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Imperialismo e Globalizzazione: la Lezione di Dune

Kevin C. Williams
Imperialismo e Globalizzazione: la Lezione di Dune
Kevin C. Williams

Imperialismo e Globalizzazione: la Lezione di Dune 

Kevin Williams

 

Le sabbie deserte della democrazia 

Ci siamo lasciati ammaliare da inutili riti, e da pompose cerimonie. Abbiamo concesso la fiducia a chi schiaccia le voci fuori dal coro. Gli abbiamo regalato il potere di commettere atrocità, tutto nel nome della rettitudine... tutto nel nome di Muad'Dib [leggi: nel nome della democrazia]. Abbiamo distrutto il nostro ambiente, e lui ci sta distruggendo a sua volta... Tutti gli esseri umani commettono errori, e tutti i leader non sono altro che esseri umani.

Il Sentiero Dorato

Queste sono le parole del Predicatore (un personaggio dei Figli di Dune che è contemporaneamente la reincarnazione metaforica del profeta caduto, Muad'Dib, e dell'Imperatore esiliatosi volontariamente nel deserto, Paul Atreides) mentre si rivolge alla popolazione sottomessa all'adorazione del suo Impero messianico. Queste parole, prese dalle pagine di un romanzo di fantascienza, sono più di una mera esposizione della narrativa di Herbert, ed evidenziano diverse condizioni critiche che sta affrontando il mondo politico odierno. Queste condizioni riguardano alcuni fallimenti della democrazia ed alcuni effetti della globalizzazione nati, in parte, a causa di un'intensificazione dell'espansione imperialista in nome della democrazia.

Il Predicatore ad Arrakeen

La volontà di estendere il governo e/o l'influenza su un'altro paese o entità (compresa la popolazione di una nazione) attraverso mezzi politici, militari, economici o di altro genere sono chiari sintomi di imperialismo. Non è forse questo il caso dell'operazione Iraqi Freedom (2003), con la quale gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra all'Iraq senza aver ricevuto una provocazione diretta, e hanno anche cercato di imporre (ovvero, esportare) la democrazia in quel paese? Un'imposizione come questa nega la democrazia perché priva gli iracheni della loro facoltà di scelta (anche se il precedente governo era tirannico). Inoltre gli iracheni non godono degli stessi diritti dei loro conquistatori, e quindi sebbene siano stati liberati da una dittatura, non sono realmente liberi, poiché vivono sotto un altro regime imposto dall'esterno. Perciò, l'istigazione della democrazia in questo caso è imperialista e mimetica: imperialista perché impone il governo di un altro, mimetica perché la “democrazia imposta”, come qualsiasi specchio, riflette un'immagine distorta. 

Lenin scrisse un libro, nel 1916, intitolato Imperialismo, Fase Suprema del Capitalismo, nel quale collegava l'espansione imperialista alla teoria economica del capitalismo (così come viene praticato nelle moderne società democratiche). Lenin predisse una manifestazione del potere imperialista attraverso lo sfruttamento della forza lavoro delle nazioni del terzo mondo -- una condizione che vediamo fin troppo chiaramente al giorno d'oggi (Ingersol e Matthews, 161-2). Di conseguenza, la globalizzazione economica indotta dalla democrazia è a sua volta una forma di imperialismo.

Sembra quindi che la globalizzazione imperialista cammini di pari passo con il mercato libero capitalista, e che gli stati democratici abbiano la capacità di infliggere la democrazia su società non democratiche (vietando la sovranità di un'altra voce, che è proprio la negazione della democrazia stessa). Ma qual è la genesi di questo imperialismo? E cosa può essere fatto, se possibile, per rimediare alle patologie dell'imperialismo e della democrazia, del nazionalismo e della globalizzazione?

