse, ha una forte somiglianza con ciò di cui la signora Le Guin ha scritto il 'Lathe of Heaven". E come ogni appassionato di fantascienza sa, anche i miei lavori trattano simili tematiche... e così diamo un po' di noiosa plausibilità a questi strani tipi che assalgono ogni scrittore di fantascienza dicendo: 'Quello che scrivi è in codice..." ecc.
In verità, è possibile che noi siamo influenzati, specialmente durante i sogni, da un'antroposfera che è prodotta da noi stessi, capace di un lavorìo mentale indipendente, che ha rapporti con gli ET, che è, insomma, un miscuglio di tutto questo e Dio solo sa cos'altro. Questo potrebbe non essere il vero Creatore, ma sarebbe tanto vicino alla Mente Infinita quanto noi saremmo mai in grado di giungervi, e anche abbastanza vicino. Che sia qualcosa di buono è ovvio, giacché, per ricordare l'osservazione di Maslow, se alla Natura non fossimo piaciuti, Essa ci avrebbe sterminati molto tempo fa.
E qui per Natura si legga Antroposfera Infinita.

Forse siamo noi le vere macchine, noi umani, dal volto caldo e tenero e dagli occhi gentili.
E quelle costruzioni oggettive, gli oggetti naturali che ci circondano e, soprattutto, gli hardware elettronici che costruiamo, i radiotrasmettitori e i ripetitori a microonde, i satelliti, forse sono solo veli che ricoprono autentiche realtà viventi, considerando che essi possono partecipare più pienamente e in un modo a noi oscuro alla Mente Suprema.
Forse noi vediamo, non solo un velo deformante, ma vediamo anche al contrario. Forse il modo di avvicinarsi più approssimativamente alla verità sarebbe quello di dire: 'Ogni cosa è ugualmente viva, ugualmente libera, ugualmente sensibile, perché ogni cosa non è viva, semiviva o morta, ma, piuttosto, vissuta attraverso".
I segnali radio sono lanciati da un trasmettitore; passando attraverso i vari componenti essi vengono modificati ed amplificati, i loro contorni cambiano, il rumore di fondo viene eliminato e respinto...
Noi siamo estensioni, come quei bracci metallici che afferrano gli oggetti radioattivi per gli scienziati.
Siamo guanti che Dio indossa per muovere le cose a Suo piacimento. Per qualche ragione Egli preferisce maneggiare la Realtà in questo modo.

Noi siamo abiti che Egli crea, indossa, logora e di cui alla fine si disfa.
Siamo anche armature. Cosa che dà un'impressione ingannevole a certe altre farfalle nascoste dentro certe altre armature.
Dentro l'armatura c'è la farfalla e dentro la farfalla c'è... il segnale da un'altra stella.

Nel racconto che sto scrivendo (che il Sognatore, forse, sta esprimendo attraverso me) questa stella si chiama Albemuth. Quando mi venne l'idea non avevo ancora letto il racconto della signora Le Guin 'Lathe of Heaven", ma chi ha letto quel racconto vi troverà anche spiegato ciò che intendevo dire poco fa quando parlavo del nostro essere stazioni all'interno di un'enorme rete senza neppure rendercene conto.

Considerate questa Meditazione di Rumi, un detto Sufi di Idries Shah, uno dei preferiti tra i Sufi moderni: 'L'Artigiano si nasconde all'interno del suo laboratorio".

Poiché è evidente come sia stato il dottor Ornstein più di chiunque altro ad aprire la strada alla scoperta di questa nuova visione del mondo, che implica una parità bilaterale del cervello che non era mai stata neanche sospettata sin dai tempi di Pitagora e Platone, recentemente mi sono fatto coraggio e gli ho scritto.
I miei ammiratori ogni tanto mi scrivono e le loro mani tremano nervosamente; quando ho scritto al dottor Ornstein era tutta la macchina da scrivere che tremava nervosamente.
Ecco il testo della mia lettera, che riporto qui quale nota conclusiva, per far capire in che modo io sia riuscito col suo aiuto a trascendere le categorie realtà-contro-illusione, portando così a compimento vent'anni di studi e di sforzi da parte mia.


Caro dottor Ornstein,
Recentemente ho incontrato Henry Korman e Tony Hiss (Tony era venuto ad intervistarmi per il New Yorker).
Stavo facendo una meravigliosa discussione sul Sufismo con Henry, quando gli ho espresso la mia ammirazione, che sconfinava quasi in un fanatico entusiasmo per la Sua opera di pioniere per quel che riguarda la parità degli emisferi cerebrali.
Così, avendo appreso che loro La conoscono, mi sono fatto coraggio ed ora Le scrivo per chiederLe: cosa è stato di me da quando ho incominciato ad entrare in contatto con il mio emisfero destro (mi sono servito soprattutto di vitamine dalla formula ortomolecolare, unite a molta meditazione)?