Questa tendenza verso la globalizzazione imperialista, nel nome della democrazia, suggerisce la necessità di tracciare la morfologia culturale della democrazia, dell'imperialismo e della globalizzazione. Suggerisce anche la creazione di una leadership illuminata e di una popolazione emancipata e non cinica. Ma come raggiungere questi obiettivi? Da questo punto di vista, la saga fantascientifica di Dune scritta da Frank Herbert offre parecchie riflessioni.

I romanzi di Dune di Frank Herbert sembrano indicare che la comprensione delle morfologie culturali (ad esempio, della democrazia) può essere ottenuta tracciandone i limiti discorsivi, ed elevando la consapevolezza della popolazione per riconoscere il potere insito nei segni e nelle simbologie usate dai politici per oscurare questi limiti. L'autore suggerisce inoltre che l'imperialismo può essere superato educando una popolazione emancipata che non ha bisogno di una leadership gerarchica, ma solo di una leadership illuminata (alleggerita dal peso di dover pensare per gli altri). Una tale emancipazione emerge quando le persone resistono alla tentazione di mettere leader e/o sistemi al di sopra di loro. Una società siffatta annienterebbe i sicofanti, i rituali inutili, i dogmi, le irrazionalità e l'idolatrazione degli eroi.

Ma come si realizzano degli obiettivi così idealistici? Ovviamente, questi obiettivi presuppongono che ci sia un “modo giusto di vivere”, e che sia necessario trovare un'”illuminazione”. Ancora più importante, questi obiettivi portano a scegliere un popolo, una nazione o un'ideologia al posto di un'altra, producendo così le stesse condizioni dell'imperialismo che si sta cercando di evitare. Esiste una via di uscita da questo labirinto?

Questa è la visione di Herbert, come presentata nel Sentiero Dorato:

Creare un mondo dove gli esseri umani possano costruirsi il proprio futuro momento dopo momento, libero dalla visione di un uomo [fasciscmo, imperialismo, e l'imposizione del governo di una nazione su un'altra]. Libero dalla perversione di parole profetiche [le proclamazioni dei politici, dei tecnocrati, e i discorsi involuti del legalismo e della dottrina]. E libero da un futuro predeterminato [per costituzione formale, leggi che non proteggono la popolazione ma servono soltanto gli interessi di quelli al potere, e credenze secondo cui le idee che hanno funzionato in passato continueranno a funzionare in futuro].

Queste idee non sono completamente originali di Herbert, ma trasformandole in romanzi popolari le ha rese accessibili ad un vasto pubblico.

Una funzione della narrativa

Osservare e trascendere la problematica interconnessa dell'imperialismo democratico (un paradosso) e della globalizzazione (come sfruttamento del mercato libero) è un compito indubbiamente difficile: Herbert utilizza la narrativa per illustrare la questione al lettore attraverso analogie e allegorie: in Dune viene affrescato un Impero feudale di sistemi planetari, che possono essere considerati come nazioni. Il mondo politico è composto da un Imperatore (che governa l'universo conosciuto), un consiglio di Grandi Case e Case Minori (con vari possedimenti e influenze politiche), la Gilda Spaziale (che detiene il monopolio dei viaggi interstellari) e la sorellanza Bene Gesserit (che rappresenta l'allenza tra politica e religione).

Nel primo libro, Dune, viene delineato un equilibrio precario di potere in un universo capitalista, imperialista e globalizzato: l'Imperatore e il Barone Harkonnen si alleano per rovesciare il Duca Leto (il quale controlla la produzione e la distribuzione della spezia melange. Il melange è una metafora del petrolio. E come il petrolio, la spezia è una risorsa per la quale vengono scatenate guerre). Il Duca sta diventando più popolare dell'Imperatore -- e non è mai saggio diventare più popolari del capo. Dopo l'assassinio del Duca, suo figlio Paul, esiliato, guadagna la fiducia del popolo indigeno di Arrakis (l'unico pianeta sul quale esiste la spezia).

Alla fine Paul riesce a sconfiggere l'Imperatore e a ottenere il trono imperiale. Dopo l'ascesa di Paul viene intrapresa una Jihad in suo nome che dura dodici anni. Al termine di questa guerra miliardi di persone sono state uccise su migliaia di pianeti. L'Impero ha esteso il suo braccio destro (la globalizzazione) e governa l'universo. In seguito a questa Jihad, comunque, Paul si ritrova un Impero anch'esso corrotto, pieno di ipocriti e sicofanti, e retto dalla cieca aderenza a rituali e dogmi.

Paul Muad'Dib, Imperatore dell'Universo Conosciuto

Una delle tematiche principali nella Saga di Dune è, quindi, una classica lezione di politica: ogni dinastia porta al suo interno i germi del suo stesso declino. Appena gli esiliati diventano vincitori e impongono il loro modo di governare, stabiliscono inevitabilmente un nuovo regime oppressivo. Indebolito da guerrafondai, regole monolitiche, accettazione ingenua delle tradizioni, cinica indifferenza e perdita delle qualità della classe dirigente, l'Impero di Paul cade sotto le sue stesse pretese. Alla fine del secondo libro, Messia di Dune, appare evidente che l'Impero di Paul non è migliore del precedente. Nel momento in cui Paul Muad'Dib capisce che il suo impero è corrotto, solo gli anarchici e gli eretici che l'hanno rinnegato sono in grado di emanciparsi. I cinici -- che vivono secondo i dettami dell'ortodossia, anche se non sono d'accordo con i suoi principi (Sloterdijk) -- sono condannati all'eterno ritorno dell'uguale (Nietzsche). Ciò vale sia per i governanti che per i governati. 

Modelli e Patologie

Viene abbozzato, dunque, un modello di dissenso sociale; una morfologia culturale diventa patologica, una trappola ricorrente nella quale possono finire dei gruppi sociali. Questo modello è stato descritto da Bateson, che osserva:

L'ambizione di S. Paolo, e l'ambizione degli oppressi, è sempre quella di stare dalla parte degli imperialisti -- diventare essi stessi imperialisti del ceto medio. E non è affatto chiaro se creare nuovi membri della società che stiamo criticando sia una soluzione al problema. (432)

Paul Muad'Dib Atreides, Messia e Imperatore allo stesso tempo, ha condiviso senza dubbio lo stesso destino di S. Paolo. Nel caso di S. Paolo, l'adozione di una religione che accettava ebrei e gentili significava fondare una chiesa in cui avrebbe chiarito i suoi insegnamenti, rimproverato i Corinzi per i loro comportamenti errati, e istruito loro sul modo di vivere cristiano (essenzialmente, la costituzione di un cristianesimo imperialista -- una cosa piuttosto antitetica agli insegnamenti di Cristo). Alla fine si oppose a qualsiasi altro insegnamento diverso dal cristianesimo. Questo atteggiamento portò ad un conflitto aperto, e al rifiuto dell'autorità apostolica di S. Paolo da parte di molti (vedi Corinzi 1:2).

Allo stesso modo, la restaurazione della Casa Atreides come trono imperiale e chiesa porta ad una situazione simile, con l'eccezione che Paul Muad'Dib gioca il ruolo di Gesù (messia), poi Imperatore (re dei re), martire (si abbandona al fato) e infine eretico (nei panni del quale riesce a trovare l'emancipazione).

La morfologia culturale che appare in S. Paolo e i Corinzi, e in Dune, si può osservare anche nella storia tra le colonie statunitensi e l'Inghilterra, tra Israele e Palestina, tra Stati Uniti e Iraq. Sicuramente, molti dei problemi descritti in Dune sono problemi che si affrontano anche oggi (“Walking and Talking with John Harrison”). Considerando per il momento solo l'imperialismo globale, Bateson suggerisce una condizione che si verifica nelle democrazie e nelle dittature per la paura di essere colonie o nazioni oppresse -- gli oppressi desiderano il potere, per scoprire alla fine che una volta ottenuto tale potere deve essere anche mantenuto (spesso ancora con l'oppressione).