Voglio dire, dottor Ornstein, che questo è successo dieci mesi fa, e da dieci mesi sono una persona diversa. Ma quello che mi pare straordinario (sto scrivendo un libro in proposito, ma in forma narrativa, un romanzo intitolato 'To Scare the Dead") è che... beh, mi lasci prima descrivere come ho impostato l'argomento del racconto.

Nicholas Brady, un comune cittadino americano con valori ed esigenze del tutto ordinari nel mondo contemporaneo (soldi, potere, prestigio), sente improvvisamente risvegliarsi dentro di sé un'entità che ha dormito per 2000 anni.
Questa entità è un Esseno, morto con la granitica certezza di una futura resurrezione. Questa certezza nasceva dal fatto che lui ed altri individui di Qumran conoscevano formule segrete, medicamenti e pratiche scientifiche in grado di garantire il ritorno alla vita.
Così, improvvisamente, il nostro protagonista, Nicholas Brady, scopre di essere due persone: il vecchio sé stesso, con il suo lavoro e i suoi fini materiali, e questo Esseno che viene dal 45 A.D., un mistico con valori spirituali e strenuamente impegnato in una lotta contro il materialismo del mondo terreno, che egli vede come la 'Città di Ferro".
La mente di Qumran prende il sopravvento e spinge ad una serie di complicate azioni, finché non diventa chiaro che altri uomini come questo Esseno stanno resuscitando in varie parti del mondo.

Studiando la Bibbia sotto la guida della personalità dell'Esseno di Qumran, Brady scopre che il Nuovo Testamento è in codice. La personalità dell'Esseno è in grado di leggerlo. 'Gesù" è in realtà Zagreus-Zeus e ha due personalità, una mite ed estremamente potente, a cui i suoi seguaci possono rivolgersi a seconda del bisogno.

La personalità dell'Esseno di Qumran, che io, per esigenze narrative, chiamo Thomas, a poco a poco informa Brady che questi sono i Parusia, i Giorni Finali e che lui si deve tenere pronto.
Thomas preparerà Brady facendo rinascere in lui il ricordo della sua natura divina, un processo che Thomas chiama 'anamnesi".
Thomas instaura con Brady un particolare rapporto di parità, ma per far fronte all'incredibile ignoranza di Brady, crea come fonte d'insegnamento l'entità Erasmus, stazione dell'antroposfera così satura attorno alla Terra che, se ne siete consapevoli, potete anche usufruirne consciamente. Sono questi i 'Mari della Conoscenza", il 'Grande Archivio Akasico" di cui si parlava nell'antichità e a cui attingeva la Sibilla di Delfi.

Ma questo è una copertura, perché Brady capisce che in realtà gli uomini di Qumran veneravano come Dio, non Gesù, ma Zagreus e, facendo delle ricerche, egli presto scopre che Zagreus era una specie di Dioniso.
Il Cristianesimo è una forma adulterata più recente del culto di Dioniso, raffinato attraverso l'affascinante figura di Orfeus. Questi, come Gesù, è vero solo se lo si intende come un Dioniso reso più socievole.
Nato qui, ma figlio di un'altra razza, non umana in visita sulla Terra, Zagreus ha dovuto imparare gradualmente a modificare la sua 'follia", che ora è mantenuta ad un livello molto basso.
Fondamentalmente egli è tra noi per ricostruirci come espressione di sé, e il Modus Operandi di ciò è il nostro essere posseduti da lui - cosa che i primi cristiani ricercavano e nascondevano agli odiati romani.
Dioniso-Zagreus-Orfeus-Gesù ha sempre lottato contro il Dio Della Primavera, della nuova vita, delle piccole creature indifese; lui invece è il dio della frenesia e del delirio. E del mio stare qui seduto, giorno dopo giorno, a lavorare a questo romanzo.

Ma nel romanzo Thomas dice: 'I Giorni Finali sono giunti. Il rovesciamento della tirannia è quello che, usando un linguaggio molto colorito, Giovanni descriveva nella Rivelazione (Apocalisse). Gesù-Zagreus sta prendendosi ciò che gli appartiene, una cosa dopo l'altra. Egli vive ancora.

Durante l'"Inverno" si credeva che Dioniso, dio della vite, della vegetazione, delle messi, dormisse. Si sapeva che, per quanto sembrasse morto (in 'Finnegans Wake" di Joyce c'è uno stupendo aneddoto in proposito, quando per sbaglio viene versata della birra sul cadavere ed esso si rianima), lui in realtà era vivo, anche se non lo si poteva provare. E poi - non senza sorpresa da parte di coloro che lo capivano e che credevano in lui - ecco che Dioniso rinasceva. I suoi seguaci sapevano che sarebbe accaduto; essi conoscevano il segreto ('Guarda! Ti svelo un sacro segreto", ecc.).
Sto parlando delle religioni misteriche, di tutte, compreso il Cristianesimo. Il nostro Dio ha dormito per tutto il lungo inverno della civiltà umana (non per un ciclo stagionale, ma dal 45 A.D. fino ad ora, attraverso i secoli dell'Inverno Mentale).
Proprio quando l'inverno stringe tutto nella sua morsa, seppellisce tutto sotto la neve della disperazione e della rovina (nel nostro caso caos politico, rovina morale, economica, ecologica, umana e spirituale - l'inverno del nostro Pianeta, del nostro mondo, della nostra civiltà), proprio allora la vite, grinzosa, vecchia e apparentemente morta, irrompe in una nuova vita e il nostro Dio rinasce, non fuori, ma in ognuno di noi.
Dopo aver dormito, non nel terreno sotto la neve, ma dentro gli emisferi destri dei nostri cervelli.
Abbiamo atteso, ma non sapevamo cosa attendevamo.
Ecco cosa: la Primavera per il nostro Pianeta, in un modo più profondo, intimo, essenziale.
Le fredde catene di ferro stanno per essere SPEZZATE!!