Finché le persone si aggrappano alla credenza che ciò che ha funzionato in passato continuerà a funzionare in futuro (nonostante il fatto che i tentativi di fermare le guerre nazionalistiche e il terrorismo abbiano sempre fallito), e finché accettano l'espansione imperialista della “democrazia”, il cambiamento sociale e la resistenza civile alla dominazione sembra infattibile. Occorre definire nuovi modelli di pensiero, di parola e di azione. Così, con un tono reminiscente del Principio di Indeterminazione di Heisenberg, Herbert dice nel suo saggio Listening to the Left Hand:

Mentre lottiamo per una visione a senso unico di questo processo [l'inevitabilità del cambiamento], siamo contemporaneamente influenzati da esso e anche noi lo influenziamo, osservandolo con miopia attraverso schermi di “realtà dettata dal senso comune”, che è una somma delle credenze più popolari della nostra epoca. Senza abitudini/illusioni/tradizionalismo, ci attacchiamo saldamente a qualcosa che cambia appena lo tocchiamo. (12)


Il “noi” che postula Herbert è un esperimento di pensiero nel quale considera un qualunque gruppo della specie come un singolo organismo, e come organismo può diventare nevrotico o addirittura psicotico (Listening to the Left Hand, 15): “Non è che siamo tutti pazzi (come singoli individui), ma l'insieme di tutti noi può impazzire” (Herbert, Listening to Left Hand, 16). Prendiamo per esempio la sessualità selvaggia delle truppe di combattimento (si veda The Sexual Cycle of Human Warfare, di N. Walter), le feroci rivolte di dimostranti (per esempio, ai meeting del FMI e della Banca Mondiale), la foga di issare bandiera in tempi di crisi nazionale (per esempio, negli Stati Uniti dopo l'11 settembre 2001), o le risse e le uccisioni a seguito del risultato di un evento sportivo (per esempio, come accadde nella tragedia del 10 maggio 2001 in Ghana, alla fine di una partita di calcio).

La Saga di Dune suggerisce che una tale pazzia nasce da condizioni sociali che contrappongono organismo contro organismo. Herbert osserva che esiste una tendenza a dimenticarsi che gli esseri umani si sono evoluti all'interno (e come parte) di un ecosistema (Listening to the Left Hand, 38). Inoltre, si è tentati a trascurare il fatto che il pericolo più grosso per un organismo proviene spesso da individui della sua specie:

Mi piace studiare il volo degli uccelli su Arrakis” disse il banchiere, [...]. “Tutti i nostri uccelli, naturalmente, sono mangiatori di carogne e molti possono vivere senz'acqua perché sono bevitori di sangue.” [...]

Volete forse dire, signore, che questi uccelli sono cannibali?” [chiese Paul]

È una strana domanda, Giovane Duca” rispose il banchiere. “Io ho detto soltanto che bevono il sangue. Non è necessario che sia il sangue di quelli della loro razza, no?”

Non era affatto una strana domanda” ribatté Paul. [...] “Quasi tutte le persone istruite sanno che per un organismo giovane la massima competizione viene dagli esseri della sua specie.” Ostentatamente infilò con la forchetta un boccone sul piatto della sua giovane compagna e lo inghiottì. “Mangiano allo stesso piatto. Le loro necessità sono identiche.” (Dune, 127-128)

Per educare una leadership illuminata, ottenere i benefici della democrazia e mettere al bando l'imperialismo intrinseco del capitalismo corporativo e i suoi effetti sulla globalizzazione, ciascun membro della popolazione deve ricordarsi bene che gli esseri umani sono il prodotto di un ecosistema. Come tali, sono in competizione per le stesse risorse. Ad ogni modo, per essere civilizzati, l'umanità e la compassione implicano che bisogna superare il comportamento animale. (Sicuramente, una delle tematiche principali in Dune è la costituzione del vero essere umano). La consapevolezza di agire per il bene della specie è un'opzione. Se questa opzione viene scelta, il ciclo oppressi-oppressori descritto in Dune, e interpretato continuamente sulla Terra, potrebbe essere spezzato.

È importante notare che questo ciclo si manifesta nella storia umana, così come nella narrativa di Herbert: i greci e i persiani, definiti da qualcuno i più grandi poteri della loro epoca, vennero rovesciati dagli arabi, che a loro volta vennero conquistati dai berberi e dai turchi (Hourani). Ogni giudizio sulla qualità di una cultura rispetto a un'altra è difficile da valutare, perché i valori utilizzati per fare questi giudizi sono anch'essi prodotti culturali. Di conseguenza, agire per il bene della specie non è così facile come potrebbe sembrare.

Il riconoscimento che i giudizi sono prodotti culturali implica che non si può scappare dall'impeto della polarità oppressi-oppressori attaccando o difendendo una parte o l'altra. Come si potrebbe scegliere da quale parte stare? Questo porta, ovviamente, al classico dibattito “Sei un combattente per la libertà o un terrorista?” La risposta dipende dalla parte con cui ci si schiera. Certamente, non si può ottenere nessun rimedio difendendo i romani contro i palestinesi o viceversa (Bateson, 432). Si consideri la seguente riflessione:

Sia il Pakistan che l'India potrebbero avere ugualmente ragione e ugualmente torto. Ciò si applica anche a Democratici e Repubblicani, Sinistra e Destra, Israele e Repubblica Araba Unita, Protestanti e Cattolici Irlandesi. (Herbert, Listening to the Left Hand, 42).

I problemi riguardanti le morfologie culturali che appaiono patologici, come i recenti fallimenti della democrazia, l'imperialismo sempre più diffuso, e lo sfruttamento della globalizzazione, non possono essere quindi affrontati con divisioni drastiche o schieramenti. Potrebbero essere risolti, comunque, in modo da rifiutare qualsiasi preferenza di una fazione rispetto ad un'altra. Un metodo del genere richiederebbe l'individuazione dei limiti delle forme culturali, e successivamente l'adesione a questi limiti.

Leto II e Paul Atreides

Quello che viene proposto nel terzo libro, I Figli di Dune, è che bisogna fare comunque una scelta e agire. In altre parole, l'inazione è azione a supporto dello status quo, come suggerito da Virilio. Se occorre abbattere il cinismo e l'indifferenza, la partecipazione è necessaria. Se bisogna proclamare la democrazia, la gente deve vivere all'interno dei suoi limiti, o non stanno vivendo una vita democratica.

Il Sentiero Dorato

Per poter avere una democrazia, bisogna avere una voce. Per poter essere attivi dal punto di vista politico, bisogna compiere delle scelte. La scelta fatta da Leto II nei Figli di Dune, e estesa nel quarto romanzo, L'Imperatore-dio di Dune, è il Sentiero Dorato. Il Sentiero Dorato è una strada lungo la quale l'umanità nel suo insieme trascende definitivamente i governi nazionalisti e imperialisti e l'aderenza ipocrita e/o cinica ad essi. Leto II plasma questa società, come leader imperiale, diventando il più grande predatore mai conosciuto. Il predatore elimina i deboli e gli inadatti (coloro incapaci di partecipare). Un predatore intelligente si prende cura delle sue prede. Le nutre per potersi nutrire di loro in seguito. Il Sentiero Dorato è quindi una tranquillità forzata, la “Pace di Leto”, che opprime la specie umana privandola del bisogno di pensare. Ciò viene fatto fino al punto di sviluppare negli esseri umani i muscoli psichici necessari per vivere liberi da oppressioni tiranniche, e per pensare per conto proprio dopo la morte di Leto (Herbert, L'Imperatore-dio di Dune). Leto è il proverbiale ultimo Imperatore.