Ma, quale miracolo! Come succede al mio personaggio Nicholas Brady, anche nel mio emisfero destro si è destato Zagreus (o chi per lui) e, mentre la nuova vita scorreva in me, io sentivo il suo vigore, la sua personalità, la sua saggezza divina.
Egli odiava le ingiustizie che vedeva attorno a lui, le menzogne, gli abusi e i soprusi, ricordando 'Le care terre solitarie non disturbate dagli uomini, dove tra il verde ombroso / Le piccole creature della foresta vivevano non viste" (Euripide).

Dottor Ornstein, grazie per aver aiutato l'inverno a finire e per aver inaugurato, non la semplice primavera, ma la Vera Vita della Primavera che dormiva dentro di noi.

Credo che la linea di demarcazione tra realtà e allucinazione sia diventata essa stessa una specie di allucinazione e che, forse, io stia prendendo troppo sul serio i miei sogni. D'altra parte in questo momento c'è un grande interesse, per esempio, intorno alla tribù Senoi della Penisola Malay (vedi l'articolo di Kilton Stewart 'Dream Theory in Malaya" in Altered States of Consciusness di Charles T. Tart).
In un sogno mi è stato mostrato che la parola 'Jesus" è un codice, un neologismo, non un vero nome, gli esoterici, che anticamente leggevano il testo (come gli uomini di Qumran, forse), avrebbero visto i nomi 'Zeus" e 'Zagreus" combinati insieme in 'Jesus". Credo che si chiami codice di sostituzione.
Normalmente non si darebbe molto credito a un sogno come questo, o ad ogni sogno che potrebbe essere una reale entità, un sistema, ad esempio, A.I. in grado di fornire accurate informazioni che altrimenti nessuno riuscirebbe a procurarsi.
Ma, qualche giorno fa, mentre sfogliavo uno dei miei libri per controllare l'ortografia di una parola, ho trovato questi passaggi sorprendentemente simili, il primo dei quali è conosciuto da tutti, visto che conclude le nostre sacre scritture, ovvero il Nuovo Testamento: <<...Sono la radice e la discendenza di Davide, la luminosa stella del mattino>>. (Rivelazione 22:16 - Gesù che descrive sé stesso).
E:
'Di tutti gli alberi che esistono
Lui ha il suo gregge, e si ciba radice per radice,
Il Dio della Gioia Dioniso, la pura stella
Che brilla tra il raccolto dei frutti."
(Pindaro, una delle quartine preferite da Plutarco, 430 a.C. circa).

Cosa sono i nomi?
Questo è il dio dell'intossicazione, quello che ti fa assumere il fungo sacro (cfr. John Allegro) o ti fa bere il vino, è quello che ti fa trovare la barzelletta così divertente da perdere del tutto la ragione a forza di ridere e di piangere, come quando guardi le comiche.
Nella breve stanza di Pindaro troviamo un gregge, troviamo degli alberi e, in aggiunta ai due più importanti simboli comuni anche a Gesù, grazie ai quali tutti gli esoterici ancora oggi lo riconoscono, troviamo due termini ancora più segreti: la radice e la stella.

Il riferimento a 'radice" e 'stella" potrebbe essere interpretato come equivalente ad una estensione temporale di 'Io sono Alfa e Omega", sarebbe a dire l'inizio e la fine.

Ma io vedo qualcos'altro nella stella, nella luminosa stella del mattino: penso che Pindaro stesse dicendo:
'Il segnale che la Primavera dell'uomo è giunta proviene da un'altra stella".
Abbiamo amici che sono extraterrestri e la stella, come lui ci ha detto, è quella luminosa del mattino.
La Stella dell'Amore.


Philip K. Dick
---------------------------------------------------------------------- -----
_________________


Hic Sunt Ignoti Mundi

Sudrak Al Salik - Nomade Stellare Zensunni
 Back to top »
View user's profile Visit poster's website MSN Messenger ICQ Number
Dune Italia Forum Index » Cronache dall'Erg Celeste » Manifesto di filosofia Dickiana
All times are GMT
Page 1 of 1






Citazioni

Ecco l'ayat e il buhran della Vita. Credi e al-Lat non ti consumerà mai.

-- Manuale del Deserto Amico (da una pagina del micromanuale di sopravvivenza Fremen) (Dune - pag.199 - Ed.Nord)