Coloro che sopravvivono al Sentiero Dorato hanno il coraggio di seguire qualsiasi cammino scelto (ricordandosi di essere sempre liberi di cambiare la propria scelta in futuro): se si decide di proclamare la democrazia, per esempio, i principi, i valori e gli ideali della democrazia devono poi essere mantenuti.

La decostruzione ci fornisce i mezzi per individuare queste forme culturali. Dato che la metafisica della presenza viene espressa sotto forma di atti comunicativi, e le assunzioni tacite fatte in proclamazioni specifiche si cancellano a vicenda, diventa possibile rintracciare i limiti di un'ideologia politica (per esempio, la democrazia) [2]. Una cosiddetta leadership illuminata non dovrebbe governare il popolo, ma ricordargli i limiti discorsivi (che sono, come mostrato da Foucault, non fissi ma flessibili).

Per fare un esempio, in democrazia tutte le persone sono libere ugualmente di partecipare in un'organizzazione, una nazione o in un altro gruppo. Ogni volta che viene negata la voce ai membri, o che questa voce viene data ad altri, abbiamo modificato la nostra attenzione, spostandola in un dominio differente (come nel caso della politica presidenziale e congressuale degli Stati Uniti, che è, per ragioni pratiche, una forma ibrida di governo -- una repubblica democratica).

Prendiamo come altro esempio un caso post-Iraqi Freedom. I militari statunitensi (dopo aver imposto la “democrazia”) andarono di casa in casa a confiscare pistole e fucili. Un atto del genere è contrario agli ideali del Secondo Emendamento, che dà il diritto a tutte le persone di possedere armi da fuoco. La “democrazia” imperialista non estende, in questo caso, gli stessi diritti alla nuova “democrazia” appena creata. Nessuna delle due parti in realtà è democratica.

Tracciando i contorni di queste morfologie forse possiamo mettere in luce non solo alcune malattie della democrazia (ed altri problemi percepiti in questo contesto), ma allo stesso tempo anche dei rimedi plausibili.

Innanzitutto, l'imperialismo democratico viene sempre oscurato da una retorica della libertà, una mitologia della frontiera, e un'ideologia capitalista del mercato libero. L'ideologia capitalista permette ai popoli, ai governi e alle corporazioni di sfruttare persone, beni, servizi e idee senza alcun riguardo per l'equilibrio ecologico e per la comprensione delle conseguenze (commerciamo cose che hanno un'utilità immediata per non-cose, per esempio il denaro simbolico: cosa ha di per sé, se non un valore di scambio?). La mitologia di frontiera ci sta spingendo progressivamente fuori dal nostro pianeta (e ci manca la tecnologia per raggiungere l'”ultima frontiera”). La retorica permette alle persone di dare per scontato un concetto di libertà piuttosto debole (come nota Bateson [432], la libertà in generale può essere ridotta al fatto di avere certi diritti legali e privilegi -- non si è liberi in senso assoluto). Risultato: culto del vittimismo, rituali di brutalità manifesta, sfruttamento globale di persone, beni, servizi e idee, e inquinamento del nostro mondo.

In secondo luogo, l'imperialismo dimostra un modello nel quale gli oppressi, una volta raggiunto il potere, possono diventare anche loro imperialisti. La civilizzazione imperialista, come già osservato in precedenza, viene così smussata dal perdurare della memoria dei tempi di oppressione. A questo punto, o gli imperialisti riconoscono di essere diventati oppressori, oppure questa memoria porta con sé i semi della paura, della colpa e del biasimo, affinché non cada l'Impero. Paura, colpa e biasimo possono essere considerati in termini di proiezioni (Bateson, 442): un popolo agisce sulla base del buonsenso (che potrebbe essere descritto più precisamente come senso della comunità) in modo da proteggere i propri interessi immediati. Successivamente si scopre che una visione così miope e a breve termine finisce per creare guai (per esempio, la mentalità dell'attentato-rappresaglia vista quotidianamente in Medio Oriente, o la guerriglia che imperversa da anni in Colombia e Irlanda del Nord). Una situazione del genere sembra essere “ingiusta”. Paura, colpa e biasimo, quindi, possono essere usate come morfologie culturali per mantenere lo status quo, e per soffocare il dissenso. Per esempio, la paura (“cosa succederebbe se finissimo nel mirino del terrorismo?”), la colpa (“non possiamo aiutare quella povera gente laggiù?”), l'imperialismo (“il nostro modo di governare è migliore di tutti gli altri”), la globalizzazione corporativista (“possiamo risparmiare sfruttando forza lavoro straniera a basso prezzo”), la tecnocrazia, i cosiddetti “esperti” e l'adorazione degli eroi (“sicuramente gli esperti ne sanno più di me”), e l'abbandono della democrazia ad una forma di governo democratico-repubblicano (ancora, “sicuramente gli altri devono saperne più di me”).

All'interno di qualsiasi ortodossia (religiosa, politica o di altro genere) la lotta per il potere della politica non può essere evitato (Truths of Dune, 7). L'osservazione rigida dei valori permea l'educazione e la disciplina. I leader di un gruppo ortodosso e conservatore arrivano inevitabilmente a dover affrontare una questione deprimente: soccombere all'opportunismo per mantenere il potere (come nel caso della famigerata foto di Bush sull'Air Force One l'11 settembre), o sacrificarsi per il bene dell'ethos ortodosso (viene in mente la presidenza di Jimmy Carter) (Truths of Dune, 7). In conclusione: “Il buon governo non dipende mai dalle leggi, ma dalle qualità personali di chi governa” (Truths of Dune, 7). Inoltre, Herbert osserva che:

In un universo descritto in questo modo [uno nel quale la democrazia non riesce a vivere secondo i suoi valori, il capitalismo del mercato libero si diffonde in tutto il globo come un cancro, e gli oppressi di ieri diventano gli imperialisti di domani], siamo destinati a ritrovarci sempre sconcertati dalla realtà, su strade che non riconosciamo, in posti dove non vogliamo essere, in un universo che non mostra alcun interesse per la nostra angoscia e che potrebbe non avere nessun centro in grado di notarci. Il “Dio-come-assoluto” rimane oltre qualsiasi richiesta riusciamo ad articolare. I vecchi modelli di pensiero, rattoppati alla meglio dai primi tentativi di comunicazione, continuano a frustrare i nostri sforzi. (Frank Herbert, Listening to the Left Hand, 46).

Guardare le Torri Gemelle crollare (con persone bruciate e schiacciate al suo interno), i testimoni sanguinanti di un attentato suicida (il terrore e l'odio nei loro occhi), le foto di cadaveri causati dalla guerra (che giacciono menomati sui campi di battaglia), o perfino le figure distorte nella Guernica di Picasso (allungate, frammentate e deformate lungo il quadro), significa confrontare espressioni delle condizioni precarie che sta vivendo la nostra civiltà oggi. Condizioni che fanno ritrovare molte persone in luoghi in cui non vorrebbero essere, e altre che vogliono infliggere il loro paradiso o inferno sugli altri. Condizioni che spesso sembrano fredde e aliene all'oppressore e all'oppresso allo stesso modo. Condizioni che non riescono a raggiungere gli ideali democratici, valori e leggi di una società empatica.

Se si compiono rituali senza senso e cerimonie seduttive, dando fiducia a chi soffoca il dissenso, a chi si arricchisce di potere e commette atrocità nel nome della rettitudine, e nel nome della democrazia, allora forse la democrazia ha distrutto il suo ambiente. Gli esseri umani sono ovviamente fallibili, e tutti i leader sono esseri umani. Ma al termine del Sentiero Dorato -- dopo che l'ultimo Imperatore ha abdicato al trono -- i cancelli del delirio possono chiudersi e le porte della percezione spalancarsi.

 

Note

[1] Il termine patologia viene utilizzato in questo saggio per riferirsi al processo di comprensione della malattia in un senso culturale, metaforico e discorsivo all'interno di un campo istituzionale, e come condizione socio-culturale che è contemporaneamente migliorata e disprezzata da un gruppo socio-culturale. Tale malattia o patologia culturale sarebbe, per dirla con Sloterdijk, cinica. In altre parole, un pubblico, fino a un certo punto, riconoscerebbe la presenza di un problema (per esempio, non partecipando ai processi elettorali), ma fa ben poco a riguardo, se non nulla. Le persone non votano, ma continuano a lamentarsi.


[2] Per un esempio pratico di decostruzione della metafisica della presenza, si considerino le seguenti dichiarazioni prese da un popolare programma radio di psicologia. Una donna, che si proclama inizialmente cristiana, chiama lo psicologo. Dice di non voler prendere in affidamento il figlio di suo marito avuto da un precedente matrimonio, perché è un ragazzo problematico, probabilmente coinvolto in giri di droga, e potrebbe turbare l'equlibrio della sua vita con suo marito e i suoi figli. Le sue esternazioni, dettate dalla necessità di allevare “una buona famiglia cristiana” decostruisce il fatto che un cristiano porgerebbe l'altra guancia ai suoi problemi, non scaglierebbe pietre ma riconoscerebbe i suoi timori, e accoglierebbe, nutrirebbe e benedirebbe l'oppresso. In altri termini, le sue dichiarazioni cancellano i pricipi (o la metafisica) del cristianesimo.


Kevin C. Williams è Professore Associato di Comunicazione all'Università di Shepherd (West Virginia). Il suo lavoro di ricerca è incentrato sulla fenomenologia della mediazione e sull'impatto culturale delle nuove tecnologie. Ha terminato di scrivere un libro sulla filosofia nel Ciclo di Dune (intitolato Wisdom of the Sand: Philosophy and Frank Herbert's Dune), pubblicato nel gennaio 2013 da Hampton Press.

 

Lavori Citati

- Bateson, Gregory. Steps to an Ecology of Mind. Chicago: University of Chicago Presso, 1972.

- Hourani, Albert. A History of the Arab Peoples. Cambridge: The Belknap Press of Harvard University, 1991.

- Ingersoll, David, e Matthews, Richard. The Philosophical Roots of Modern Ideology: Liberalism, Communism, Fascism. Englewood Cliffs: Prentice Hall, 1991.

- “Il Sentiero Dorato”. Dir. Greg Yaitanes. Children of Dune. DVD. Artisan Entertainment, 2003.

- Herbert, Frank. Dune. Milano: Sperling & Kupfer, 1999, © 1965.

- Herbert, Frank. Messia di Dune. Milano: Sperling & Kupfer, 1999, © 1969.

- Herbert, Frank. I Figli di Dune. Milano: Sperling & Kupfer, 1999, © 1976.

- Herbert, Frank. L'Imperatore-dio di Dune. Milano: Sperling & Kupfer, 2000, © 1981.

- Herbert, Frank. “Listening to the Left Hand”. Harper's Magazine, 1973.

- Nietzsche, Friedrich. Così Parlò Zarathustra. Trad. S. Giametta. Milano: Biblioteca Universale Rizzoli, 2008.

- Sloterdijk, Peter. Critica della Ragion Cinica. Trad. A. Ermano. Milano: Garzanti, 1992.

- “The Truths of Dune”. Caedmon Records, 1979.


Traduzione: Rymoah 

Articolo apparso originariamente su Reconstruction: studies in contemporary culture vol. 3, n. 3Ripubblicato e tradotto con il consenso dell'autore. È permessa la libera copia e ridistribuzione di questo documento, citando la fonte originale.